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Macbeth: nel dirupo della colpa, irreversibilità e follia

Al Teatro Greco Daniele Pecci porta il suo Macbeth, una messa in scena viscerale e visionaria dove lo scontro tra pensiero e azione si fa vivo e pulsante

L’insinuarsi di un dubbio in una mente avvelenata dalla propria sete di potere e da presagi metafisici attiva una catena di eventi sanguinolenti che deturpano ogni bellezza e spezzano l’anima. Una spirale di violenza che una volta avviata è impossibile arrestare e che distrugge corpo e mente di chi ne ha perpetrato il primo passo. Daniele Pecci porta in scena al Teatro Greco di Roma il lacerante conflitto interiore dei coniugi Macbeth in quella che è una delle più note e significative tragedie shakespeariane. Oltre che regista è lui stesso con intensità a interpretare il protagonista, mentre Lady Macbeth è la bravissima Sandra Toffolatti.

Pecci struttura la sua messa in scena sul conflitto tra staticità e dinamismo, elaborando quadri visivi di forte impatto connotati da una immobilità surreale e da un’atmosfera onirica che ricorda vagamente quella fissità metafisica del cinema di Werner Herzog. L’azione intercorre in forma minima lasciando tracce pesanti di senso, come durante il passaggio delle tre streghe, che macchiano il futuro del regno di malignità e ambiguità. Così si imprime un’immagine evocativa e potente: un tramonto di sangue che si staglia surreale sullo sfondo e illumina le sagome dei soldati e del Re, posto al di sopra degli altri, sul suo trono sopraelevato da una scala a chiocciola. La sensazione di straniamento derivata da questa sospensione e dilatazione temporale riporta all’esperienza onirica del vedere un dipinto prendere moto lentamente e solo in alcuni punti.

Questa fissità saltuaria rappresenta, oltre che l’immanenza del metafisico nel contingente e la sua influenza sulla psiche umana, l’indugio fisico di Macbeth nel commettere i crimini che la sua immaginazione perpetra. Pecci ci consegna in apertura un Macbeth intrappolato in una dimensione di sogno e stasi, sdraiato a terra, assorto nel sonno, chiuso nella sua mente. Quest’immagine di sospensione e inerzia viene presentata più volte, a simboleggiare la sua riflessività, il suo cadere e ricadere nel dubbio, in contrasto con la fermezza dinamica di un altro personaggio, Lady Macbeth, che infatti lo rimprovera chiaramente «Non perderti così miseramente nei tuoi pensieri». Lei incarna un vigore e uno slancio quasi maschile nella propria forza determinata e agguerrita, ma animata da una sensualità persuasiva da femme fatale. Si muove sinuosa, ipnotica e furtiva, imperturbabile, decisa al crimine, sprezzante e disinibita come un’antica Morticia Addams.

Più il dramma scorre in avanti più, lentamente, i due ruoli si invertono: Macbeth, dilaniato dalla paranoia, si fa sempre più fisico e machiavellico, subdolo e impetuoso. Abbandona completamente la propria ponderatezza, diventa aggressivo, folle, iroso, maleducato. Cede completamente al germe della nevrosi, risucchiato dalla corrosione emotiva provocata dal peso delle proprie colpe. “Macbeth ha ucciso il sonno”, la dimensione di sonnolenza e esitazione che lo caratterizzava si perde nel fremito del nervosismo e dell’insonnia. Per Lady Macbeth è l’inverso: se prima le sue azioni erano stabilite dalla più sfrenata, cinica e cosciente ambizione, successivamente il rimorso tormenta il suo inconscio nei reami del sonnambulismo. Frenetica anche in questo automatismo del sonno, ripete il gesto del lavaggio delle mani e compie gesti e movimenti convulsi. “Ciò che è fatto è fatto, non può essere disfatto”: l’inesorabilità e l’irreversibilità dell’azione sono al centro dei versi di Shakespeare e della regia di Pecci, che cura ogni dettaglio e restituisce una versione fedele e corroborante, coinvolgente e magnetica.

Tutta la compagnia si mostra perfettamente in grado di interpretare con autorevolezza questo dramma psicologico viscerale e solenne. Un’armonia e alchimia tra gli attori, nonché la qualità tecnica, sanciscono una scelta di cast impeccabile infatti. Ognuno è nella parte e le parole di Shakespeare tornano a rivivere in quella sacra maestosità che le connota. La scenografia di Carmelo Giammello restituisce quel carattere di visionarietà voluto da Pecci, ricerca la complessità stratificando in quinte teatrali e fondali che dipingono interni eleganti e verosimili ed esterni evanescenti e astratti. I bellissimi costumi d’epoca sono di Alessandro Lai, mentre le meravigliose musiche originali che accompagnano tutta la messa in scena, amalgamandosi perfettamente e creando atmosfere perturbanti e angoscianti, sono state composte da Patrizio Maria D’Artista.

Un tessuto sonoro che amplifica l’incombere di un fato inesorabile e l’insorgere del male che è nell’uomo, delle sue vulnerabilità e conflittualità, della tensione al potere e che dà voce agli incubi che lo tormenteranno in eterno. Il Macbeth diretto da Daniele Pecci si conclude con un’ambiguità latente, un occulto presagio di ciclicità, sancito dalla forza visiva delle tre anziane streghe incappucciate.

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Machbet – Regia Daniele Pecci – Personaggi ed interpreti: Macbeth: Daniele Pecci – Lady Macbeth: Sandra Toffolatti – Dunkan/ Seyward: Duccio Camerini – Malcolm: Gabriele Anagni – Donalbain/ Capitano: Giovanni Taddeucci – Banquo: Mauro Racanati – Macduff : Vincenzo De Michele – Lennox: Massimo Odierna – Ross: Silvio Laviano – Angus: Pier Paolo De Mejo Menteth/ Assassino: Lorenzo Rossi – Cathness/ Assassino: Tommaso Tampelloni – Seyton: Michele Nani – Scene Carmelo Giammello – Costumi Alessandro Lai – Musiche originali Patrizio Maria D’Artista Produzione United Artists – Teatro Greco 21 ottobre – 2 novembre

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