L’UOMO PERFETTO al De’ Servi: La recensione

Un luogo comune duro a morire pretenderebbe di farci sapere che le donne agognerebbero di  avere una compagnia maschile silente, osservante e adorante, al netto di quei difetti che il genere maschile non perderebbe occasione di manifestare. Ma esiste un uomo così ? Forse no, o forse non vale la pena di affannarsi a cercarlo, tanto oggi se ne può ordinare un clone alla officina del replicante, sempre più attiva e precisa in Cina e non solo.

Questa la leva di partenza dello spettacolo L’Uomo perfetto, al debutto ieri sera al Teatro de’ Servi e che rimarrà in scena fino al 26 gennaio.

La pièce regala momenti di semplice, ma puro divertimento, con le due attrici sul palcoscenico Nadia Rinaldi e Milena Miconi a dividersi equamente i non pochi passaggi comici e con la godibile performance del personaggio maschile interpretato  Gianclaudio Caretta nella parte del replicante, dalle movenze e dal linguaggio meccanico, declinato sui modelli delle intelligenze artificiali che ormai ci circondano.

Per tenerci alla larga dal rischio dello spoiler non vorremmo riepilogare tutte le situazioni che le due protagoniste si trovano a dover gestire con quel modello tra i piedi, ma vale sicuramente la pena di segnalare la china esistenzialista (a nostro avviso di maggiore portata comica) che ad un certo punto il replicante comincia a sfogliare, domandandosi il perché della sua esistenza (proprio come uno Schopenauer o un Sartre qualunque).

L’azione si svolge all’interno di un appartamento dal gusto largamente sopra le righe, in tutto somigliante alla sommarietà culturale della sua proprietaria, e la sua azzeccata ricostruzione si deve a Mauro Paradisi. La regia di Diego Ruiz lascia intelligentemente tutto lo spazio ai protagonisti sulla scena, permettendo al copione di liberare le sue potenzialità, senza inutili grovigli registici.