L’ultima fatica letteraria di Alessandro Cona, “ITALIA”: la recensione

 di Miriam Bocchino

 

Dopo il successo del libro d’esordio “Passato Prossimo”, Alessandro Cona torna ad allietare i suoi lettori con “Italia”, romanzo breve pubblicato sulla piattaforma per scrittori StreetLib Write.

L’opera racconta un viaggio, quello di Italia, una giovane donna cubana con il sogno di partire per la terra di cui porta il nome e che le ha dato un figlio, concepito in una notte improvvisa con uno sconosciuto italiano.  

Il suo sogno viene prontamente interrotto e la donna è costretta a rifugiarsi con la sua creatura appena nata in un fatiscente ostello dell’Havana, tra odori di sigarette e il disordine fisico e mentale.

“Abitazioni di cemento grezzo, crepe sui muri, schiamazzi, odore di pane appena sfornato, urla di ambulanti e persone che erano abituate ad alzare il volume della voce senza un apparente motivo.”

Nell’ostello, Italia incontra Diego, un uomo a cui la vita ha “giocato un brutto scherzo”, un fuggitivo costretto a scappare dalla sua terra per nascondere i demoni che attraversano i suoi giorni di solitudine. Un’improvvisa richiesta di Italia cambia le loro esistenze in modo permanente: la donna chiede, infatti, al giovane di poter viaggiare con lui per conoscere il mondo e scoprire la felicità.

Quattro settimane è il tempo che i due potranno trascorrere insieme in quanto Diego successivamente dovrà partire per Caracas.

“Italia” racconta il percorso di un uomo, una donna e il suo bambino in un viaggio costellato di incontri fugaci ma imperdibili, di dialoghi e di silenzi, di rimpianti e di segreti. Il loro cammino nei meandri di Cuba è privo di una destinazione ma, tuttavia, sembra condurre in una direzione esatta: la scoperta di sé stessi, al di là del tempo presente e delle aspirazioni future.

Alessandro Cona ci regala degli splendidi “dipinti” delle persone che i tre incontrano nel loro tragitto.

I protagonisti si imbattono in personaggi dalle connotazioni particolari pur nella loro apparente normalità: in Raul, un vecchio dalle “rughe color cioccolato così pronunciate da sembrare inferte con un’arma da taglio”, in Arya, una giovane mulatta, in Danilo, un viaggiatore solitario, in Hache che nel suo raccontare pare immergere i ragazzi in una narrazione di Josè Marti e in Mercedes, una prostituta con un passato di violenza.

È il consiglio di Hache di raggiungere Morocoa, definito dall’uomo un “paradiso”, a porre fine al viaggio.

Il piccolo villaggio di pescatori stretto “tra una montagna alta duemila metri e l’Atlantico” accoglie, infatti, i segreti di Italia e Diego, volgendo al termine quella breve parentesi di vita.

Ogni fine, tuttavia, presuppone un nuovo inizio e Alessandro Cona ci dona la possibilità di credere che, nonostante tutto nella vita possa cambiare, l’esistenza possieda un mistero e una via precisa, pur se sconosciuta.

“Italia” ha una narrazione fremente che, tuttavia, lascia nel lettore un leggero “malumore” giacché la bellezza del racconto e la “penna” dell’autore avrebbero consentito un maggiore sviluppo. Nondimeno il romanzo regala una storia in grado di condurre nell’abisso del dolore e di donare una nuova speranza.