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Luca Ward incanta Genova: voce, cuore e confessioni in riva al mare

Un viaggio tra ricordi, ruoli e silenzi con l’uomo che ha fatto della voce un’arte.

C’è una voce che non si dimentica. Una voce che non appartiene soltanto a un corpo, ma a un’eco collettiva. Quella di Luca Ward è una presenza sonora prima ancora che fisica: ci precede, ci avvolge, ci incanta, costringendoci, delicatamente, a stare in ascolto.Una presenza che rompe, dichiaratamente, la quarta parete, trasformando lo spettacolo in una serata di condivisione autentica, dove il pubblico non assiste soltanto, ma partecipa, si lascia attraversare.

In una calda serata genovese, Luca Ward, come Ulisse, conquista il timone della sua nave e si muove tra sponde interiori, tra ciò che è stato e ciò che finge di essere, tra ciò che vorrebbe dire e ciò che è costretto a custodire. “Nessuno” non è solo un nome per ingannare il Ciclope, ma un’identità scelta per sopravvivere. O forse, per esistere davvero. In questo senso, la voce di Ward diventa il filo di Arianna di un viaggio che non ha meta, ma è profondo, come il mare.

Il talento di essere tutti e nessuno non è soltanto un titolo evocativo dello spettacolo. È una dichiarazione esistenziale. Uno specchio, una vertigine. Ward si presenta al pubblico non come personaggio, ma come persona. In bilico tra confessione e narrazione, lo spettacolo si muove come un’onda: a tratti calmo e meditabondo, a tratti ironico, impetuoso, viscerale. Il racconto affonda le sue radici sette giorni dopo la sua nascita, quando per la prima volta “sale” su un’imbarcazione. Da quel momento, il legame con il mare si fa indissolubile.

«Quell’istante — dice — fu come nascere, una seconda volta ».  Toccante il ricordo del nonno, uomo di mare. Il Comandante Ward, racconta l’artista, «aveva un unico scopo: portare la sua nave e i suoi uomini in un porto sicuro».

A tre anni Ward comincia a calcare le scene, e da allora il suo percorso artistico non conosce interruzioni. A sedici anni entra per la prima volta in un teatro di Roma in Via Trastevere, e da lì una carriera che attraversa musical come Tutti insieme appassionatamenteThe Full MontyMamma Mia!, raccontati con entusiasmo, nostalgia e gratitudine, ma non solo. Ward ricorda anche la sua esperienza in Elisa di Rivombrosa, dove ha interpretato uno dei personaggi più odiati, e al contempo affascinanti della televisione italiana: il Duca Ottavio Ranieri. Un ruolo difficile, crudo, “scomodo”, che richiedeva di spogliarsi di ogni compiacimento e accettare di essere detestato.
«È difficile interpretare un cattivo” – racconta – perché ti costringe a esplorare lati oscuri che spesso neppure riconosci come tuoi».

Eppure, proprio in quella distanza tra attore e personaggio si misura la complessità dell’arte scenica. Il cattivo non è mai solo malvagio: è umano, ferito, spesso più vero dell’eroe. Ed è forse in quella contraddizione che Ward si muove con maestria: nel dare voce anche a ciò che non si vorrebbe ascoltare. Parla di sé, ma sembra parlare di noi. L’attore, l’uomo, il padre. Il figlio del mare. C’è una trasparenza che non chiede giustificazioni: solo ascolto. L’ascolto di una voce, quel “talento” con cui Ward gioca, decostruisce, e mette a nudo. Come se il vero miracolo non fosse la parola in sé, ma il silenzio che la precede. O che le sopravvive.

Spiega con lucidità le difficoltà — e la bellezza — del mestiere del doppiatore, spesso frainteso, talvolta demonizzato. La sfida più grande? Mettere la propria voce a servizio di tempi e respiri che non ti appartengono. Il doppiaggio, dice, è un meccanismo che si sblocca solo quando quattro elementi si connettono: cervello, cuore, diaframma e aria. Un equilibrio precario e necessario. Una danza invisibile.

Nonostante il successo, Luca Ward resta profondamente grato. Con emozione, racconta di aver avuto l’onore di prestare la sua voce a giganti del cinema come Russell Crowe, Samuel L. Jackson, Hugh Grant, Gerard Butler, Keanu Reeves, Pierce Brosnan.Eppure, non si erge mai sul piedistallo: il suo è un racconto di servizio, non di vanità. E quando evoca Il Gladiatore, e la figura di Massimo Decimo Meridio, sembra accendersi una luce diversa. Quell’elmo, quella spada — presenti sul palco — non sono solo simboli scenici. Sono frammenti di identità. Icone che hanno attraversato il tempo grazie alla potenza di una voce che sa farsi carne, battito, memoria.

All’Arena del Mare, a Genova, lo spettacolo ha trovato la sua cornice ideale. Il rumore dell’acqua a pochi metri, l’odore salmastro della sera, la luce che si spegne piano sulle sedie di chi ascolta. La scenografia è essenziale: uno schermo, un leggio, un supporto con elmo e spada. L’evento, curato dal Teatro Garage, ha portato in scena non solo un grande artista, ma anche un momento raro di teatro sincero e vibrante, perfettamente integrato nello spirito di questa rassegna estiva. Basta la voce, quella voce, a riempire l’anima, le menti, i cuori degli spettatori.

Difficile racchiudere in poche righe l’intensità di una serata come questa. Il talento di essere tutti e nessuno è uno spettacolo sorprendentemente coinvolgente. Esilarante nei momenti leggeri, toccante nei passaggi più intimi. Ma, soprattutto, semplice. Delicato. Umano. Ward ha saputo alternare la risata alla commozione, l’aneddoto all’epifania. Non ha avuto bisogno di effetti speciali, perché è bastata la verità, la sua presenza piena, disarmata.

E in chiusura, quasi come un passaggio di testimone simbolico e chiusura di un cerchio, gli è stato consegnato il Premio Alberto Lupo. Un altro uomo di voce, un altro interprete capace di vibrare, e far vibrare, oltre lo schermo. «Un mare calmo non ha mai fatto un buon marinaio», tra risate, emozioni e profondità, si partecipa al racconto di un uomo che ha saputo navigare anche nel vento contrario.
Forse è proprio grazie a quelle onde, a quelle sfide, che oggi la sua voce sa arrivare così lontano, così dentro.

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Il talento di essere tutti e nessuno – Testo e regia Luca Vecchi – Con Luca Ward – Musiche Jonis Bascir – Porto Antico di Genova 20 luglio 2025

Foto di copertina: Fonte web

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