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Local Hero: la natura è in vendita?

La retrospettiva della Festa del Cinema di Roma tra i tanti capolavori ci propone Local Hero, un film che si interroga sui diritti che possiamo esercitare sulla natura, riflettendo sulla ricerca di bellezza e felicità nel mondo.

La Festa del Cinema di Roma ogni anno ci regala la possibilità di riscoprire la bellezza del cinema passato, un cinema che porta con sé ricordi e sapori di un tempo sospeso tra le onde dell’eternità. Local Hero di Bill Forsyth fa parte dei titoli scelti per omaggiare il lavoro del produttore irlandese David Puttnam. La Scozia con la sua natura incontaminata è la vera protagonista di questo film del 1983, opponendosi a quel delirio infernale urbano, fatto di traffico e grattacieli, che lo apre.

Protagonista MacIntyre (Peter Riegert), impiegato in una gigantesca azienda petrolifera, a cui viene affidata la missione di recarsi in Scozia per acquisire alcuni terreni molto promettenti al fine di costruirvi una raffineria. Il suo compito comporterà offrire la giusta cifra agli abitanti del villaggio in questione, portando a compimento una trattativa che li renderà tutti ricchissimi. Happer (Burt Lancaster), il capo dell’azienda, gli affida però un ulteriore, prezioso e insolito compito: osservare il cielo e descrivergli qualsiasi cosa ritenga degna di attenzione.

Quale deve essere ritenuto il bene prioritario da preservare? Local Hero soppesa il valore del denaro comparandolo a quello comune di una natura in pericolo, incompresa e abbandonata. Il suo linguaggio è criptico per gli esseri umani, il suo mistero irrisolto, come quella nebbia che circonda l’automobile, bloccandola per ore. La logica delle forze naturali non può essere conquistata o domata, ma non lascia mai a mani vuote, anzi forse bisognerebbe dire che lascia con sé sempre qualcosa che arricchisce emotivamente e interiormente, come ad esempio l’amicizia di un coniglio ferito.

Gli abitanti del villaggio sono entusiasti di vendere, ma tra una risata e l’altra Local Hero porta a interrogarsi su quale sia la chiave della felicità. Il film adopera abilmente il registro comico, proponendo una carrellata di personaggi istrionici ed eccentrici che con la loro simpatia trascinano il protagonista in un mondo surreale e grottesco. Tra di loro spiccano pochi depositari di una saggezza legata al rispetto della natura e alla capacità di saper percepire quella bellezza dell’esistente rappresentata da fenomeni come l’aurora boreale, ma anche dalla pace soave della spiaggia, accarezzata dal suono delle onde e dal verso dei gabbiani.

Un approccio certamente ambientalista che considera il vivente come bene da tutelare e custodire e non un oggetto su cui esercitare il nostro possesso. Una riflessione dolceamara scritta e diretta da Bill Forsyth e arricchita dalla colonna sonora di Mark Knopfler, di cui particolarmente emblematico è il brano dei Dire Straits Going Home: Theme of the Local Hero.

Un tempo a parte si viene a sotituire a quello frenetico della città, una sospensione che abbraccia, riconcilia e avvolge. La sagoma nera dell’essere umano che guarda con stupore la pioggia di meteore varcare il cielo è il simbolo di quell’aspirazione inconscia all’infinito insita nel cuore umano. Quell’inclinazione che vediamo da subito nel personaggio di Burt Lancaster, capo di una raffineria ma non per questo ridotto alla semplice mediocrità dell’idolatria del denaro. Lui sogna le stelle e il suo sguardo malinconico rivela un sottotesto di aspirazioni a un oltre. Imperdibili le gag con lo psicologo matto, che da algido professionista si trasforma in uno stalker perverso che lo perseguita.

Dunque un film da riscoprire, soprattutto in tempi come questo in cui l’industrializzazione e un capitalismo sfrenato sembrano governare il mondo da una roccaforte e nel baratro intanto muore la bellezza del silenzio e degli astri. Un invito a vivere davvero e a lasciare squillare il telefono delle distrazioni che ci allontanano dal nostro vero io interiore, senza rispondere, presenti solo per ciò che conta.

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