Il 29 e il 30 ottobre al Piccolo Bellini di Napoli va in scena Lo Psicologo, con Alessandro Haber, una rappresentazione d’avanguardia diretta da Enrico Pittari.
La scena si apre su quello che dovrebbe sembrare uno studio di psicologia, ma che in realtà ha l’aspetto di un bunker fumoso, con luci soffuse e qualche dettaglio sparso. Al centro, un uomo, un dottore senza camice dalle domande taglienti e con la giusta cura a portata di mano per i suoi pazienti. Al suo fianco c’è soltanto un’appariscente segretaria che ha l’aria di essere un’influencer mancata, rivestita di lustrini e sogni materiali. Nel frattempo, secondo un movimento che va dalla platea al palcoscenico, sfila una sfilza di personaggi ambigui e particolari, affinché lo psicologo dia loro la giusta terapia. Con questa ambientazione un po’ noir e misteriosa, Lo Psicologo, con Alessandro Haber, si presenta al pubblico come un progetto sperimentale d’avanguardia.

Prim’ancora di essere portato sul palcoscenico del Piccolo Bellini, Lo Psicologo nasce come una breve serie prodotta da Golden Boys. Il regista, Enrico Pittari, presenta fin dagli albori il suo lavoro con Alessandro Haber come un esperimento, linguistico e visivo, in cui si indaga un’umanità che, se all’apparenza sembra di avere tutto il necessario e addirittura anche di più, in realtà sotto quei suoi travestimenti rivela un’abissale fragilità. Sfilano con le loro vesti simili a corazze politici corrotti, cardinali ambigui e tanti altri personaggi irriverenti, per poi mettersi completamente a nudo davanti allo psicologo. Ricercano una cura sottoforma di droga, pillole e polveri che permettano loro di interrompere il circuito di pensieri e di continuare le proprie vite nei rispettivi ruoli. Ciò che non sanno, però, è che in realtà si tratta di semplice farina, zucchero o altri elementi innocui: un banale effetto placebo che ha il potere di convincerli ad avere una straordinaria fiducia nel potere della cura.
Insomma, Lo Psicologo disegna i contorni di uno scenario perennemente ambiguo, nel quale realtà e finzione si intrecciano così tanto da risultare talvolta indistinguibili. Ciascun personaggio – da quello rappresentato da Alessandro Haber a quelli interpretati dai suoi compagni di scena Alberto Vetroni, Antonella Bavaro, Andrea De Satti, Claudio Collano, Mauro Gambino, Desirèe Salemi, Ivana Coronese, Christian Marcesini, Greta Nitti, Allegra De Pinto – offre allo spettatore un aspetto del sé esteriore che, poi, viene provocatoriamente rovesciato per mostrare quella parte intima, perversa e assolutamente segreta. Finanche in conclusione, quando tutto sfuma e quel fantomatico dottore ritorna essere solo, seduto immobile sulla sua poltrone, la platea si chiede se non sia stato piuttosto un lungo sogno, un momento psicotico di allucinata rivelazione su un’umanità complessa, che grida per essere veramente vista nel profondo. Pertanto, è proprio con questo continuo mettere in discussione, è con questo gioco di rovesciamenti, che si crea un momento di condivisione riconoscimento catartici.
È sempre un’operazione alquanto complessa valutare un lavoro che nato in una forma viene trasposto su un altro piano visivo. È chiaro che gli spazi ed i tempi sono molto più dilatati, specie nella trasposizione teatrale che presuppone un confronto ovviamente diretto, nonché un momento che è unico e irripetibile. In questo caso, Lo Psicologo dalla sua condizione originaria di una serie pensata per lo schermo viene portata sul palcoscenico senza riprese. Ne viene fuori sicuramente una pièce ibrida, che già nel suo nucleo ha un taglio sia cinematografico che teatrale: è un teatro che respira come una pellicola in movimento, in cui la narrazione si frammenta in quadri dai ritmi sincopati; eppure, la teatralità sta nella possibilità del pubblico di attuare uno sguardo critico, nel senso di una prospettiva approfondita sull’emotività intima di personaggi bizzarri proprio perché autentici al di là delle vesti apparenti.
Questa doppia natura de Lo Psicologo viene fuori maggiormente dall’immobilità del protagonista, nonché dalla sua centralità, attorno a cui ruota tutta la narrazione ed i relativi personaggi. Un’immobilità giustificata, in un certo senso, ancora di più da un attore di un certo calibro come Alessandro Haber, la cui presenza scenica riempie ogni spazio vuoto e silenzioso del palco. Non solo, si tratta di un artista dal patrimonio artistico incredibile e fuori di discussione. Senonché, avvalersi di un nome la cui fama lo conferma è già un biglietto d’oro. Eppure, è un’operazione che non basta ai fini di uno spettacolo. La grandezza non è tutto, soprattutto nei confronti di un’arte così artigianale come il teatro che, anzi, ha il costante bisogno di maniche rimboccate e mani che si sporcano.

Quando c’è quel senso di artigianalità, c’è anche coesione visiva e percettiva, altrimenti si crea una disparità di ruoli che restituisce un’idea gerarchica non funzionale. Allora, la domanda da porsi è: a cosa realmente serve avvalersi della fama di un nome che precede il lavoro al netto di evidenti difficoltà rappresentative (dallo stare fermi ai suggerimenti delle battute non sempre funzionali)? Questo porta a riflettere, inoltre, sul fatto che la vita artistica ha un ciclo, come qualsiasi altra vita. Ed è fatta anche della presa di coscienza di quando fermarsi e adoperarsi per trasmettere il proprio sapere, la propria inestimabile esperienza. Dunque, il punto di partenza è: cos’è il teatro? Cosa portarvi? Un momento di celebrazione o una sperimentazione realmente costruttiva?
___________________
Lo Psicologo – regia Enrico Pittari – con Alessandro Haber, Alberto Vetroni, Antonella Bavaro, Andrea De Satti, Claudio Collano, Mauro Gambino, Desirèe Salemi, Ivana Coronese, Christian Marcesini, Greta Nitti, Allegra De Pinto – assistente di produzione Eleonora Tanzi – costumista e scenografa Fortunata Toscano – produttore Salvio Simeoli – produzione Golden Boys – Piccolo Bellini di Napoli, 29 e 30 ottobre 2025
Fonte immagini: Ufficio Stampa – foto di ©Davide Capasso





