“Sabato, Domenca e Lunedì“, Luca De Fusco firma una regia fedele ed essenziale al Teatro Argentina di Roma, dove Teresa Saponangelo e Claudio Di Palma restituiscono l’anima fragile e luminosa dell’opera di Eduardo, tra tradizione, ironia e verità quotidiana
C’è una delicatezza antica e necessaria in questo Sabato, domenica e lunedì, diretto da Luca De Fusco, in scena al Teatro Argentina dal 25 novembre al 4 gennaio 2026. Una delicatezza che non attenua l’intensità emotiva, ma la fa respirare. De Fusco sceglie di non toccare l’impianto originale di Eduardo De Filippo, non lo contamina né lo aggiorna: lo accompagna. Lo rispetta, lo custodisce, come si farebbe con un oggetto fragile che appartiene alla memoria collettiva.

Teresa Saponangelo e Claudio Di Palma
La scena è un interno borghese essenziale, sobrio ma elegante, un luogo che accoglie senza invadere. Le luci, morbide, quasi pudiche, non segnano bruschi passaggi emotivi ma si muovono con la storia, accompagnandola con tenue variazioni. E tutto rimane all’insegna del non detto, del trattenuto, di quella timidezza luminosa che, a volte, è l’essenza stessa dei rapporti familiari.
Splendida l’idea delle grandi finestre che incorniciano l’interno della casa. Nella prima scena sono abitate dagli attori, immobili come statue, presenze silenziose che osservano il dialogo tra Rosa, una intensa e vibrante Teresa Saponangelo e Virginia, la cameriera, Rossella De Martino. Quelle finestre diventano simbolo di una famiglia esposta, fragile, ma anche capace di guardare oltre il proprio dolore. Una metafora dell’intimità che scricchiola, del bisogno di vedere e di essere visti, di una trasparenza che spesso spaventa.
Il ritmo dello spettacolo è una corrente sotterranea: trascina senza forzare. Il pubblico si accorge che il tempo scorre solo alla fine, perché l’andamento è talmente coinvolgente da sospendere l’attenzione e proiettarla in un altrove. È qui che il teatro rivela la sua grandezza: nell’abilità di catapultare lo spettatore in un tempo altro, dove tutto accade e tutto rimane.
Durante il pranzo della domenica, quando Peppino Priore esplode in tutta la sua ira, la scena raggiunge il suo culmine drammatico. Le accuse che l’uomo rovescia sulla moglie, seguite dallo scoppio emotivo di Rosa, creano una tensione che attraversa la sala come una scossa. Ed è proprio in quel momento che fuori scoppia il temporale: tuoni e lampi accompagnano lo scontro verbale, amplificandone la violenza emotiva. Un effetto scenico semplice ma potente, che non sovrasta la scena, bensì la potenzia, restituendo con efficacia la tempesta interiore dei personaggi senza tradire la misura elegante della regia.
Eduardo mette in scena un tema più attuale che mai: l’incapacità di comunicare i propri mali. Nelle corse frenetiche della vita familiare si parla tanto, ma ci si dice poco. Si condividono le abitudini, non le ferite. Gelosie sottili, irritazioni, fraintendimenti: le piccole crepe che, se taciute, diventano burroni. Rosa e Peppino Priore si ritrovano al lunedì dopo il disastro della domenica, e quel ritrovarsi diventa un dono. Non un lieto fine, ma un inizio. Il coraggio di ascoltare è l’unico vero segreto della vita insieme.
La storia è profondamente radicata nel tempo in cui è stata scritta: famiglie numerose, tre figli, nonno, nuora, genero, cugino, zia, vicini, la cameriera e suo fratello. Un’Italia meridionale vibrante, dove il cibo è un linguaggio affettivo e la tavola imbandita della domenica è un rito comune, una colonna portante della vita comunitaria. Il ragù che sobbolle dal sabato è quasi un personaggio: il motore dell’attesa, il centro di gravità della famiglia.
La scrittura di Eduardo ha questa rara capacità di trasformare la quotidianità in teatro, di trovare nel gesto minimo una verità universale. Una qualità che lo avvicina, pur nelle differenze, a un altro grande del suo tempo: Luigi Pirandello. Entrambi condividono un’attenzione profonda per l’essere umano, ma percorrono strade diverse. Pirandello scava nei labirinti dell’identità, nelle maschere che ciascuno indossa, nei mille volti dell’io; i suoi personaggi sono figure sospese, quasi visionarie, che incarnano una filosofia della vita sempre in bilico: una vita in cui nulla è stabile, in cui identità, verità e percezioni cambiano continuamente, sfuggendo a ogni tentativo di definizione. Eduardo, invece, resta fedele alla terra: porta in scena l’Italia domestica, fatta di affetti e fratture sottili, di ironia e verità sussurrate. Se Pirandello smonta l’io, Eduardo lo ricompone nella sua concretezza affettiva. Due prospettive diverse sulla fragilità umana, entrambe decisive per il teatro del Novecento.
A impreziosire lo spettacolo, il Teatro Argentina dedica una mostra fotografica curata da Serena Schioppa, con la consulenza di Maria Procino e in collaborazione con la Fondazione Eduardo De Filippo: locandine d’epoca, costumi, oggetti di scena, pagine di giornale, interviste, scritti originali. Un percorso emozionante, che sembra accompagnare lo spettatore dentro la storia viva di Sabato, domenica e lunedì, fino a condurlo all’ingresso dello spettacolo di Luca De Fusco con un cuore già colmo.
Sabato, domenica e lunedì di De Fusco è uno spettacolo che non inventa, non stravolge, non aggiorna ma ascolta. E nell’ascolto trova la sua forza più grande. Con una regia misurata, un impianto visivo elegante e un cast capace di restituire la complessità emotiva dei personaggi, l’opera di Eduardo ritorna nella sua forma più pura: un racconto di famiglia, di fragilità, di silenzi che chiedono di essere sciolti.

Forse l’unico aspetto migliorabile riguarda la proiezione vocale: a tratti alcune voci arrivavano attenuate, lasciando qualche battuta meno nitida, meno percepibile.
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Sabato, Domenica e Lunedì di Eduardo De Filippo – Regia Luca de Fusco – Con Teresa Saponangelo, Claudio di Palma, Pasquale Aprile, Alessandro Balletta, Anita Bartolucci, Francesco Biscione, Paolo Cresta, Rossella De Martino, Renato De Simone, Antonio Elia, Maria Cristina Gionta, Gianluca Merolli, Domenico Moccia, Alessandra Pacifico Griffini, Paolo Serra, Mersila Sokoli -Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta – Luci Gigi Saccomandi – Aiuto regia Lucia Rocco – Scenografie TRAART s.r.l. – Prodotto da Teatro di Roma, Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Biondo di Palermo, LAC Lugano Arte e Cultura – Teatro Argentina dal 25 novembre 2025 al 4 gennaio 2026





