«Leviatano», un saggio rock sulla stupidità umana

Riccardo Tabilio espone la teoria Dunning-Kruger con gli effetti della chitarra di Springsteen e la comicità della compagnia Carmentalia

Le note in brochure avvertono che Leviatano è uno «spettacolo rock, da vedere, ascoltare e ballare». Delle tre prelibate offerte, noi che abbiamo assistito alla prima rappresentazione, siamo in credito almeno di un ballo: sì, che sarebbe stato opportuno vivere questa interessante, divertente, soprattutto adrenalica esibizione nella sua totalità, così come enunciata. In principio, vedendo in scena tre microfoni posizionati in ribalta e due chitarre in bella vista, si ha la sensazione di dover assistere a un concerto rock, e sul palcoscenico dell’Altrove simili performance non sono insolite, ma, sempre le stesse note – che si leggono con molta attenzione per rintracciare i nomi dei protagonisti – indicano anche «un caso di un rapinatore improvvisato», una «teoria della stupidità», una «ricerca universitaria pubblicata» dal noto professore di psicologia, David Dunning, e il conseguente curioso «Effetto Dunning-Kruger» che nasce da un concetto molto antico (sembrerebbe dal socratico conosci te stesso!) ma approfondito e analizzato soltanto negli anni Novanta, e che analizza l’autostima, o meglio l’eccessiva autovalutazione di se stessi, quando si pensa di conoscere a fondo una materia, ma senza rendersi conto della propria inadeguatezza.

È il 1995, infatti, quando la polizia di Pittsburgh, Pennsylvania, si presenta a casa di McArthur Wheeler per arrestarlo. È il 1995 quando Bruce Springsteen pubblica l’album The Ghost of Tom Joad. È il 1995 quando in Italia esce in libreria il romanzo di Paul Auster dal titolo Leviatano, storia di un criminale che decide di passare dalle parole ai fatti. Sono questi gli ingredienti principali che hanno sollecitato l’intrigante scrittura di Riccardo Tabilio, autore di una vicenda born in Usa, ma in versione tutta italiana. Un lavoro portato a termine grazie, non solo ad approfondimenti letterari e musicali, ma anche alle tante informazioni recuperate tramite internet e all’assemblaggio dotato di una brillante fantasia. Tutto quel che si dice è realmente accaduto, tutti i personaggi sono davvero esistiti, ma per far teatro e corrompere l’austerità del pubblico e l’intransigenza dei critici occorre usare il genio virtuoso della fantasia. E il risultato è assai convincente.

Alessia Sorbello e Andrea Trovato Foto © Nicolò degl’Incerti Tocci

Con la generosa partecipazione di Alessia Sorbello, Giulio Forges Davanzati e Andrea Trovato, coadiuvati dall’impavida regia di Marco Di Stefano, il Leviatano di Tabilio (all’Altrove ancora oggi alle 17; e poi soltanto venerdì primo dicembre ore 20) è un racconto che prende forma dalla musica rock di quegli anni: sia Forges Davanzati che Trovato, opportunamente, si vestono (sempre con un briciolo di fantasia di cui anche qualche spettatore se ne avvale) dei panni di showmen alla Blues Brother, con chitarra al collo e voce e movenze da rocchettari d’esperienza. Più pudica, invece, la Sorbello, distinta nel suo caschetto. Il trio, sempre ben bilanciato e all’occorrenza impegnato in reciproco supporto tecnico, alterna brani rock a un duplice racconto che subito conquista la curiosità del pubblico: quello di un rapinatore sprovveduto (McArthur Wheeler) e quello di un giovane universitario (Justin Kruger) altrettanto sprovveduto. Il primo, avendo scoperto che con il succo del limone si sarebbero potuti scrivere messaggi invisibili, ha «giustamente» pensato che cospargendosi il viso con lo stesso acido si potesse andare a rapinare banche senza essere riconosciuti (sì, è accaduto davvero, ma in America!); il secondo, invece, prendendo spunto da questo episodio, ha proposto al professor Dunning di discutere la tesi basata sull’analisi della stupidità umana, ma s’è visto «scippare» la pubblicazione dei suoi studi dal noto professore (anche questo è accaduto, sempre in America!).

La doppia vicenda che coinvolge innumerevoli personaggi viene affrontata soltanto dai nostri tre eroi, i quali, abbandonando il microfono, si travestono velocemente, anche a vista, con parrucche e abiti indicativi per dar vita alle battute che determinano situazioni a volte esilaranti, sempre interessanti per seguire la vicenda che si tinge di giallo, ma che nemmeno rinuncia a brevi informazioni nozionistiche da lectio magistralis (sbrigativa e simpatica, ovviamente). Attraverso quadri immaginari si rievocano famose scene cinematografiche anni Ottanta e Novanta, e si fotografano momenti di voluta «incomprensione» tra gli attori, come nel tipico gioco del teatro nel teatro: Andrea Trovato suggerisce con guizzi comici gag d’altri tempi, ma con ritmi incandescenti. Tutto lo spettacolo risente di una lucentezza ritmica e giovanile, direi addirittura entusiasmante. Al finale sono gli stessi attori a rivelarci quel che è cronaca e le aggiunte che fanno parte del montaggio scenico.

Giulio Forges Davanzati e Alessia Sorbello Foto © Nicolò degl’Incerti Tocci

Infine vorrei segnalare l’efficace disegno luci di Enzo Biscardi, ben sfruttato dal poliedrico regista che, con un elementare gioco di movimenti, riesce a far apparire una fuga ciclistica, senza neanche la bicicletta, assolutamente verosimile proponendo un veloce e continuo andirivieni sotto il presunto fascio luminoso dei lampioni: l’unica realtà notturna, questa sì, che noi romani possiamo invidiare all’America!

Si esce dalla sala dopo aver riso, dopo aver vista, ascoltata e capita una storia musicale sulla stupidità umana. Ma non s’è ballato: sarà per la prossima volta.

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Leviatano, di Riccardo Tabilio, con Alessia Sorbello, Giulio Forges Davanzati e Andrea Trovato. Regia, Marco Di Stefano. Teatro Altrove, fino al 26 novembre

Recita straordinaria venerdì 1° dicembre

Foto di copertina: un momento di «Leviatano» di Riccardo Tabilio. Regia di Marco Di Stefano Foto © Nicolò degl’Incerti Tocci