La nave di Teseo ridà alle stampe dopo quasi un secolo due saggi, a cura di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile, sull’eredità del pensiero leonardesco.
“Leonardo filosofo”, a cura di Pier Davide Accendere, rappresenta un’occasione unica d’incontro con l’ermeneutica crociana e gentiliana, in merito alla nascita della modernità e a confronto con l’eredità culturale del nostro paese. Ripercorriamo brevemente quanto contenuto, in questo piccolo gioiello editoriale, in occasione dell’anniversario di morte del grande genio rinascimentale.
I due saggi, ripubblicati all’inizio di quest’anno da La nave di Teseo, furono redatti da Croce e Gentile e pubblicati per la prima volta rispettivamente nel 1910 e nel 1919. A testimonianza di quanto l’interpretazione dei due pensatori abbia pesato in ogni successiva rilettura, il curatore Pier Davide Accendere illustra, in un’introduzione quanto mai chiara e alla portata di tutti, la straordinaria riscoperta del pensiero di Leonardo. Accendere ripercorre qui i passaggi essenziali di questo processo, che prese forma solo a partire dalla fine dal XVIII sec., grazie agli studi di Giovanni Battista Venturi (1746-1822) e il cui portato, tuttavia, verrà compreso a pieno solo da Croce e Gentile.
La domanda più ovvia, che ci poniamo in quanto lettori e lettrici di questa pregiata raccolta, è se sia opportuno o meno apostrofare Leonardo da Vinci con l’appellativo di ‘filosofo’. Come spesso accade in filosofia, le domande all’apparenza più semplici nascondono quasi sempre molteplici stratificazioni, sollevando problematiche non riducibili a un semplice ‘sì’ o ‘no’.
Il lettore comune si potrà, tuttavia, consolare nel confronto straordinario con la produzione vinciana, con l’analisi attenta e serrata, nonché potente e a tratti davvero entusiasmante, in cui i due filosofi celebrano il genio di Leonardo, scorgendone al contempo anche tutti i limiti storici e umani.
Il lettore più esperto, invece, saprà facilmente andare oltre la breve analisi qui proposta, che non può, tuttavia, che suonare come un sincero consiglio di lettura. Un invito affinché si colgano di questo testo, innanzitutto, le due diverse e personalissime declinazioni del pensiero hegeliano sull’arte; ma anche per il modo in cui si difende il dominio proprio della filosofia.
In questo senso, Croce nel suo saggio del 1909, redatto originariamente già nel 1906 in occasione di una serie di conferenze presso il Circolo Leonardo di Firenze, attacca ferocemente l’idea secondo cui la figura di Leonardo sarebbe ascrivibile all’attività filosofica, operando ipso facto una demitizzazione di questo personaggio, pur continuando a celebrarne il mito artistico e l’imprescindibile valore umano. L’interpretazione crociana si muove a partire da una critica alla posizione leonardesca, contenuta nel “Trattato della Pittura”, secondo cui l’occhio “come signore dei sensi”, ovvero la dimensione del visibile e dell’esperienza, rappresenterebbero il momento essenziale della conoscenza.
In conclusione del suo saggio definisce in maniera davvero memorabile la “vera utilità” dell’opera di Leonardo, richiamandoci ai tempi attuali, nonché rievocando il sentimento di travagliato smarrimento, all’opera nell’atto della creazione:
“Ogni artista […] deve combattere da sé la sua battaglia; ma chiunque si travaglia, chiunque lotta, volge ansioso lo sguardo, per consiglio o conforto, a coloro che hanno sostenuto travagli e lotte, simili alle sue”.
Il tono con cui è redatto il saggio di Gentile è essenzialmente più scorrevole e, in un certo senso, piacevolmente retorico. Ciò è dovuto anche a un’esigenza pratica, dato che anche in questo caso si tratta di un’orazione tenutasi nel 1919, poi pubblicata nello stesso anno sulla celebre rivista fiorentina “Nuova Antologia”. Il lettore non può non rimanere incantato dai vertici poderosi raggiunti dalla prosa gentiliana. Ne è un esempio il modo in cui è descritto il momento della creazione da parte dell’artista, che agli albori della modernità sprigiona tutta la sua potenza, nel clima di inesorabile secolarizzazione del discorso religioso. Mentre da una parte si celebra il genio e l’inventore Leonardo, dall’altra se ne ricostruiscono le analogie filosofiche con il mondo classico e moderno, assurgendolo in alcuni momenti quasi a mito romantico.
“Egli è trascinato dal suo genio a perseguire l’infinito, che non si dà, né si tocca; a inseguire l’idea che lo fa penare […] sospingendolo senza tregua a inseguire questa natura che fugge”.