“Le sfacciate meretrici – donne del Risorgimento italiano”: la recensione

  di Miriam Bocchino

Le sfacciate meretrici – donne del Risorgimento italiano”, andato in scena al Teatro Vittoria e visibile in streaming, è uno spettacolo capace di assurgere a una funzione educativa nel suo proseguo di racconti e narrazioni sulle donne che nel Risorgimento sono riuscite a distinguersi per impegno e dedizione sociale e politica.

Il testo e la messa in scena sono a cura di Chiara Bonome, mentre il reading diviene relazione e storia grazie agli interpreti Virginia Bonacini, Valerio Camelin, Andrea Carpiceci e Chiara David.

Teresina, Cristina, Anita, Colomba e Giuditta sono le donne a cui viene data “la voce” sul palcoscenico; figure femminili che ancora oggi riescono a rappresentare con la loro esistenza un simbolo di emancipazione rispetto alla società dell’epoca che le voleva solo madri e mogli.

Nel 1848 Milano era nel pieno delle sue cinque giornate.

Teresina, la prima donna del reading, era una fanciulla fuggita dal collegio per arruolarsi tra i volontari lombardi. Con il suo impegno la donna riuscì distinguersi, tant’è che la leggenda vuole che “La bella Gigogin” del canto, scritto dal compositore milanese Paolo Giorza, fosse proprio Teresina. La ragazza in quegli anni conobbe e amò il giovane Goffredo Mameli fino a spingersi all’arresto per salvare l’uomo.

La storia di Teresina, tuttavia, lentamente scomparve e la sua figura fu dimenticata.

Le donne che vollero partecipare ai fermenti del Risorgimento sono state molteplici, tra queste vi sono le giardiniere, figure femminili che si arruolarono all’interno della Carboneria e che devono il loro nome agli incontri segreti che tenevano nei giardini. 

Cristina Trivulzio di Belgiojoso, separata dal marito, anche se non legalmente, e grande viaggiatrice fu attiva politicamente e socialmente in tutta Europa, conoscendo le più importanti personalità del tempo e costruendo un asilo, una scuola professionale femminile, laboratori artigiani e mense per i meno abbienti. Con l’arrivo di Giuseppe Mazzini a Roma fu eletta “coordinatrice dell’amministrazione delle ambulanze” e si dedicò ai feriti delle battaglie.

Nel 1871, tuttavia, morì senza alcuna gloria, scomparendo nell’anonimato.

Le donne del Risorgimento possono essere considerate le “prime interpreti dell’emancipazione femminile”. Anita, moglie di Giuseppe Garibaldi, è sicuramente una tra le più conosciute dell’epoca.

L’amore tra Anita e Giuseppe fu un vero colpo di fulmine che spinse la donna a seguire il suo condottiero, fino a giungere in Italia, dove fece suo l’impegno politico del marito.

Anita morì mentre perseguiva un ideale, tra le braccia di Giuseppe.

Il reading si conclude con la storia di due donne a cui Trastevere, rione storico della città di Roma, ha dedicato un vicolo e una piazza: Colomba Antonietta Porzi e Giuditta Taviani Arquato. Entrambe combatterono a fianco di Giuseppe Garibaldi, a distanza di 18 anni l’una dall’altra e ambedue morirono per l’Italia.

“Le sfacciate meretrici – donne del Risorgimento” è uno spettacolo lieve e delicato così come le musiche che creano un breve intermezzo nella narrazione. Il testo, interpretato nella penombra del palcoscenico, conduce il pensiero dall’ieri all’oggi.

“La donna è in un certo modo verso l’uomo ciò che è il vegetale verso l’animale o la pianta parassita verso quella che si regge.”

Questo si legge in uno scritto dell’epoca ma il quesito giunge implacabile: quanto il pensiero comune è cambiato?

La violenza, la disparità economica, il pregiudizio sul lavoro sono manifestazioni di una concezione della donna come essere debole e sottomesso.

Se l’8 marzo ha ancora ragione d’esistere non è solo per ricordare i diritti acquisiti nel corso del tempo ma, soprattutto, per indurre la società a cambiare drasticamente il suo pensiero fino a giungere alla piena consapevolezza che i diritti sono improcrastinabili.

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