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Le mani, la luce, l’armonia: tra le pieghe invisibili del creato

Otello Scatolini, un artista che scolpisce non solo forme, ma legami tra l’umano e il cosmo.

Nelle sale del Padiglione 9b al Mattatoio di Roma, fino al 3 gennaio 2026 è allestita la mostra monografica Armonia 5.0. Allorché di due farete uno di Otello Scatolini, a cura di Claudio Strinati, con opere dell’artista che abbracciano un ampio periodo creativo, dal 1995 ad oggi. L’allestimento si presenta come un percorso nel quale l’artigianato, la ricerca estetica e la tensione spirituale vengono ricomposti in una trama unica, lenta e meditativa. Appena entrati, la vista si focalizza sulla scultura Androgino, collocata nel corridoio centrale del padiglione, a braccia aperte ad accogliere l’umano visitatore.

Armonia 5.0 – O. Scatolini: Andromaca

Scatolini, cresciuto nella bottega paterna e poi formato all’Accademia di Belle Arti di Roma, porta con sé una doppia genealogia: da una parte la concretezza del “fare”, il peso della pietra, il sapere manuale sedimentato; dall’altra la consapevolezza formale, il disegno, la misura. Le sue opere, dalle grandi sculture in marmo alle trasparenze resiniche, rivelano una pratica che non impone la forma alla materia ma la ascolta, come se la scultura fosse il risultato di un dialogo sottile, quasi di una rivelazione.

Il tema dell’armonia, che dà il titolo alla mostra, non è dunque un semplice equilibrio compositivo, ma un principio meditativo che diventa metodo, ritmo e intenzione.

Il sottotitolo – Allorché di due farete uno – orienta lo sguardo verso la ricerca di una sintesi degli opposti: corpo e spirito, maschile e femminile, peso e leggerezza, visibile e invisibile. L’Androgino, – forse una reinterpretazione dell’Uomo Vitruviano di Leonardo, con la fusione armonica dei due corpi maschile e femminile – reinterpretato secondo una sensibilità contemporanea, e l’Uovo Cosmico, sospeso come un principio generativo, visualizzano questa tensione verso un’unità originaria. In essi, come nelle colature metalliche che incorporano segni quasi arcaici, vibra un pensiero che non separa il gesto dal suo significato, la materia dalla sua risonanza metafisica. Tale ricerca non si colloca isolatamente nel presente, ma sembra dialogare profondamente con alcune delle più alte tradizioni spirituali e poetiche dell’Occidente.

In controluce appare il Cantico delle Creature di S.Francesco d’Assisi: non come citazione, ma come eco di uno sguardo capace di riconoscere nella materia – la pietra, l’acqua, la luce, il colore — un riflesso di un ordine più grande. L’arte di Scatolini sembra accogliere lo spirito francescano della gratitudine e della comunione, trasformando la scultura in un atto di riconoscimento, in un modo per “lodare” la materia senza dominarla.

Allo stesso modo, il richiamo al pensiero di Giordano Bruno – in particolare all’idea dell’Uno come principio che permea ogni cosa – illumina il senso profondo di molte opere: la materia non come opposizione allo spirito, ma come sua manifestazione, come luogo in cui l’infinito lascia un’impronta.

La scultura diventa allora uno strumento per rendere percepibile ciò che unisce, non ciò che divide. Anche la tradizione dantesca entra implicitamente in questo orizzonte, soprattutto la sua visione dell’universo come una totalità armonica, attraversata da una tensione costante verso l’alto: nelle opere più leggere, nelle superfici trasparenti, nei vuoti che dialogano con la luce, sembra di riconoscere quell’idea di materia che, pur essendo limite, può farsi tramite della contemplazione.

L’allestimento curato da Claudio Strinati contribuisce a evidenziare questa dimensione, privilegiando un ritmo espositivo che invita alla lentezza e alla concentrazione. Le grandi sculture si dispongono come presenze meditative, mentre elementi più piccoli – disegni, scritture, pigmenti – offrono pause silenziose che affinano lo sguardo. Anche l’esperienza immersiva nello studio dell’artista, resa possibile attraverso visori 3D, non rompe ma amplifica questa continuità: si entra nel laboratorio non come spettatori, ma come testimoni di un processo che è insieme tecnico e contemplativo.

Armonia 5.0 – O. Scatolini: L’Aria

La poetica di Scatolini è una ricerca paziente, quasi ascetica, che può apparire controcorrente in un’epoca dominata dalla frammentarietà e dalla velocità: proprio in questa calma si nasconde il suo valore: l’armonia come gesto di resistenza, come invito a ricomporre ciò che la realtà tende a separare. In tal senso, Armonia 5.0 , oltre ad essere una mostra di scultura, è anche un percorso di riconciliazione: tra il corpo e il mondo, tra la memoria e il presente, tra la materia che si tocca e ciò che, attraverso di essa, si intuisce. Scatolini sembra ricordarci che nell’atto creativo, quando l’artista ascolta davvero la materia e le permette di farsi simbolo, si rinnova l’antica intuizione francescana, bruniana, dantesca: che l’unità non è un dogma astratto, ma un’esperienza possibile, un gesto quotidiano, un modo di guardare. E che l’arte può ancora essere una via per ritrovare, almeno per un momento, quella fragile e preziosa armonia che tiene insieme tutto ciò che esiste.

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Armonia 5.0. Allorché di due farete uno mostra monografica di Otello Scatolini, a cura di Claudio Strinati, in copertina: Otello Scatolini: Androgino, La Pelanda – Padiglione 9b 06 dicembre 2025

Foto ©Grazia Menna

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