Sono passati molti anni da quell’ottobre 2007 quando furono messi in vendita i primi biglietti di un nuovo, visionario progetto, di casa all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
La Fondazione Musica per Roma e gli Editori Laterza avevano immaginato un nuovo format culturale, una serie di lezioni con argomento storico tenute dai maggiori professori e studiosi della materia, da tenersi la domenica mattina appunto all’Auditorium di Roma.
Ma chi mai poteva essere interessato? Ci sarebbe stato qualcuno al botteghino pronto a comprarli, quei biglietti?
Gli organizzatori erano andati di primo mattino con il cuore in subbuglio, pronti ad affrontare un fiasco, ma quello che videro è diventato poi parte del racconto di questo successo e della riuscita sempre più ampia del progetto. La coda di gente in attesa dell’apertura usciva dal viale dell’Auditorium. I posti furono subito esauriti e molti furono esclusi dall’iniziativa.
Questo racconto l’ho sentito di anno in anno, ripetuto sempre con lo stesso stupore, e avendo anch’io fatto parte della schiera che si è appostata nell’umido che sale dal fiume verso l’Auditorium, nel buio che precede l’alba, socializzando con le persone intorno e discutendo di storia antica, per poi sventolare il tanto agognato abbonamento, vi posso dire che si tratta di un’esperienza che in genere si associa alla gioventù, alle notti in sacco a pelo per prendere il biglietto del concerto della più famosa pop star, non certo ad approfondire i temi della storia.
Quel primo anno tutte le lezioni erano state dedicate alla storia di Roma, “I giorni di Roma”, inaugurate dal Prof. Carandini (che non è più mancato nelle edizioni successive) per proseguire con Luciano Canfora, Andrea Giardina, Alessandro Barbero, Antonio Pinelli, Anna Foa e così via.
Io ne avevo ricavato un bel raffreddore, ma erano ancora i tempi in cui non ci si preoccupava troppo di un po’ di tosse e qualche linea di febbre. Troppa la soddisfazione di partecipare a queste lezioni collettive, in un ambiente così bello come l’Auditorium, con la mente che si rimette in movimento, i classici studiati che acquistano un nuovo significato e la magia di un posto dove fare cultura è divertente, interessante e stimolante.
Il Covid ci ha trovato quattordici anni dopo, nel febbraio del 2020, in quella sala già un po’ svuotata dei più prudenti, noi irriducibili, dubbiosi ma tutto sommato fiduciosi, mentre seguivamo la lezione sul Teatro alla Scala, nel ciclo dedicato alle Opere dell’uomo.
È stata invece l’ultima.
Quindi l’iniziativa che ha annunciato che quest’anno le lezioni di storia si sarebbero tenute on line è stata accolta con gioia ed ottimismo. Argomento: la presa del potere. In collegamento con i maggiori teatri d’Italia, quasi a voler unire la penisola nella voglia di rinascita e di valorizzazione della nostra storia e cultura.
Da Zeus che conquista l’Olimpo fino a Fidel Castro, passando per Agrippina, Guelfi e Ghibellini, Cortés, Montezuma….
Sono comparsi sul televisore di casa i Professori Carandini, Barbero e Canfora (tra gli altri) ed è stato come non essersi mai arresi.
Ma l’emozione più grande è stata senza dubbio sentire le parole di Paolo di Paolo, vero maestro cerimoniere, padrone di casa di ogni singola lezione.
La introduce, la inquadra nel periodo storico, ci rende partecipi delle sue riflessioni leggendoci brani di libri, di articoli di giornale, di approfondimenti.
La sua voce, il suo spaziare da una materia all’altra, unendo letteratura, arte, filosofia e attualità ci ha fatto respirare un po’ di aria fresca, per un attimo ogni domenica ha aperto i nostri orizzonti, altrimenti così costretti.
Mancano solo tre lezioni alla fine di questo ciclo, strano come l’anno che stiamo vivendo.
Speriamo di tornare anche noi a fare lezione in presenza l’anno prossimo, salvando forse la possibilità per tutti di fruire di queste iniziative da remoto. Io non vedo l’ora di veder salire sul palco Paolo di Paolo, di sentirlo presentare il professore di turno, spiegandoci in quale momento della sua vita c’è stata la motivazione a diventare il maggior esperto nella sua materia, perché quella sarà finalmente la normalità e la cultura avrà svolto appieno il suo compito: salvarci.