Le interviste impossibili: Pablo Picasso

Uno dei film più “aderenti” alla sua straordinaria vita di uomo e d’artista è stato diretto dal premio Oscar James Ivory e interpretato da Antony Hopkins Surviving Picasso, realizzato nel 1966; perfetta l’identificazione di Sir Hopkins nelle vesti del grande pittore erede di García Lorca.

Un altro film importante su Picasso lo realizzò il regista Clouzot come ci suggerisce l’amico e critico Gianni Gaspari, il film documentario Il mistero Picasso realizzato nel 1956, in cui il grande pittore spagnolo interpreta sé stesso. Quel film presentato al Festival di Cannes vinse il premio speciale della giuria.

Uno dei grandi eventi che hanno caratterizzato sia il film di Ivory, sia il film di Clouzot, tracciano per il grande schermo tutte le sfumature ricche di episodi inediti della vita personale e artistica di questo grande artista del ‘900. L’autore fra gli altri, dopo il bombardamento in Spagna della cittadina di Guernica da parte delle milizie fasciste del generale Franco, opera che Pablo Picasso esule realizzò a Parigi in soli due mesi per il padiglione spagnolo all’Esposizione Universale.

Un’opera storica di notevoli dimensioni realizzata dall’artista di Malaga tra il 26 aprile e il primo giugno del 1937 e che dopo quarant’anni al Moma di New York è tornata finalmente in Spagna esposta al Museo Nazionale Centro de Arte Reina Sofia a Madrid. Picasso realizzò quel capolavoro in pieno periodo cubista e surrealista, un’opera dedicata alle sofferenze inaudite delle vittime della guerra civile spagnola.

Quel dipinto, visitato, fotografato da tutte le generazioni del mondo, è uno straziante urlo di protesta e di pietà,  di sicuro il dipinto più famoso di Pablo Picasso sugli orrori di quella guerra fratricida schierandosi apertamente  per la prima volta contro il regime militare di Francisco Franco; un vero manifesto contro la forza cieca delle guerre e guardando ieri come oggi, alle brutture  dei conflitti e delle vittime;  e ancora oggi chi vede Guernica  è assalito dalle dimensioni coinvolgenti di quel dipinto facendoci sentire vittima fra le vittime.

Nel duemila ero andato a New York per un janket internazionale in occasione dell’anteprima mondiale del film La leggenda di Bagger Vance e relativa intervista con Robert Redford. Era un venerdì pomeriggio quando arrivai in albergo fra la quinta e Broadway, l’intervista fissata per il giorno dopo. Uscii per scegliere uno spettacolo fra i musical in cartellone e camminando vidi l’ingresso, illuminato da tante lampadine colorate di un museo delle cere. Spinto da uno strano impulso feci il biglietto ed entrai; il salone era al primo piano, poca gente, mi colpi subito lui, Pablo Picasso, seduto su una sedia che mi guardava. Era vero, stupendamente vero, mi ricordai di quante volte intervistando Woody Allen, Sylvester StalloneArnold Schwarzenegger mi dicevano. «Lo sa che lei somiglia a Picasso»?

Scesi di corsa le scale, comprai alla cassa dove erano in vendita, una di quelle macchinette fotografiche usa e getta e mi precipitai di sopra. La sala era ancora vuota, tranne un gruppetto di turiste giapponesi a cui mi rivolsi chiedendo se mi potevano scattare una foto con “mio fratello” Picasso. Mi guardarono stupite con i loro occhi a mandorla sgranati e fotografando anche loro l’inedito coppia, mi regalarono una foto che fu subito per me storica. Sparite le ragazzine giapponesi, rimasi a tu per tu con il maestro maturando la mia intervista impossibile, certo molto più accattivante dell’incontro il giorno dopo con Redford; così presi uno sgabello lì vicino, mi sedetti e gli chiesi.

Maestro, sembra che fra i tanti visitatori che lei riceveva nel suo studio di Montmartre a Parigi, oggi restaurato in atelier, venivano dopo aver ammirato Guernica anche l’ambasciatore tedesco Otto Abetz.

Si, mi chiese se ero stato proprio io ad aver dipinto quell’orrore. e lei maestro che cosa gli rispose

No! È opera vostra! Guernica è un appello alle coscienze di tutti gli uomini liberi, un grido di dolore e un incitamento a non voltarsi dall’altra parte.

Quell’opera immensa per grandezza e per la drammatica denuncia del feroce crimine verso l’intera umanità da parte del regime militare del 1937, Picasso la realizzò in un solo mese quando aveva già lasciato la Spagna. Un’opera presentata al mondo all’esposizione Universale di Parigi destinata a diventare un’icona del ‘900, raffigurano come fosse “cronaca” su toni grigi eco delle foto in bianco e nero, il drammatico bombardamento, attraverso una stanza nella quale figurano come macerie, volti deformi, corpi scatti e cavalli moribondi. Una delle opere scrisse la critica che meglio esprimono l’impegno morale e civile di Picasso.

Picasso, un grande artista europeo, capace di rinnovarsi e di fare da ponte tra linguaggi diversi e l’Italia aprile di questo 2023 ricorrerà il 50 anniversario dalla morte. Un evento che verrà celebrato nei tanti luoghi dove l’artista ha vissuto, luoghi dove ha lasciato alla storia la sua arte multiforme, impegno, costume, storia sempre nel segno dell’avanguardia, sempre un passo avanti nella lucidità  e Francia e Spagna insieme daranno vita a Picasso celebration 1973 – 2023,  con 60 mostre che si terranno in Germania Svizzera, Principato di Monaco, Parigi, Madrid, Romania, Belgio e New York, nel segno di un’analisi storiografica dell’intera opera di Picasso esposta fra l’altro con Guernica dopo il Moma  fino al museo Reina Sofia di Madrid.

Si è parlato e scritto tanto, Maestro del suo controverso rapporto d’amicizia con il grande pittore Matisse con il quale nella Parigi della Bella Epoque per un periodo condivise anche lo studio di Montmatre.

Matisse aveva una profonda insicurezza che gli generava spesso attacchi di panico, era felicemente sposato, mentre io ero circondato sempre da donne diverse che ho amato e che hanno ispirato molte mie opere. Allora avevo 24 anni, Matilde 36, mi suscitava sentimenti contrastanti il nostro è stato un rapporto artisticamente di amore e odio.

Si raccontò allora che lei regalò uno dei suoi quadri a Matisse e che lei Maestro invece prese quello che Matisse aveva dedicato alla bella figlia Marguerite di cui forse si era invaghito?

Margherite era bellissima. Quando ci incontrammo la prima volta nel mio studio le regalai una natura morta. Matisse morì nel 1954 e non andai al suo funerale. Per la circostanza lo omaggiai con un dipinto de Les Femmes D’Alger nel quale sono presenti elementi che rimandano allo stile di Matisse. Oggi quel quadro è esposto alla Ganz Collection di New York. Parigi in quegli anni ruggenti era spettacolare le notti erano piene di incontri e di vita, il giovane Hemingway partiva per il fronte spagnolo come inviato di guerra di un’importante giornale americano e quella guerra gli ispirò uno dei suoi romanzi più belli, Per chi suona la campana.  Rimediò una grave ferita a una gamba.

Con Matisse nello studio che dividevamo a Montmartre al Bateau-Lavoir c’era anche il giovane Modigliani e nei bistrot incontrai Scott Fitzgerald, Colette e Jean Cocteau che mi coinvolse nella realizzazione del musical Sipari,  per il quale realizzai scene e costumi. Per Parade, il balletto che stava realizzando per la famosa compagnia dei balletti russi di Sergej Paulovič Djagilev ed è stato sempre Cocteau che nel gennaio del 1917 mi convinse a partire con lui per Roma dove ho conosciuto in via Margutta i “futuristi e gli artisti della “secessione” con l’arte rinascimentale e classica.

Fu li in Italia a Napoli che si innamorò di una delle ballerine del balletto russo, tale Olga Stepanovna Chochlova figlia di un colonnello dell’esercito imperiale con la quale poi si sposò?

Beh Olga e’ stata una delle donne più importanti della mia vita. La sposai a Parigi il 17 luglio del 1918 e nel 1921 mi diede Paulo il mio primo figlio. Quel soggiorno italiano segnò anche una svolta nel mio lavoro con il cosiddetto “periodo classico”.

Donne, mogli, amanti, quadri, successo, denaro. Le donne Maestro, hanno segnato indubbiamente anche la sua vita artistica?

Hanno scritto e detto di tutto! Che le ho adorate, tradite, abusate. Germane Gargallo Florentine detta “Pichot” era la bellissima fidanzata di un mio caro amico Carlo Casagemas. Poi molto Madelaine, modella di rara bellezza che influenzò la mia arte.  Fernande Olivier credo sia stata in quel 1910 è stato il mio primo vero grande amore. É stata lei che ha ispirato il mio “periodo rosa” e anche le prime sculture cubiste. Poi nel 1911 ho conosciuto la modella Eva Gouel che ho immortalato nel quadro Donna con la chitarra.

 Nel 1917 tutta Parigi pettegolava su una turbolenta relazione con la modella Gabrielle Lespinasse.

Vede l’arte non è l’applicazione di un canone di bellezza ma è’ ciò che l’istinto e il cervello elaborano al di la di ogni canone. Quando amiamo una donna non le misuriamo gli arti.

 Un’altra “ispiratrice” maestro oltre che sua amante è stata Irène Lagut a sua volta   amante di un gran duca in quella turbolenta Parigi del 1916.

L’amour c’est toujours l’amour. É stata lei che mi ha ispirato l’opera li amanti 

L’elenco delle sue cosiddette ispiratrici Maestro è lungo. Cito giusto per ricordarle Sara Murphy, un’americana sposata con l’industriale Gerard Murphy, appassionata d’arte e delle notti elettrizzanti a Montmartre.

Se per questo anche Marie-Thérèese Walter. Aveva solo 17 anni!

Ma lo sa che oggi con il Me Too Maestro si va in galera?

Certo, ma Marie-Thérèse è stata non solo un grande amore, ma la madre della mia prima figlia Maya. L’amore come ho più volte detto è l’unica cosa che disdetta la vita.

Beh maestro sarà senz’altro così tuttavia l’elenco non ha fine, c’è pure Dora Maar anche questa 18 anni, studentessa all’Accademia di Belle arti, fotografa, pittrice surrealista, pure questa musa ed amante.

È vero! E non solo era bella, ma una bravissima fotografa e sono sue le uniche foto che ho autorizzato mentre dipingevo Guernica.

Maestro a 62 anni fra tele e pennelli nel 1943 è stata la volta della ventiduenne Françoise Gilot?

Anche Françoise è stata una storia importante, perché mi ha dato due splendidi figli: Claude e Paloma. Ci siamo conosciuti in un caffè di Pigalle.

La sua seconda moglie è stata la 34enne Jacqueline Roque, che lei ha sposato nel 1961. Lei ne aveva appena compiuti 79 e i suoi quadri erano contesi a suon di milioni di dollari dai collezionisti di tutto il mondo.

 Jacqueline e’ stata la modella di oltre settanta opere, l’unica che ho dipinto fino al 1978. Mi è stata vicino fino alla fine nel nostro castello in Riviera e dopo 12 anni mi ha raggiunto dove sono ora, perché amico giornalista dovresti sapere che tutto ciò che puoi immaginare è reale. Alle volte l’arte ha il potere di spazzar via dall’anima la polvere della vita di tutti i giorni.

Lei maestro è stato un uomo e un’artista fortunato.

Nella storia di ciascuno di noi ci sono solo incontri, non credo nella sfortuna e non esistono neanche situazioni fortunate.

Secondo lei la computer grafica possiamo considerarla un’altra forma d’arte?

I computer sono inutili, possono solo darti risposte, per disegnare devi chiudere gli occhi e cantare.

Maestro, un’ultima domanda. Qualcuno ha scritto che lei in fondo è fuggito senza combattere dalla dittatura fascista di Francisco Franco. Guernica è stata la sua mitragliatrice.

L’arte è sempre un dito nel culo della borghesia e anche una menzogna che porta a galla la verità. La pittura amico mio non è fatta per decorare gli appartamenti è uno strumento di guerra offensiva contro il nemico.

E nel salutarmi accennò un sorriso mentre arrivavano vocianti un gruppo di turisti messicani, sussurrando quasi immobile in silenzio mi disse: «Ma lo sa che lei mi somiglia?»

Pablo Picasso e Tonino Pinto