Le interviste impossibili: Joan Crawford

A Hollywood quando negli Studios si parla di lei, la definiscono ancora la donna che inventò se stessa, che seppe trasformare la propria immagine secondo l’evolversi dei tempi da quando iniziò a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo. Da pin up  fino a raggiungere il  successo mondiale sul grande schermo con grandi registi come Cukor,  Curtiz  e  Aldrich, con film che hanno fatto la storia di Hollywood e oggi l’American Institute la colloca fra le attrici più  popolari della storia di Hollywood.

Così dalla texana di Sant’Antonio Lucille Fay LeSueur, la ballerina di fila in quei teatri pieni di fumo, sudore e alcool nacque Joan Crowford, regina del cinema nella Hollywood dagli anni trenta agli anni sessanta.

Occhi profondi, uno sguardo che poteva fulminare. Una tigre dal carattere volitivo, duro, delizia per agenti, produttori e registi.  La bocca allargata con il rossetto, fisico da modella, sinuosamente infilato in abiti dalle spalle accentuate che scivolava sui fianchi. Una sua gigantografia in bianco e nero accanto a quella della sua rivale Bette Davis in quella Hollywood in cerca di successi, soldi e scandali, troneggiavano negli studi della Warner Bros a Burbank in California, vicino all’ufficio di Jack Warner il fratello più piccolo dei tre fratelli Warner che avevano inventato il cinema sonoro. Lui, il produttore che aveva deciso di mettere insieme per la prima volta in un film le due star più popolari,  più pagate e contese del cinema americano nel film What ever happened to baby Jane (Che fine ha fatto Baby Jane) diretto da Robert Aldrich, film che le vide protagoniste sul set e soprattutto fuori, fra scandali soffocati e un successo senza precedenti. Per evitare discussioni la produzione fece in modo durante le riprese di evitare che le due star si incontrassero.  Nel film sono due sorelle: Joan è una diva del cinema finita su una sedia a rotelle, Bette è Jane, un’attrice fallita e gelosa, custode crudele della sorella al limite della schizofrenia.

L’idea di intervistarla mi venne quando scoprii, girando per la Rai uno dei miei documentari sulla storia del cinema americano, che dagli anni trenta ai cinquanta, la leggendaria Sunset Boulevard ospitava con i lussuosi hotel art déco anche le ville delle star.  Oggi in quella che fu di Erroll Flynn, eroe del genere di cappa e spada funziona con successo un ristorantino per gli innamorati.  Poco distante dalla casa di Joan Crawford invece, esisteva ancora fino alla fine degli anni ottanta, il bar dove la diva prima di rientrare dopo una lunga giornata di lavoro sul set dei suoi film, si fermava per  annegare i i dissapori della vita reale come gli amori finiti o i rapporti difficili con i figli adottati. Su tutti quelli con Cristina che alla sua morte scriverà un libro dal titolo Mammina cara, dove descriverà tutte le vessazioni subite negli anni della sua adolescenza ma anche gli inizi di un declino appena accennato che supererà  come nel corso di una carriera ricca di film e successi, contrasti, invidie, gelosie e dissapori.

Immaginai di incontrarla così seduta su uno sgabello di quel bar con i gomiti appoggiati a quel bancone di quercia americana come quelli che si vedono nei saloon un po’ più âgé.  Alla bocca una lunga sigaretta come quelle che fumava il suo amico Humphrey Bogart, mi vide arrivare e disse: Would you like a drink?, indicandomi con gli occhi magici e un leggero movimento della testa, lo  sgabello  vicino al suo. Accettai subito un bourbon per non spezzare l’incantesimo del momento, respirando a pieni polmoni il fumo della sua sigaretta, l’odore inconfondibile del suo Martini e soprattutto il suo profumo a metà fra muschio e sandalo indiano e le chiedo.

Scusi signora Crawford ma come ha fatto Jack Warner a parte i soldi a convincere lei e Bette Davis a fare il film del secolo?

Vede la Warner aveva bisogno in quel periodo di un film di sicuro successo, poi entrambe suscitavamo l’interesse di stampa e pubblico alla sola notizia di una possibile accoppiata. Il film si ispirava al celebre romanzo di Henry Farrell What ever su sceneggiatura di Lukas Heller e poi nel ruolo della “pazzoide” Jane, la signora Davis si tuffò a capofitto visto il mio ruolo relegato per tutto il film su una sedie a rotelle.

Si racconta signora Crawford che sul set durante la lavorazione, il momento più controverso fu quando il piano di lavorazione prevedeva in una scena molto impegnativa, dove la signora Davis avrebbe dovuto picchiarla.

Certo, chiesi alla produzione di sostituirmi con una controfigura, ma Aldrich si oppose e in quella sequenza molto ravvicinata la signora Davis doveva colpirmi con un’oggetto in testa. Colpi così forte che finii al pronto soccorso dove mi applicarono quattro punti di sutura.”

Ma lei il giorno dopo si vendicò, rendendosi più pesante in una scena in cui la Davis doveva trascinarla.

“Hollywood, caro amico è come la vita, l’affondo con la somma totale del tuo equipaggiamento. Alla MGM ai miei tempi si diceva che Norma Shearer era il top per la produzione, che Greta Garbo forniva l’arte e Joan Crawford abbia fatto i soldi per pagare entrambe.

Certo signora Crawford che di film ne ha fatti davvero tanti da quando faceva la controfigura proprio a Norma Shearer, la diva più in voga in quell’epoca. Il primo fu Sally and Mary, era il 1926 lo dirigeva Edmund Goulding e lei interpretava una giovane ragazza ingenua che si innamorava di un mascalzone. Ma il film che mise in luce non solo le sue doti di sex appeal ma anche di show girl fu Our dancing doughters che determinò l’inizio di una carriera strepitosa diventando una delle dive più pagate di quel circo di celluloide, che le consentì di imporre al suo fianco i divi più popolari del momento a partire da Clark Gable. É vero che all’origine dei suoi dissapori con Bette Davis fu il fatto che lei gli soffiò sotto il naso il suo uomo invitandolo a casa e presentandosi alla porta nuda?

“Certo, stiamo parlando di Franchot Tone, uno degli uomini e attori più popolari e belli del momento. Vede, l’amore è folle soprattutto quando è vero, tanto che quella storia voluta da entrambi per buona pace della signora Davis è finita con il nostro matrimonio.”

Un articolo di un importante magazine americano che parlava del successo della serie televisiva dedicata alle due protagoniste di Che fine ha fatto Baby Jane riportava: Bette Davis e Joan Crawford nate entrambe nel primo decennio del novecento erano molto diverse. La prima forte, autoironica e talentuosa all’ennesima potenza. La seconda, bellissima, ambiziosa e molto intensa. Entrambe hanno regnato a Hollywood per decine di anni ma nello stesso tempo le hanno tenute lontane, così lontane da metterle al centro di una faida ancor oggi molto discussa.

Signora Crawford il film con Bette Davis fu un grandissimo successo, collezionò ben cinque nomination agli Oscar tra cui quello per la migliore attrice che fu attribuito a Bette Davis. É vero che lei consigliata, si dice dalla sua cara amica Hedda Hopper, famosa giornalista di gossip si lasciò convincere a lanciare una campagna diffamatoria nei confronti della sua rivale e a chiedere per poter salire sul palcoscenico Santa Monica Civic Auditorium per annunciare l’Oscar al miglior regista (quell’anno il premio fu assegnato a David Lean per Lawrence D’Arabia), di contattare tutte le candidate convincendole a ritirarsi pur di rovinare la festa alla Davis?

Gossip da ristorante amico mio, mi disse invitandomi ancora a bere: Would you like a drink? Era il secondo bourbon ma ne valeva la pena. Vede, l’Oscar alla fine lo conquistò Anne Bancroft e io ne fui davvero felicissima. Tutte chiacchiere quelle riportate in un articolo dove io avrei organizzato una festa a casa mia per 25 uomini. Interessante, ma non ho mai conosciuto 25 uomini da invitare. É vero invece che ho bisogno di sesso per avere una bella carnagione sana ma preferisco farlo per amore.

Joan Crawford l’Oscar lo conquistò nel 1945 con il film Il romanzo di Mildred di Michael Curtiz, aveva quasi cinquant’anni, beveva molto e il mondo del cinema stava cambiando. Uno dei suoi grandi successi fu il western Johnny Guitar nel ruolo di Vienna, donna scaltra e di forte temperamento proprietaria proprietario di un saloon in un mondo di uomini abbrutiti. Il film fu diretto dal grande Nicholas Ray, con la famosa colonna sonora arricchita dal motivo conduttore scritto da Victor Young  e interpretato da Peggy Lee.

Anche sul set di questo film cult lei signora Crawford non andava certo d’accordo con l’altra prima donna del film l’attrice Mercedes McCambridge. Celebre in quel film la battuta dove la sua antagonista scoprendola fra le braccia dell’uomo sbagliato le dice “Ti ucciderò Vienna” e lei signora Crawford gli rispose “Se non sarò prima io a farlo”.  L’uomo in questione era il favoloso Sterling Hayden, il pistolero che nel film torna per reclamare il cuore di Vienna cioè lei.

Si certo, io le chiamavo scintille fra dive che il regista ha saputo sfruttare e trasformare in materia. Ho sempre adorato interpretare le prostitute c’è un po’ di prostituta in ogni donna e secondo me molto in ogni uomo.

Lei signora Crawford è stata fra le attrici più pagate fra i suoi film Four walls con John Gilbert, Across to Singapore con Ramon Novarro e poi Dream of love con Douglas Fairbanks Jr. che poi sposò. Il suo quinto marito fu Alfred Nu Steele, il ricchissimo Presidente della Pepsi Cola che alla sua morte lo sostituì nel consiglio di amministrazione, rivelandosi anche un’abile donna d’affari.

Ho sempre creduto fermamente nel denaro anche se ho speso tutto quello che ho guadagnato con il cinema e ho sempre saputo quel che volevo nella vita anche di una star.  Basta un pizzico di buon senso e una buona amicizia per non aver bisogno di un’analista.

E prima di congedarmi con un sguardo assassino mi chiede: Would you like a drink?