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L’assordante frastuono dell’omofobia

Il Fringe Catania Off 2025 si conclude con un teatro di sangue e preconcetti

Dal 23 al 26 ottobre, gli ultimi giorni del festival etneo, dal palcoscenico di Piazza Scammacca un televisore invisibile è sintonizzato su canale 5, lo capiamo da una sigla di apertura che in pochi istanti ci obbliga a tendere l’orecchio. Non possiamo non riconoscerla: è la sigla dell’edizione serale del telegiornale e la notizia che stiamo per ascoltare è allarmante. Ci avvertono che fra le villette del quartiere si aggira un pericoloso e seriale assassino di donne transgender. La zona è presidiata ma quel che desta ancora più preoccupazione è il numero delle vittime in costante aumento. Resta un miraggio la possibilità di arrestare quell’individuo.

Egli, afflitto dall’irrefrenabile desiderio di uccidere gli uomini vestiti da donna, è ora davanti a noi. È lì, davanti ad un pubblico in ascolto. È ben vestito ed ha un fare gentile: niente lascia supporre ad un’indole così spietata. A personificarlo Danilo Napoli, l’attore-autore che all’inizio vediamo attraverso dei mutamenti cromatici in coordinazione, che ne scavano i lineamenti: dal verde al blu, dal rosso all’arancione. L’omicida è in azione! Ma prima ha bisogno di rifocillarsi. Una pizza da gustare lo attende e poi un corpo da massacrare e ancora un altro, e un altro ancora.

Sentiamo anche un ronzio, un rumore incessante e invadente che accompagna e che, nello stordimento, scuote. Si chiama Rumore bianco ed è il titolo della storia di cui leggerete in queste righe. Una storia di odio e di denigrazione. E di violenza, la violenza fisica delle percosse e quella verbale delle offese. La violenza di schiaffi, calci e frustate e quella di epiteti che si piantano nell’anima alla stregua di coltelli. Lividi a malapena cicatrizzati nel lessico dell’omofobia e nel frastuono della sovrana ignoranza.

Ed è questo il trascorso patito da Rossella caduta, come se non bastasse, nelle mani di quello sterminatore. Rossella, ad un tempo, si chiamava Cristiano. Le sue origini erano napoletane e proveniva da una famiglia numerosa. Tanti fratelli e tutti maschi: maschi veri, maschi con la “m” in maiuscolo, uomini forti e possenti. Cristiano, invece, era il maschio “difettoso”, quello sbagliato e invertito, un peccatore, un irresponsabile, un malato di mente, una completa e mostruosa deviazione della natura, il ragazzino di cui provare vergogna e afflizione e per il quale avrebbero preferito l’aborto e la morte. Parole disturbanti, ce ne rendiamo conto, ma la restituzione è inevitabile, perchè è proprio in esse che è racchiuso il senso dell’intera narrazione.

Dunque, senza alcun ripensamento, Cristiano era divenuto unanimemente il sogno infranto di una famiglia saldamente radicata nei principi della cosiddetta “normalità”: oltre i fratelli, ragazzi “sani” e impeccabili; vi era, da una parte, un padre inflessibile e austero, terrifico e aggressivo, che si deliziava ad adoperare la cintura per trafiggere puntualmente il corpo di Cristiano, ormai sempre più stracciato e a pezzi; e dall’altra una madre di ghiaccio, altrettanto esigente, rigida e rigorosa, immobile ed inespressiva come una “vecchia” bambola di pezza adagiata su una sedia.

Insomma, due genitori soffocanti e tutt’altro che amorevoli ed un’omosessualità “scandalizzante” che, irremovibili e intransigenti, trattavano alla pari di una malattia, per la quale auspicavano una pronta e definitiva guarigione. E poi una libertà negata, la libertà di vedersi donna a tutti gli effetti e non un uomo, un uomo forzatamente trattenuto da abiti che non voleva indossare, un uomo additato ed escluso, colpevole fin da bambino della sua diversità. Quella diversità che ha provato per troppo tempo ad opprimere e a nascondere, pur di fuggire almeno una volta dal dolore e dal “fruscio” delle torture mentali e fisiche sofferte.

Innanzi a noi c’è ancora il massacratore di donne transgender, colui che le sevizia e le strazia lasciandole in uno stagno di sangue. È li e le forze dell’ordine non riescono a trovarlo e a catturarlo. È li e ci confessa che non avrebbe mai voluto essere così barbaro, ma alle sue spalle c’è la causa da intravedere: un passato amaro che non lo lascia andare, il passato traumatico e lancinante di una libertà negata e oppressa, la stessa libertà che sceglie di togliere alle donne che uccide. E se il prezzo pagato è proprio la libertà, essa ha come conseguenza un ultimo sacrificio: il più grande e ultimo sacrificio della storia che vi abbiamo raccontato. L’assassino uccide se stesso. Si chiamava Cristiano. Adesso finalmente è libero dalle cinghie che lo hanno serrato e dal “fragore” delle umiliazioni che ha sopportato, libero più che mai, come una farfalla dai colori bellissimi che spicca felice il suo volo. Non ha più bisogno di mimetizzarsi e rifugiarsi nell’uomo che non ha mai voluto essere. Ora Cristiano può essere ciò che ha sempre agognato: da una vita impossibile alla rinascita. Ora Cristiano è libero di essere Rossella, eternamente.

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Rumore bianco – Autore: Danilo Napoli – Idea scenica: Anna Simeoli – Regia: Yari Gugliucci – Aiuto regia: Antonietta Barcellona – Interpreti: Danilo Napoli – Luci: Virna Prescenzo – Musiche: Francesco D’Acunzi – Costumi: Antonio Siniscalchi e Istituto Comprensivo T. Tasso – Contributi vocali: Gennaro Ciotola, Michele Vargiu – Produzione: Nova Civitas & Vitruvio Entertainment – Fringe Catania Off International Festival – Piazza Scammacca (dal 23 al 26 ottobre 2025)

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