La vita che ti diedi andato in scena lo scorso fine settimana al teatro Tor Bella Monaca e che riprenderà dall’8 febbraio al Teatro Arcobaleno, é uno dei testi più struggenti scritti da Pirandello dove anche un evento che celebra la vita come la maternità, non risulta consolatorio di fronte alla morte di un figlio.
Vita e morte al centro di questo dramma pirandelliano scritto nel 1923 per Eleonora Duse che non fece in tempo ad interpretarlo per il sopraggiungere della morte. Diretto ed interpretato da Caterina Costantini che ne da un’interpretazione viscerale e ricca di pathos, in bilico tra realtà e follia dove la follia è l’unica risposta al grande dolore di Donna Anna Luna.
Una madre consumata dal dolore che rifiuta la morte di Fulvio suo figlio, Una morte che non riesce ad accettare perche priva di senso e che viene più volte trasfigurata assumendo varie forme, dal sogno alla memoria perché in fondo bastano la memoria e il sogno a tenere in vita le persone.
Ma Donna Anna Luna si isola sempre di più dal mondo perche entra in conflitto con la realtà, con le regole stabilite che vogliono morti i morti, con “la vita che ci mette una pietra sopra”. Lei non vuole uscire dal suo sogno-incubo e cerca disperatamente di mantenere il figlio in vita, oltre il limite della ragione, della realtà. Cosa c’e di più terribile!
Una scena che ci proietta in una casa con un arredo elegante, un tavolo poche sedie ed un divano, le quinte nere dietro le quali si celano in trasparenza dei vasi di fiori colorati e le luci lunari che si alternano con l’oscurità della sofferenza che circonda questa madre, sola nel dolore dolore e con la sua lucida follia che la spinge a negare la morte del figlio: ma per lei è partito.
E il parroco ammonisce: «a sviarsi così dagli altri, dagli usi, ci si può smarrire, e… e non trovar più compagni al dolore nostro».
E sola sembra essere Donna Luna, sino all’arrivo annunciato di Lucia, amante del figlio, di lui incinta, che ha lasciato marito e due figli, per correre da lui, ignara della sua morte. Lucia sarà l’unica a seguire Donna Luna, restando con lei; due donne unite dalla morte dell’uomo concepito da una, amato dall’altra, ma anche dalla nuova maternità. Se Donna Luna la rivendica per non accettare l’idea di morte del figlio, Lucia lo fa per ribellarsi alle convenzioni che la vorrebbero sposata ad un uomo freddo, animale, interessato solo agli affari. La maternità ed il conseguente amore materno, come unici elementi capaci di non piegarsi alle convenzioni ed ipocrisie di una società sempre al centro del pensiero pirandelliano.
Nel cast oltre la Costantini la brava Lorenza Guerrieri che forse avrebbe maggiore spazio, Lucia Ricalzone, Maddalena Rizzi bravissima nel ruolo dell’amante, Carlo Ettorre il parroco, Maria Cristina Gionta e Vita Rosati.