LA TEMPESTA DI WILLIAM SHAKESPEARE all’Eliseo: La recensione

Bisogna, per apprezzare una sua interezza questo fastoso allestimento de La Tempesta di Shakespeare,  attrezzarsi avendo letto le note di regia e il dettagliato libretto di sala, conservare una visione olistica della vita e della produzione del grande Bardo, concentrarsi sempre sulla recitazione magnifica di Eros Pagni, qui chiamato ad interpretare Prospero, detentore di poteri taumaturgici ,ma soprattutto intellettuale dolente.

Solo così si coglie fino in fondo l’ispirazione che ha suggerito il regista de Fusco a ideare (le scenografie e i costumi di Marta Crisolini Malatesta e gli effetti visivi di  Alessandro Papa valgono da soli il prezzo del biglietto) una ambientazione- non in una grotta come sarebbe nell’originale-  ma tra gli scaffali e le pile di libri di una gigantesca biblioteca che sembra contenere tutto il sapere occidentale. La smisurata biblioteca diventa il fondale sul quale vengono proiettate le immagini della tempesta che fa naufragare un battello nei pressi dell’isola misteriosa del Mediterraneo, dove una dozzina di anni prima Prospero e la giovanissima figlia Miranda avevano trovato riparo dopo essere stati abbandonati su una zattera dal fratello Antonio e dagli altri congiurati che avevano usurpato a Prospero il Ducato di Milano. L’imbarcadero che ora fa naufragio (ma la tempesta è chiaramente comandata dai poteri  magici di Prospero) reca a bordo proprio quel gruppo di congiurati che passa da quelle parti. Tutto sembra programmato alla peggiore delle vendette, ma è proprio qui che lo sviluppo dell’azione incrocia la svolta biografica di Shakespeare al momento della composizione.

La tempesta fu la penultima opera scritta, prima di ritirarsi dalle scene e, metaforicamente, di sfilarsi dalle dita quel talismano magico che gli aveva consentito di dominare per anni, con le sue visionarie invenzioni letterarie, tutta la materia umana, attraversando i mari delle emozioni, creando personaggi fantastici o meno, esplorando una per una il vasto catalogo delle vicende terrene. Ora per Shakespeare/Prospero è il tempo del ritiro, non ci sono più passioni umane capaci di meritare finanche il perdono, e non gli resta altra scelta che atteggiarsi alla distanza intellettuale da tutto. A cominciare proprio da tutto quell’inutile sapere racchiuso in quella raccolta di libri e da quella corte di antichi congiurati, scampati al naufragio ideale orchestrato dai sortilegi di Prospero e abbigliati – metaforicamente- come simboli del Novecento. Tutti verranno giustiziati sul patibolo dell’oblio di una passerella scorrevole che ricorda molto da vicino quella felliniana di Otto e mezzo (anche lì ribalta della dimenticanza, ma questa volta senza la consolazione del rimpianto). La biblioteca, con tutta la conoscenza che contiene finirà in fondo al mare con l’ultimo dei sortilegi che Prospero si riserva.

La salvezza di un futuro prossimo resterà solo all’affetto più caro, all’innocente Miranda ormai innamorata e prossima sposa del giovane Ferdinando, figlio del re di Napoli, anche lui scampato al naufragio. Il commiato di Prospero dalle umane passioni, scioglierà infine l’incantesimo che lo legava al buono e premuroso Ariel, lo spiritello che lo ha servito da sempre sull’isola, emancipando anche nella sua libera vocazione selvaggia il malefico Calibano (entrambi, personificazione del bene e del male in conflitto nell’animo del protagonista, di cui portano la maschera, sono interpretati alla perfezione dalla bravissima Gaia Aprea).

Eros Pagni presta la sua maschera austera e disperatamente distaccata al personaggio di Prospero, chiuso nella sua solitudine interiore, creando  una figura di intellettuale austero, pronto a fare i conti  con i suoi stessi processi formativi e con la realtà non più alla portata della sua comprensione. Pare che questa sia anche l’ultima messa in scena del regista Luca De Fusco: anche il suo personale conferimento emotivo a questo allestimento -che da tutte le parti si manifesta come una sorta di testamento intellettuale- si aggiunge a quello già descritto appartenere allo stesso Shakespeare, in un addendum di intensità che Eros Pagni incarna in maniera rigorosa e solenne.

Perfettamente all’altezza tutto lo schieramento attoriale, con Alessandro Balletta, Silvia Biancalana, Paolo Cresta, Gennario Di Biase, Gianluca Musiu, Alessandra Pacifici Griffini, Alfonso Postiglione, Carlo Sciaccalunga, Francesco Scolaro, Paolo Serra Enzo Turrin.

Produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale – Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia