In attesa della premiazione agli Oscar 2024, il film di Bayona è da considerarsi uno dei migliori della passata stagione
La sociedad de la nieve (2023) del regista catalano J. A. Bayona riprende la storia tremendamente vera dei 16 sopravvissuti al disastro aereo delle Ande nel 1972. I fatti di cronaca testimoniati da alcuni dei sopravvissuti, raccontano una storia tanto agghiacciante quanto miracolosa. Il 12 ottobre 1972 il velivolo dell’aeronautica militare uruguaiana noleggiato da una squadra di rugby è diretto da Montevideo a Santiago del Cile. A bordo ci sono 45 tra giocatori e loro familiari. Il percorso del volo, sebbene sia breve, è molto tortuoso poiché prevede praticamente lo slalom delle Ande. Le condizioni meteo sono pessime e ciò causa turbolenze improvvise e perdita di visibilità per i piloti. D’un tratto lo schianto. L’aereo colpisce la bassa cima di una montagna e vede la sua coda spezzarsi e scaraventarsi nel vuoto, insieme a 12 passeggeri.
Il velivolo finisce la sua corsa ai piedi del ghiacciaio, da quel giorno ribattezzato la Valle delle Lacrime. Quello che succede dopo è una delle pagine di cronaca più incredibili della storia. I 33 passeggeri rimasti si dimezzano col passare dei giorni, a causa di ferite non curate, carenza di cibo e soprattutto temperature che la notte arrivano sotto zero di 30 gradi.
Il tempo passa e tramite radiolina scoprono che nessuno verrà a cercarli fino al disgelo. Sono dati per morti da tutti. Lo spirito di sopravvivenza però non conosce le leggi umane, così i superstiti non si danno per vinti. Si attrezzano proprio come una società primitiva, si occupano dei feriti e montano spedizioni alla ricerca di viveri e salvezza. Due sono gli eventi che cambiano in quello scenario bianco che non cambia mai. La fine delle magre razioni di cibo e le tempeste di neve. La prima costringerà i giovani a ricorrere alla decisione più drammatica: l’antropofagia. Lo spessore della pellicola, candidata all’Oscar, mostra in questa circostanza come correnti di pensiero diverse, offuscate dalla fame, riescano a convivere in una società “primitiva”. Alcuni infatti, mossi da morali di varia matrice, preferivano non mangiare piuttosto che cibarsi dei compagni. Ciò non causò liti violente, né tentativi di cannibalismo, ma semplice comprensione. Dopo due mesi e mezzo di gelo poi tutti si convertirono per necessità. E come se non bastasse, le tempeste e valanghe di neve si scagliano sui rottami dell’aereo, unico rifugio dei ragazzi, che si vedono sommersi da metri di neve.
Una storia che ebbe un’eco incredibile fino alle orecchie di René Cardona che fu il primo a farne un film, uscito nel 1976, I sopravvissuti delle Ande e poi quasi vent’anni dopo Frank Marshall riprende il tema in Alive – Sopravvissuti. Questa vicenda è uno di quei casi in cui la realtà si impegna con tutta se stessa per superare la fantasia. Ma quello che differenzia questo film dai suoi precedenti sta proprio nel titolo: creare una società fondata sul mutuo aiuto ti salva dalle peggiori situazioni. E poi si percepisce perfettamente la lotta contro il tempo. Tempo inteso come intemperie atmosferiche, e Tempo come giorni inesorabili che passano nella speranza che qualcuno li venga a cercare.
Il film, tratto da una storia vera La società della neve di Pablo Vierci.e diretto da J. A. Bayona è ora su Netflix.