In scena al Teatro del Giglio, “Fantozzi. Una tragedia”, spettacolo che vede Gianni Fantoni vestire definitivamente i panni della maschera che gli ha donato la celebrità.
Fin dalle quinte con impressa la celebre Bianchina in preda alla nuvola da impiegato, l’iconografia del personaggio creato da Paolo Villaggio pervade tutto lo spettacolo diretto da Davide Livermore, facendo appello a un senso di familiarità e di appartenenza nel pubblico che ha reso il ragionier Ugo Fantozzi un pilastro della comicità letteraria, ma soprattutto cinematografica, italiana e in tempi ormai passati simbolo di una classe impiegatizia intrappolata in una grigia esistenza.
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Fantozzi. Una tragedia si apre con la citazione letterale della celebre scena del risveglio e del rocambolesco rito mattutino di preparazione per il lavoro, ma al termine dello sketch una consapevolezza metateatrale si impossessa dello spettacolo, consapevolezza che eleva Fantozzi a una condizione superiore a quella abitualmente occupata: lo status di maschera, figura universalmente accettata nella cultura, nell’immaginario e nello spettacolo italiano, capace di incarnare aspetti, vizi e (poche) virtù dell’essere umano (o, nel nostro caso, del cittadino italiano piccolo borghese degli anni Settanta).
Da qui, il ragioniere matricola 7829/bis viene messo a parte del compito che dovrà svolgere in questo spettacolo: portare in scena sé stesso su un terreno diverso dai familiari letteratura e cinema, questa volta sul palcoscenico di un teatro. Qualcosa di apparentemente facile per un personaggio così assodato del nostro immaginario, ma che in realtà porta il riconoscimento di doversi fare carico della rappresentazione di una tragica esistenza, emblema di un’intera generazione.
Gianni Fantoni, oltre a possedere il physique du rôle di un più tardo Paolo Villaggio, che in ogni caso ben si adatta all’interpretazione, padroneggia ormai perfettamente il personaggio di Ugo Fantozzi, imitandone magistralmente movenze, vocalità e atteggiamenti, tanto da parer la perfetta (nonché unica) figura capace di renderne possibile il ritorno, dopo essersi destreggiato tra resurrezioni, rinascite e clonazioni, nell’era contemporanea.
Lo spettacolo si struttura in episodi tratti dal romanzo e dai film in una contaminazione reciproca, spesso narrati dai personaggi di supporto che ruotano attorno alle avventure del ragioniere. Ed è forse questa pervasiva presenza ed enfasi su di loro (i ben noti Pina, Filini, Calboni, la signorina Silvani…) che in più di un’occasione pare distogliere eccessivamente l’attenzione dal protagonista, rischiando di far perdere allo spettacolo il suo focus scenico, allontanandolo dal suo centro di gravità narrativo e comico.
Probabilmente il problema di fondo dello spettacolo è che si ride per le parti ormai ampiamente note grazie ai film, ma non risulta particolarmente stimolante per quelle che dovrebbero innovare, scivolando in una sensazione di già visto senza aggiungere niente di nuovo.
La vera forza e modernità di questa commedia (che ossimoricamente si autodefinisce tragedia nel titolo), dove davvero si aggiorna, risiede nell’amara conclusione, in cui Fantozzi, il “buffone d’Italia”, colui che ha fatto ridere almeno tre generazioni d’italiani con le sue avventure tragicomiche, fungendo da rappresentante di una classe sfruttata e sottopagata, rivendica la sua indipendenza economica, la sua capacità di rivestire il ruolo di pater familias provvedendo a una moglie e una figlia, di essere un membro produttivo della società nonostante l’imbarazzante infimità della sua esistenza, le punizioni, le angherie; mentre, condanna, nella generazione attuale, con tre lauree, viviamo ancora a spese dei genitori, incapaci di trovare o accontentarci di una posizione (per quanto umile, come il sottoscala fantozziano) che ci renda persone fisiche e giuridiche singole e indipendenti.
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Ma è davvero giusto accettare rassegnati le condizioni dell’umile esistenza di ragioniere di una megaditta in ottemperanza a uno status che la società impone? Non dovevamo gridare che “La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”?
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Fantozzi. Una tragedia da Paolo Villaggio – Drammaturgia Gianni Fantoni, Davide Livermore, Andrea Porcheddu, Carlo Sciaccaluga – Diretto da Davide Livermore – Con: Gianni Fantoni, Paolo Cresta, Cristiano Dessì, Lorenzo Fontana, Rossana Gay, Marcello Gravina, Simonetta Guarino, Ludovica Iannetti, Valentina Virando – Produzione Teatro Nazionale di Genova, Enfi Teatro, Nuovo Teatro Parioli, Geco Animation – Teatro del Giglio Giacomo Puccini 7/8/9 febbraio 2025