In un periodo di drammatica crisi per le sale cinematografiche che fanno sempre più fatica a riempirsi (ovviamente sono esentati dal discorso, dati di botteghino alla mano, la materia prodotta industrialmente dal duopolio Marvel-Disney, sommato alle più nazional-popolari commedie all’italiana), c’è un fenomeno antitetico che si sta facendo largo nel panorama della distruzione filmica e sta riscontrando molto successo non solo tra gli adulti ed i nostalgici cinefili, ma tra i giovani, per giunta non necessariamente appassionati: il cinema nelle aree pubbliche.
Probabilmente molto ha fatto la fama del Cinema America nel catalizzare questa ripresa del sacrosanto concetto di promozione della cultura presente all’articolo 9 della Costituzione, ma in realtà in tutta Italia, a Roma in particolare, la macchina dalle arene pubbliche, del cinema di piazza e dei maxischermi nei luoghi di ritrovo più frequentati, è già da molti anni attiva. L’eco nazionale delle iniziative dei ragazzi del Cinema America ha scaturito un ulteriore incremento demografico delle associazioni culturali che creano ambienti culturali grazie a finanziamenti pubblici e aiuti economici di filantropi votati alla causa, uniti (e non è da sottovalutare) alla pubblicità garantita da personaggi che muovono l’opinione pubblica come gli stessi attori, registi e ad altre eminenti personalità del mondo della cultura e dello spettacolo.
Forse a causa della gratuità e della proiezione di film consacrati dalla storia come cult, forse per la scelta di location famose ed amate dal grande pubblico, ma sta di fatto che il fenomeno della fruizione pubblica del cinema di piazza è inversamente proporzionale al ben più redditizio cinema di sala. Questo è un chiaro sintomo di come non sia del tutto corrispondente a verità il lapalissiano discorso della “gente che non va più al cinema”, perché la gente continua ad amare il cinema, sia nel senso “fisico” del termine (ossia dell’arena o del luogo dove vedere il film) sia nel significato di “prodotto artistico”, dimostrato dalla dipendenza della massa per le pay TV, Netflix e Primevideo su tutte.
E dunque a Roma nascono come fiori tra i sampietrini, aree dedicate al cinema in ogni quartiere che abbia una piazza ed una buona gestione municipale, creando un connubio tra cinema e ambiente, il cui collante è rappresentato dall’insieme delle interazioni umane che ne fanno una comunità. È questo il caso della arene di quartiere come a Garbatella, Centocelle e Monteverde oppure i maxischermi posti in luoghi memorabili e storici come al Parco degli Acquedotti (Roma Cinema Arena), all’Isola Tiberina (Isola del Cinema), a Villa Borghese (Caleidoscopio. Notti di cinema.) e molte altre. Una particolare branca di queste attività culturali all’aperto è anche devota alla pratica del tutto americana del Drive In, che ha avuto grande successo in Italia negli anni del boom economico, ma che ha perso (stranamente) terreno col passare degli anni, per poi riprendersi leggermente nel periodo di pandemia più restrittivo presentandosi come ottimo stratagemma per andare al cinema rimanendo isolati nelle proprie auto.
Ergo, aveva ragione il profetico Raphael Gualazzi quando diceva, nella sua Estate di John Wayne, che «torneranno i cinema all’aperto» con buona pace per chi, in questo paese, intende arginare la cultura boicottando iniziative e bloccando fondi destinati a questo tipo di attività.