La notte finisce all’alba”, a Teatro Trastevere un’interessante riscrittura di Ibsen

“La notte finisce all’alba”, spettacolo andato in scena dal 22 al 27 marzo a Teatro Trastevere, è coraggiosa riscrittura di un classico della drammaturgia moderna, Spettri di Henrik Ibsen. Gli spettri dell’autore norvegese in questo adattamento firmato e diretto da Giancarlo Moretti ritornano in vita e prendono parte a un dramma che inevitabilmente conduce comunque alla tragedia.

Sul palco del Trastevere gli attori Alessandro Calamunci Manitta, Giovanna Cappuccio, Ilaria Fantozzi, Vincenzo Longobardi, Mauro Toscanelli e Ornella Lorenzano hanno dato sostanza a un plot rivisitato nello svolgimento e nello scenario. Costumi e arredi, curati da Paola Salomon, delineano un’ambientazione temporale diversa: non siamo più alla fine ‘800 di Ibsen ma nei Sessanta del secolo successivo. Fase di incubazione per cambiamenti culturali, morali, sociali. Che emergono in carattere evidente nei dialoghi e nei rapporti “di genere” tra gli interpreti dello spettacolo. Uomini e donne, giovani e adulti. Generazioni a confronto, tra conformismo e ricerca di nuovi schemi.

Tutti sono al pari condizionati dalla sorte di Alving, che nel romanzo è già morto mentre in questa versione morettiana a un certo punto riappare e diventa parte attiva dello sviluppo narrativo. La sua comparsa è un evento inatteso ma che non fa cambiare direzione al finale tragico. Il suo nome, il suo ruolo nelle relazioni che “furono” e che “tornano ad essere” con gli altri – Helene, Osvald , Regine e Manders –  ne motiva gli stati d’animo. Emozioni pure e sentimenti nobili fanno il paio con attitudini nascoste, anche perfide e violente.

Una rete fitta di incastri e di umori, si ha la sensazione che tutti in qualche modo si trattengano, non si esprimono fino in fondo. Con la ricomparsa di Alving provano a risalire all’origine delle sofferenze, la tensione è latente e gli spazi domestici costruiti in scena trasferiscono l’immagine di un recinto da cui in ogni caso non si può fuggire. Tutti dobbiamo fare i conti con le gioie ma anche con i dolori, con le virtù ma anche con i vizi, con le conquiste ma anche con le cadute. E la caducità dell’esistenza. 

Teatro Roma
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