Giulia Trippetta, è stata la protagonista dell’ultima replica di La moglie perfetta, andata in scena domenica 13 al Teatro Basilica. Figura iconica e reale, colei che animava il focolare nelle case degli italiani nel periodo del boom economico.
Breve preambolo: abbandonato il terrore e le distruzioni della guerra, nel Belpaese iniziò una fase di benessere diffuso mai vista prima. Che portò a rivoluzionare sì i consumi, ma non i rapporti di forza in seno alle famiglie. L’ uomo, padrone di casa e forza lavoro da una parte. La donna, dall’altra, addetta alla crescita dei figli e alla cura della casa. Senza alternative, né velleità di indipendenza economica.
Soggetto/oggetto funzionale rispetto ai bisogni e agli umori dell’uomo. Servizievole e (apparentemente) appagata da un ruolo subalterno e strumentale rispetto al decalogo del cosiddetto “Patriarcato”. Dieci capisaldi che la frizzante Trippetta, con ironia e sagacia, spiattella alle orecchie e agli occhi di un pubblico che apprezza, ride e sorride, tra il divertito e l’amaro. Gli spettatori diventano anche parte attiva dello spettacolo, rispondendo con le braccia alzate alle provocazioni dell’attrice, che lo ricordiamo ha curato anche testo e direzione (con il supporto di Giulia Bartolini).
Trippetta tiene il palco con sicurezza e personalità, propone in scena diversi ruoli che amplificano e moltiplicano anche le letture e i punti di vista di un tema attuale, ai limiti dell’eccesso forse. Ma forse non è ancora abbastanza, rispetto ai soprusi subiti dal genere femminile in silenzio e per così tanto tempo.
Al Basilica – e qui sta il vero merito della rappresentazione – si respira un’atmosfera ingenua e goliardica, assimilabile agli ambienti di certa TV italiana degli anni ’80, tutta clichè e afflati di consumismo. La lavagna interattiva è fulcro della scenografia ed è efficace supporto narrativo.
Sottotraccia intanto scorre, tremendo e inesorabile, il carattere sbilanciato e penalizzante del ruolo che la donna inconsapevolmente o senza alternative accetta in quella fase storica. Anni ’50 e ’60 da cartolina, per un “The Truman Show” solo apparentemente idilliaco.
La consapevolezza, progressivamente, apre il varco all’insoddisfazione e al tunnel dell’esasperazione, fino all’esplosione della tensione. La moglie perfetta perde le staffe, sbrocca, urla. Ma solo per qualche attimo, tutto poi si ricompone. E si torna alla pienezza di una vita che pare un binario sicuro e tracciato da sempre. Perché sempre così, era stato fino all’ora. Uno schema socialmente inviolabile.
Osservato con lo sguardo di noi contemporanei, questo progetto fa molto riflettere intorno a schemi sociali del tutto inaccettabili e persino imbarazzanti al giorno d’oggi ma così vicini, nel contempo, in termini temporali. E acuisce la necessità di riscrivere da fondo, e con ripetuti aggiornamenti, il concetto di relazione tra uomo e donna. Bravissima Giulia Trippetta, auspichiamo di rivederla presto in scena a Roma ma anche nei teatri di altre città italiane.