La Maria Stuarda di Livermore per il Nazionale di Genova

L’ultimo lavoro firmato Davide Livermore per il Teatro Nazionale di Genova, la tragedia Maria Stuarda dell’autore tedesco Friedrich Schiller, ha debuttato pochi giorni fa alla Sala Ivo Chiesa a Genova. Un allestimento dominato dalla presenza incessante del colore rosso e segnato dalle tinte forte, che il regista torinese ha deciso di tratteggiare come se si trattasse di una moderna serie televisiva o un film epico contemporaneo prendendo spunto dalle note visive rintracciabili in Blade Runner e Dune.

Va in scena in questa versione sanguigna la prigionia della regina di Scozia, Maria Stuart, e il suo conflitto con la cugina Elisabetta Tudor, regina d’Inghilterra; lo scontro politico, sentimentale, religioso e umano di due donne forti, incarnate dalla coppia formata da Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi. Le attrici principali ogni sera si scambiano i ruoli in modo casuale, definito dalla caduta di una piuma ad inizio spettacolo per determinare chi interpreterà la protagonista, in un’introduzione efficace che gioca in modo controllato con l’aleatorietà.

Livermore vuole incollare l’attenzione del pubblico ai colpi di scena del dramma di inizio Ottocento provando a sorprenderlo con trovate ad effetto ed un’estetica glamour-rock oggi molto in voga. Le sovrane indossano appariscenti costumi firmati Dolce e Gabbana, l’accompagnamento musicale spazia dalla musica sinfonica alla distorsione delle chitarre elettriche e gli altri interpreti, Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, Sax Nicosia, si dividono gli altri quattordici personaggi, dove le attrici si trovano ad interpretare anche ruoli maschili. Notevole è l’interpretazione data dalla Gennari di un Mortimer folle e febbrile da cui non si riesce a distogliere lo sguardo.

In questa costruzione densa e stratificata, le scelte registiche adottate spesso si ritorcono contro le buone intuizioni, non raggiungendo la forza che lo scontro narrato dovrebbe segnare. Le due regine brillano quando sono in scena da sole ma nel momento dell’esplosivo faccia a faccia, non confliggono come ci si aspetterebbe. L’ambiente musicale con sospiri, echi, brusii, canti e soli musicali spesso soverchia l’attenzione e le vicende, mentre molti espedienti sorprendenti non risultano essere né così d’impatto né cariche di forza (in particolare la scena scarsamente erotica tra la regina Elisabetta e il nobile Leicester e al quanto non necessaria).

Con una durata di tre ore, la performance parte da un primo tempo lento, che funge nei fatti da introduzione alle sovrane, per poi turbinare in una seconda parte contratta ma molto più vibrante. Una rappresentazione godibile da cui ci si sarebbe potuto aspettare di più.