A suon di battibecco si apre la scena, rumorosa diatriba tra due pretendenti, protesi a superarsi l’un l’altro nella conquista di una comune innamorata.
Titoli o quattrini? Protezione o denari? – nel duello verbale il conte e il marchese si animano, poi si infervorano offrendo l’uno regali, l’altro nobiltà come merce di scambio nella prospettiva di un matrimonio.
È nello spazio di una locanda fiorentina, di cui il repertorio scenografico di Emanuele Luzzati restituisce le atmosfere, che ha luogo “La Locandiera”, celebre opera di Carlo Goldoni rappresentata per la prima volta nel 1752 e riproposta in streaming dalla Compagnia Torino Spettacoli lo scorso 28 Gennaio.
Una donna vi altera? Vi scompone? – ecco che la comparsa di un terzo personaggio, dalle movenze spavalde, dal fare altezzoso, fa il suo ingresso nella contesa: da cavaliere misogino e diffidente irride l’alterco e le sue motivazioni, vanesio sul suo stesso disprezzo per il mondo femminile e le sue presunte moine.
“Io del fumo non so che farmene, io voglio l’arrosto!” – è ora Mirandolina (Miriam Mesturino) a intervenire sulla scena presentandosi nel suo fare tanto cortese quanto civettuolo, oggetto di un condiviso desiderio, di fronte al quale appare lusingata, di buon grado consapevole ma indifferente.
Se nella visione del regista Enrico Fasella, la centralità della locandiera “non può che essere una tipica allusione alla novità dei rapporti tra borghesia e nobiltà”, ciò appare da un lato diretta testimonianza delle trasformazioni sociali in atto, dall’altra espressione di una trasversale efficienza del personaggio femminile che, coerente con il suo ruolo, si mostra in grado di bilanciare cortesia e spirito civettuolo.
Nasce da un capriccio il guizzante interesse nei confronti del cavaliere, sprezzante al punto da muoverle la bile: di fronte alle tante caricature di spasimanti che assecondano il di lei piacere nel sentirsi servita, vagheggiata, egli rappresenta un elemento di turbamento tanto forte da innestare in lei un elemento di contrarietà.
Sembra sospendersi la paura di entrambi nel perdere la libertà al momento dell’intimo brindisi di fronte a un rosso di Borgogna: colpito dalla sferzante schiettezza della donna sembra lasciarsi andare vinto dalla temerarietà, dal potere di un’energica schermaglia di seduzione; ma un cambio di rotta ribalta gli equilibri e gli eventi: Mirandolina torna laddove era partita, convinta e determinata nel rispettare un’iniziale proposta di matrimonio.
Nell’ambito di una grammatica scenica ben bilanciata, gli interpreti (Miriam Mesturino, Luciano Caratto, Barbara Cinquatti, Stefano Fiorillo, Maria Elvira Rao, Stefano Bianco, Alessandro Marrapodi) si alternano in un’opera organica che in caratteri, timbri e costumi si mostra coerente con la tradizione goldoniana.