Tre figure complicate – il giornalista di guerra Giuseppe Zaccaria, suo figlio e interprete delle sue parole Paolo, e la megera folcloristica Baba Roga – raccontano la guerra dei Balcani
Secondo il folclore slavo, Baba Roga – da non confondersi con la più riconoscibile Yaga – è una figura oscura che si aggira nei boschi, abita in una caverna e rifugge la luce. Si manifesta solo di notte, con l’aspetto di una vecchia signora con un corno sulla testa, e terrorizza i bambini che si svegliano di soprassalto perché tornino a dormire. Nelle culture slave, dove le figure anziane femminili hanno sempre ricevuto grande rispetto, Baba Roga rappresenta un elemento non solo di terrore, ma anche di disciplina, che in un suo modo perverso assicura la “pace” nella casa.
Non è dunque a caso che Baba Roga sia scelta come testimonial, come rappresentante, per il copione di Paolo Zaccaria La Guerra di Baba Roga.
Ispirato al libro del padre Giuseppe Zaccaria Noi Criminali di Guerra, il monologo rappresentato dal 22 al 24 maggio presso Fortezza Est analizza, istruisce e racconta la guerra in ex Jugoslavia con un punto di vista allo stesso tempo interno ed esterno. Lo spettatore e il perpetuatore, il testimone e il soldato – il figlio e il padre.
La Guerra di Baba Roga nasce da un libro informativo, e di conseguenza si può imparare molto dalle sue pagine interpretate. La prima cosa che si vede sul palco è letteralmente una spiegazione alla lavagna, che presenta i confini e l’aspetto del territorio jugoslavo. Ne emerge non una lezione sterile, ma uno scenario di guerra tetro e agghiacciante, in cui il nemico può annidarsi in ogni spazio aperto e brutalità inimmaginabili sul proprio prossimo sono compiute senza particolare scrupolo o discernimento.
La guerra in Jugoslavia è vicina a noi, sia nel tempo che nello spazio: come testimonia Zaccaria durante il suo primo monologo, «la Croazia voi sapete dov’è, ci andate in vacanza». Ed è vicina più che mai alla famiglia Zaccaria; perché Giuseppe, inviato di guerra e poi testimone all’Aja dei crimini di guerra da lui denunciati, sarebbe stato atrocemente cambiato dall’immersione in quel conflitto. La componente autobiografica crea personaggi vividi e testimonia, più di tutto, l’atroce similitudine tra le parti in causa. Nomi diversi per le stesse cariche, e atrocità identiche su diversi bersagli.
La rappresentazione si serve del palco di Fortezza Est, un’area intima e accogliente dedicata alla letteratura sin dallo spazio esterno. Non c’è preambolo migliore a una vicenda letteraria, trasposta sul palcoscenico dall’amore per uno dei suoi esecutori. Il palco in sé è spoglio, tetro, come uno spazio aperto nelle aree raccontate, in cui si annida il pericolo – che si tratti di un altro plotone armato o della effettiva Baba Roga.
I pochi props che emergono in quel campo sterminato sono tuttavia bastevoli, a Zaccaria, per illustrare la crudeltà del mondo in cui è immerso il suo racconto. Basta lo spegnimento di una candela, o il canto sommesso di una voce fuori campo alla cassa, per far a volte gelare il sangue.
La Guerra di Baba Roga è insieme molte cose: uno spettacolo di denuncia, un resoconto storico, un quadro verista di orrori inenarrabili che abbassano la dignità dell’uomo, un filo rosso famigliare che illustra la rovina della guerra lungo le radici di una famiglia. Nella sua glaciale semplicità riesce in tutti i suoi obbiettivi: che sia toccare le corde del cuore, insegnare, o anche solo ricordare.
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La Guerra di Baba Roga – – di Antonio Careddu, Lorenzo De Liberato, Paolo Zaccaria – ispirato a “Noi, criminali di guerra” di Giuseppe Zaccaria – In scena Paolo Zaccaria – produzione Il viaggiatore dalla luna / Concentrico Factory – con il sostegno di Nahìa APS – Fortezza Est dal 22 al 24 maggio 2025