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La gatta sul tetto che scotta: l’autopsia della verità, il falò della menzogna

Leonardo Lidi dirige una versione onesta e viscerale del capolavoro di Tennessee Williams, in scena al Teatro Vascello in tutta la sua ferocia.

Un ambiente asettico, astratto, essenziale. Una bambina che canta, corre, gioca. Un fantasma che vaga seminudo sul palco.

Una rappresentazione fuori dal tempo e dallo spazio.

Fausto Cabra e Valentina Picello

Leonardo Lidi e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, hanno scelto di abbracciare la missione di portare in scena La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams nella sua forma più viscerale. Lidi mette all’angolo gli orpelli della verosimiglianza e costruisce una scena scarna e allegorica, abitata da figure misteriose, messaggere di morte e verità. Un’accurata autopsia del tessuto familiare e dell’ipocrisia borghese.

La famiglia Pollit si riunisce in occasione di quello che potrebbe essere l’ultimo compleanno di Papà. Tra la preoccupazione per chi erediterà le sue fortune e il sincero interesse di pochi per la sua salute, vecchi conflitti si intensificheranno e dolorose verità riemergeranno prepotentemente. In primo piano il rapporto tra Margaret e il marito Brick, alcolizzato e depresso, devastato da un evento traumatico che non è riuscito a superare e metabolizzare. Prima Margaret e dopo Papà lo costringeranno a confrontarsi con la propria verità.

Si inizia con un miraggio di sincerità e innocenza infantile con Fly Me to The Moon del grande Frank Sinatra. “In other words, please be true. In other words, I love you.” Una chiamata alla verità, al candore dell’autenticità, in contrasto con i sotterfugi e le infrastrutture menzognere della società.

Il bianco domina completamente la scena, spezzato dai colori vivaci dei vestiti dei personaggi. Uno specchio è onnipresente e viene fatto volteggiare come telecamera e amplificatore della verità che sgorga dalle crepe della falsità. Anche il pubblico in questo gioco di riflessi è “ripreso” e coinvolto, entità presente, testimone di questo processo di analisi. Lidi con la sua regia suggerisce che  attraverso la finzione l’osservatore esterno è messo sotto scacco, con l’arte dell’inganno si ritrova ad assistere alla propria verità, a scoprirsi non più semplice spettatore ma protagonista.

Altro momento intenso la telecronaca dinamica del crollo emotivo di Skinner, giocata come una partita di rugby, disegnando un cerchio mortale che tutto risucchia. Altrettanto iconico l’annuncio delle reali condizioni di salute di Papà, dove la figura evanescente di Skinner si trasforma nel dottore, spettro di morte e messaggero di una verità ineluttabile.

Accurate soluzioni di regia danno infatti nuova linfa al testo e alla sua verità. Il vigore di una messa in scena dinamica e non scontata rendono questa versione molto interessante e dal fascino magnetico.

Valentina Picello è una Margaret la cui disperazione animalesca, l’impulsività sfrontata e la schiettezza crudele e sfacciata vomitano parole che sanno di un ultimo vano tentativo di salvare l’insalvabile. Lei vuole la verità, ma al contempo non ne accetta tutte le conseguenze e implicazioni, rifugiandosi nell’illusione di una risoluzione a lieto fine. La Picello è intensa e carnale, non una femme fatale che tenta di richiamare il fascino sensuale di Liz Taylor, ma una donna reale e imperfetta, dalla verve incandescente e la brutalità che colpisce nel segno.

Fausto Cabra interiorizza il malessere di Brick e lavora sul suo disordine emotivo di rimozione e rifiuto della realtà. Un’interpretazione incisiva che dipinge il ritratto di una sregolatezza alla ricerca assidua di un oblio capace di dipanare il dolore. La sensibilità di Brick emerge con potenza e delicatezza. Altro personaggio centrale è Papà, che deve a Nicola Pannelli un’ulteriore dose di carisma e profondità. Big Daddy è strafottente e sicuro di sé, ostenta sarcasmo e perfino volgarità, incurante dei sentimenti altrui. Eppure all’interno delle dinamiche familiari il suo atteggiamento diviene portatore di verità. Lui indaga con onestà la realtà delle cose e si interfaccia con dolcezza e compassione con Brick, verso cui ha una propensione particolare. Papà è forte, duro, l’uomo che si è fatto da solo, passando dalle stalle alle stelle. Eppure di fronte alla morte anche lui è inerme e terrorizzato. Gli altri personaggi sono più caricaturali e meno tridimensionali, seppure l’amore lamentoso di Mamma e la sua onesta disperazione ancora contengono delle sfumature interessanti, cosa che non si può dire di Mae e Gooper, privi di un arco narrativo vero e proprio, personaggi che si esauriscono nella propria avidità.

Rispetto all’edulcorata versione hollywoodiana torna in primo piano nel dispiegarsi della verità la questione dell’omosessualità e di un legame indissolubile e viscerale ostacolato dal pudore della società e dalla introiezione di essa. 

In scena al Teatro Vascello dal 20 al 25 maggio, con La gatta sul tetto che scotta bruciano menzogne e ipocrisie, bugie e bugiardi sono smascherati, le certezze messe all’angolo imploranti e la verità estenuata propaga finalmente  il suo fuoco furioso e lacerante. Le ceneri di un‘ineluttabilità amara si disperdono come palloncini nell’aria.

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La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams – regia Leonardo Lidi – traduzione Monica Capuani con Valentina Picello, Fausto Cabra, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Giuliana Vigogna, Giordano Agrusta, Riccardo Micheletti, Greta Petronillo, Nicolò Tomassini – scene e luci Nicolas Bovey – costumi Aurora Damanti – suono Claudio Tortorici – assistente regia Alba Maria Porto – Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale – Teatro Vascello di Roma dal 20 al 25 maggio 2025

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