Da Sant’Ilario a San Rocco, viaggio tra poesia e vento
Ci sono spettacoli che si consumano nel tempo di un pomeriggio, e altri che continuano a camminare dentro di noi. Da Sant’Ilario a San Rocco, l’itinerario spettacolare firmato Lunaria Teatro, andato in scena il 25 ottobre, appartiene a questa seconda categoria. Una passeggiata che diventa racconto, un modo nuovo di guardare il Levante genovese con occhi più ampi e consapevoli.
Il gruppo si raduna immerso in una luce inizialmente tiepida: qualche raggio di sole scalda i partecipanti e colora di riflessi i tetti, poi, lentamente, il cielo si vela. Le nuvole, come quinte teatrali, preparano l’atmosfera. Questa dinamicità luminosa accompagnerà l’intero percorso.
Quando la storica Marcella Rossi Patrone prende parola la geografia diventa memoria. Illustra le radici antiche di Sant’Ilario, la fatica silenziosa depositata nei muretti a secco e negli uliveti, cantati dall’autore ligure Giovanni Boine. Ed è proprio qui che Paolo Drago interviene con le parole dello scrittore, che sembrano nascere dalle pietre e che, ascoltate ai bordi delle crêuze, acquistano una densità arcaica. Ed ecco, un’immediata comunione tra letteratura e paesaggio.
Da questo punto in poi i due elementi ci accompagnano in un contrappunto vivo. La poesia Alle soglie di Guido Gozzano, in cui l’autore ironizza sulla morte e sul proprio destino, strappa sorrisi leggeri, complici della luce che si fa più incerta. Ad ogni sosta affiorano frammenti di identità: Remigio Zena, con la sua dignità contadina scritta nel volto dei liguri; Amalia Gugliemetti, voce femminile sottile, radicata come una pianta d’ulivo. Tra gradini antichi e odore di rosmarino, la poesia sembra uscire dalle pietre. Ci catapultiamo poi nel romanzo ottocentesco, a cui Drago dà voce leggendo la poesia Ad Annie che Carducci scrisse ad Annie Vivanti, la poetessa che fu musa e ferita, e di cui Marcella ne svela i retroscena sentimentali.
L’arrivo a San Rocco è un coronamento. Non c’è sipario, né platea: ci sono il cielo e il mare. Ci si guarda negli occhi e si comprende che questo momento rimarrà. Contornati da una luce mutevole, con i versi di Montale Fine dell’infanzia, il paesaggio diventa specchio del passaggio dall’età ingenua a quella consapevole.
Poi un sorriso collettivo inatteso, dedicato ai partecipanti da Paolo Drago, che estrae alcuni proverbi sulle olive: ironici, saggi, contadini. Frasi che possiedono la sapienza essenziale delle cose semplici. Un modo in cui il teatro trasforma la profondità in leggerezza, come un filo d’olio rende più fluido un pensiero.
Da Sant’Ilario a San Rocco è un atto d’amore per la Liguria, per i suoi poeti, per le sue pietre e per il suo mare, restituendo dignità al territorio e umanità al pubblico. Un frammento prezioso della rassegna Il mare di Shakespeare (e degli altri), capace di ricordarci che la cultura vive anche tra ulivi e crêuze.
Quando il gruppo si scioglie, ognuno porta con sè qualcosa: una frase, un profumo, un proverbio, un colore del cielo. E la certezza che, in Liguria, camminare è sentire.





