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La Cantata dei Pastori: dove il sacro incontra il riso

Da Perrucci a Peppe Barra: origini ed evoluzione della Cantata dei Pastori

Favola pastorale di argomento sacro e ispirazione buffonesca, la Cantata dei pastori (pubblicata nel 1698) è un capolavoro del teatro napoletano che ancora oggi rivive ogni anno durante le festività natalizie. La trama segue il periglioso viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme, costellato dalle insidie che i diavoli frappongono al loro cammino per impedire la nascita di Gesù; tuttavia, sotto la protezione del biondo arcangelo Gabriele, il bene trionfa infine sul male in un vivace agitarsi di pastori e cacciatori.

Gennaro Vallifuoco, La cantata dei pastori, 2000, Tavola ad inchiostro di china su carta.

Tra i personaggi spicca la figura di Razzullo, scrivano inviato per il censimento imperiale, la cui presenza nel luogo della Natività richiama l’immagine del Redentore deriso per amore dell’umanità. Composta originariamente con il titolo Il Vero Lume tra le Ombre da Andrea Perrucci, intellettuale di formazione gesuitica, l’opera nacque come spettacolo d’arte sacra con finalità educative. Ben presto, però, fu assorbita dalla tradizione popolare che ne stravolse i contenuti originali: il linguaggio barocco cedette il passo a una sferzante ironia e a Razzullo venne affiancato Sarchiapone, personaggio grottesco e oscuro della tradizione sotterranea.

I due, pur seguendo traccia del testo di Perrucci, improvvisavano secondo i canoni del teatro popolare, infarcendo la recitazione di espressioni e gestualità talmente audaci che, spesso, la rappresentazione veniva interrotta per oltraggio al pudore o vilipendio alla religione. L’opera fu così rielaborata “dal basso“, mantenendo vivi gli elementi del teatro rituale: dalle spettacolari acrobazie dei demoni ai lazzi dei due protagonisti, capaci di incantare il popolo dei “bassi“.

Per oltre due secoli la Cantata è stata rappresentata ininterrottamente nella notte di Natale, spesso con repliche doppie, nei teatri storici della città come il San Ferdinando, il Nuovo, il Partenope e la Fenice. Dal 1698 a oggi, si è confermata il testo più longevo del barocco partenopeo. Un punto di svolta fondamentale è avvenuto nel 1974 con la rivoluzionaria edizione di Roberto De Simone e la Nuova Compagnia di Canto Popolare: da allora, il personaggio di Razzullo è incarnato annualmente dal poliedrico Peppe Barra, che ha il merito di aver preservato un’eredità culturale che resta uno degli ultimi, straordinari esempi al mondo di teatro rituale.

Peppe Barra e Lalla Esposito nei panni rispettivi di Razzullo e Sarchiapone

Questa inesauribile energia teatrale si rinnova proprio in questi giorni al Teatro Trianon Viviani, dove l’ultimo allestimento con Peppe Barra e Lalla Esposito conferma la straordinaria attualità del capolavoro di Perrucci. Lo spettacolo, in scena fino al 4 gennaio, continua a unire le generazioni nel segno della meraviglia, dimostrando che il Vero Lume non ha mai smesso di brillare nel buio dei secoli.

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