A breve nelle sale, il nuovo film di Scorsese è già uno dei più discussi.
Killers of the Flower Moon, il nuovo film di Martin Scorsese nonché il primo a riunire i due feticci del passato (Robert De Niro) e del presente (Leonardo Di Caprio) del regista, uscirà il 19 ottobre in tutte le sale. Noi lo abbiamo visto in anteprima e, nonostante il dibattito in essere sulla durata (ben 3 ore e 26 minuti), è un film scorrevole e per la sua portanza di significato si può definire il più “politico” dei film di Martin Scorsese.
Il tema, tratto dal romanzo Gli assassini della terra rossa di David Grann, a sua volta una storia vera, ha un chiaro intento di denuncia nei confronti dei soprusi subdoli e violenti inferti dai bianchi nei confronti dei nativi americani. La storia è del tutto non convenzionale: una tribù di pellerossa, gli Osage, si ritrovano sotto i piedi un importante giacimento di petrolio. Il momento è propizio perché siamo negli anni ’20 in Oklahoma e il petrolio è una fonte di ricchezza senza precedenti.
Contrariamente a come la storia statunitense ci ha insegnato, questa volta i nativi si attrezzano come meglio non potevano con un sistema di concessioni che permettesse loro di guadagnare come proprietari terrieri, sfruttando però l’avanguardia tecnologica di estrazione del petrolio inventata dai bianchi.
In pratica i latifondisti sono gli indiani e la manodopera è bianca. A questo punto si apre un nuovo scenario antitetico rispetto alla storia dei nativi, sempre sfruttati e oppressi fin dal 1492. Ora loro sono i ricchi proprietari e si godono i loro soldi a scapito degli altri. Ma questa situazione vacilla fin da subito, poiché i grandi uomini d’affari statunitensi, vuoi la corsa al dollaro, vuoi il razzismo dominante, non avrebbero permesso questo stato delle cose.
Inizia così un lungo processo di privazione subdola dei territori, giocando nelle zone d’ombra del diritto con matrimoni combinati tra bianchi e pellerossa per ereditare concessioni.
Burattinaio di questa pervasiva operazione è lo zio (o il re) William Hale (Robert De Niro) che crea una fitta rete di matrimoni tra Osage e suoi nipoti, tra cui Ernest Burkhart (Leonardo Di Caprio), che gli permetterà un giorno di mettere le mani su quei terreni così remunerativi. La situazione degenera in omicidi premeditati e nel tentativo di insabbiarli.
Si tratta di una forte presa di posizione di Martin Scorsese, uno dei registi più influenti della storia del cinema, che non solo denuncia i soprusi e gli omicidi inferti dai suoi amati Stati Uniti, ma lo fa mettendoci la faccia. Prende i suoi due attori simbolo e li distrugge, così come distrugge se stesso. Un film di denuncia sulla questione nativo-americana così potente non si vedeva dai tempi di Soldato Blu (1970). Con la determinante differenza che nel Far West il capitalismo è nella sua fase embrionale (dunque in Soldato Blu, i motivi del conflitto sono di carattere razziale e imperialistico), mentre nel film di Scorsese è il motivo principale dell’estinzione Osage.
Dal punto di vista estetico inoltre, Scorsese sembra aver reagito al modo di fare cinema di autori contemporanei. L’impressione è che abbia fatto sua la nuova forma estetica dei registi che ora dominano la scena hollywoodiana, su tutti Wes Anderson e Quentin Tarantino. Scorsese si dimostra un regista in continua evoluzione, sia nella forma sia nei generi (Shutter Island docet).
Scorsese è Raffaello che risponde e rielabora le influenze di Michelangelo e Leonardo.
Killers of the flower moon – regia di Martin Scorsese – Sceneggiatura Eric Roth e Martin Scorsese – Con: Leonardo Di Caprio, Robert De Niro, Lily Gladstone, Brandon Fraser, Jesse Plemons, Louis Cancelmi, Larry Sellers – Musica di Robbie Robertson – Prodotto da Apple Studios e Imperative Entertainment – Anno 2023 – Dal 19 ottobre nei cinema italiani.