Quando il premio Oscar Clint Eastwood, attore, regista, produttore ma anche eccellente pianista jazz gli dedicò un film Bird, presentato fuori concorso fra gli eventi del festival di Cannes era il 1988. Omaggio alla straordinaria vita musicale del sassofonista di colore Charlie Parker, interpretato sullo schermo da par suo da Forest Whitaker, che per quel film vinse l’Oscar. Parker insieme a icone come Dizzie Gillespie e al trombettista bianco Red Rodney sono stati i pionieri del bebop.
Tra i musicisti che collaborarono con Parker va ricordato Earl Lavon Freeman, figura leggendaria del sassofono che assieme a Gene Ammons, fu uno dei fondatori della Scuola tenoristica di Chicago. L’eredità musicale di Earl è stata raccolta dal figlio Chico, che domani 19 gennaio sarà all’ AlexanderPlatz Jazz Club di Roma, un evento immancabile per gli appassionati. Accanto a Freeman musicisti del calibro del batterista Ronnie Burrage, Michael Wierba al piano e Darryl Hall al contrabbasso. Il resto per chi ama il jazz e non soltanto, sarà una vera festa del rhythm and blues.
Figlio d’arte, nato nella capitale dell’ Ilinois, dove la sua famiglia ha fatto la storia del jazz (senza dimenticare un altro chicagoano doc come Herbie Hancock), che negli anni cinquanta si esibivano con Charlie Parker come gli zii George e Bruz, chitarra e batteria.
E a proposito di sassofonista d’oro in Italia, il mondo del jazz ricorda quello di Fausto Papetti che il 28 gennaio avrebbe compiuto cento primavere. Lo ricorderà a Fiumicino a pochi passi da Roma, il Museo del Saxofono con una serie di mostre, concerti e con l’esposizione dello strumento appartenuto all’artista.
«Fausto Papetti e il suo sax, hanno infiammato», come scrive Enrico Sisti di Repubblica , «i cuori della generazione dei fiori che fra una jam session e i Beatles amavano la musica che non ti faceva pensare ma ti rapiva».
Papetti (suonò nel suo periodo jazz anche con Chet Baker),che riuscì a piazzare ben 29 album nella Hit Parade italiana (superando Mina e i Pooh), ha dominato le classifiche degli anni sessanta e settanta che parlavano di musica e di ragazze discinte che caratterizzarono le copertine dei suoi dischi abbarbicate, come sottolinea saggiamente Sisti, a un sax, che fece sognare un’intera generazione.