A Teatrosophia Lomoro e Borgese costruiscono una messinscena dove ogni silenzio, ogni respiro, ogni contatto ha un peso emotivo straordinario
All’apertura dello spettacolo, il pubblico accede in sala avvolto dal suono dell’acqua. Sul fondo del palco, un’onda stilizzata si avviluppa su sé stessa, costante e quasi ipnotica, introducendo a un mondo in cui il mare diventa memoria, desiderio, ferita. Su questo palcoscenico essenziale, si muovono Diego e Mirko: due corpi, due solitudini che si cercano e si temono. Diego osserva, trattiene, analizza; Mirko si lascia travolgere, gioca con il rischio. L’acqua – evocata più che rappresentata – diventa materia simbolica del loro incontro: un luogo dove ci si affonda, ci si riemerge e si tenta di imparare a respirare.

La loro storia inizia come un contratto. Diego, uomo agiato ma impacciato nel mostrarsi, incontra Mirko, giovane escort abituato a vendere ciò che non sa più donare: amore. Ciò che doveva rimanere un accordo a pagamento si trasforma lentamente in un legame complesso, fragile e necessario. Nella stanza dove si incontrano – rifugio, carcere e confessionale insieme – si consuma un rapporto che sfida le definizioni: non è amore romantico né semplice dipendenza, ma un continuo oscillare tra possesso e resa.
Guido Lomoro, autore e regista del progetto, sceglie di raccontare questa intimità con una scrittura limpida, capace di fondere realismo e lirismo. Nessuno dopo di te, testo interamente firmato come autore e regista – diventato un libro che raccoglie sia le poesie ascoltate durante la pièce, sia i bozzetti dei movimenti scenici – nasce da un percorso di ricerca sul linguaggio del corpo e sull’autenticità del gesto. Il teatro diventa così spazio d’ascolto, dove la parola dialoga con il silenzio e il movimento con la poesia.
La drammaturgia si muove su tre piani espressivi: il dialogo quotidiano, la parola poetica e il linguaggio fisico. Ed è proprio quest’ultimo, grazie al lavoro coreografico di Maria Concetta Borgese, a restituire la dimensione più intima dello spettacolo. Bruno Petrosino (Diego) e Tiziano Di Sora (Mirko), pur non essendo artisticamente ballerini professionisti, hanno saputo assimilare con magistrale attenzione i movimenti richiesti dalla Borgese, traducendo in gesti pieni di intensità emotiva le indicazioni ricevute. I loro corpi si intrecciano, si scontrano, si lasciano cadere in una danza trattenuta, fatta di carezze interrotte e prese improvvise. La coreografia non illustra: rivela. Ogni movimento diventa confessione, ogni contatto un pensiero che non riesce a farsi parola, dove il non-detto parla in maniera assordante.
Dei due personaggi, conosciamo quasi subito il nome di Mirko, mentre per sapere quello di Diego occorre attendere qualche passaggio recitativo. Questa scelta drammaturgica segna un passaggio sottile ma potente: nel momento in cui Mirko chiama Diego per nome, quest’ultimo non è più “il cliente”, ma inizia a diventare qualcuno di diverso.
Petrosino e Di Sora affrontano con coraggio un testo che richiede verità prima ancora che tecnica. Il loro dialogo fisico, quasi animale, costruisce una tensione costante. Petrosino dà vita a un Diego tenero e tormentato, impacciato nel chiedere amore ma incapace di smettere di desiderarlo; Di Sora restituisce a Mirko una fragilità fiera, destinata a svanire nella scena finale, nella resa totale a Diego e al loro legame, rappresentata con il mostrarsi nudo e senza schermature. L’energia trattenuta di Mirko implode lentamente, rivelando il suo vuoto e la delicatezza dei legami umani. La loro intesa è palpabile, un equilibrio raro di pudore e abbandono, che cattura lo spettatore in uno spazio raccolto come quello del Teatrosophia.
La recitazione attraversa un ampio spettro di toni, dai sussurri agli scoppi di voce nei momenti in cui il disagio e il malessere tra i due esplode. La scelta di far recitare gli attori in solo slip impone un uso pieno della loro corporeità, senza maschere: ogni gesto, ogni movimento muscolare, ogni espressione del volto – accigliato, arrabbiato, follemente innamorato – trasmette al pubblico gioia, gioco, dolore. Qui emerge chiaramente il lavoro drammaturgico di Lomoro, sposato con totale naturalezza dai due interpreti. Ad imprimere ancor più forza, intensità, drammaticità, ma anche momenti di leggerezza come il gioco della palla o il nascondino, un abile disegno delle luci ideato e realizzato da Gloria Mancuso.
In uno spazio così raccolto, quale quello di Teatrosophia, dove nulla può essere nascosto, l’onestà scenica diventa condizione imprescindibile. È un teatro senza trucchi né veli, dove la distanza tra chi guarda e chi agisce si annulla, e lo spettatore respira l’intimità dei protagonisti. Lomoro dirige con misura e precisione, evitando ogni compiacimento e lasciando agli attori la libertà di costruire la verità delle proprie emozioni. Pur nascendo dall’incontro tra due uomini, Nessuno dopo di te è una riflessione universale sul bisogno di essere visti e accettati, sulla paura di esporsi e sulla difficoltà di amare senza difese. La camera-prigione dove Diego e Mirko si ritrovano diventa metafora di ogni spazio in cui l’amore resta nascosto: un luogo insieme di conforto e prigionia. Se fossero un uomo e una donna, cambierebbe poco. Ciò che conta è la loro umanità disarmata, il desiderio di toccare qualcosa che duri oltre il corpo, oltre la pelle.

La sera del 22 ottobre scorso la sala di Teatrosophia era piena oltre la capienza naturale e il pubblico ha tributato, a fine rappresentazione, applausi lunghi e convinti sia gli attori sul palco, quanto a Guido Lomoro e Maria Concetta Borgese per il lavoro prodotto. Nessuno dopo di te già rappresentato in precedenza ma con altri interpreti, ottenne un grande successo in giro per l’Italia. Oggi ritorna a Teatrosophia, dove sarà in scena fino al 26 ottobre prossimo, registrando già tutte le serate sold-out. La valenza del testo, della drammaturgia, in buona sostanza di tutta l’opera, si misura anche dal fatto che, pur cambiando gli interpreti, Nessuno dopo di te continua a riscuotere amplissimi consensi.
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Nessuno dopo di te – scritto e diretto da Guido Lomoro, coreografie e movimenti scenici Maria Concetta Borgese, con Tiziano Di Sora e Bruno Petrosino, disegno luci Gloria Mancuso, Teatrosophia 22 ottobre 2025
Foto ©Grazia Menna





