Abbiamo raggiunto ed intervistato Enzo Mauri, speaker e conduttore radiofonico, protagonista nel settore della radiofonia da oltre quarant’anni, scrittore e conduttore tv, autore di una trilogia dedicata al mondo della radiofonia nazionale e delle prime radio libere italiane (Quelli della radio, 2019, Qui radio libera. Appunti e racconti degli anni che sconvolsero l’FM nel 2020 e Voci alla radio. Storia della FM raccontata dai protagonisti, 2022).
La sua ultima creatura, il suo ultimo libro si intitola Quei favolosi 70, Porto Seguro Edizioni, un saggio, un libro dei ricordi sulle abitudini, gusti, oggetti e naturalmente sulla cultura che ha caratterizzato quegli iconici anni contraddistinti da tante ombre ma anche da numerose luci di novità, oggetti di culto, sperimentazioni, esplosioni musicali (il rock esprime il disagio giovanile e la denuncia sociale ma la discomusic la voglia di evasione e divertimento), tratteggi emozionali, innovazioni, cambiamenti per i giovani, luoghi di ritrovo, nuovi linguaggi. Ed è un tornare indietro di 50 anni: allora come oggi un periodo politicamente agitato, inflattivo e conflittuale: gli equilibri geopolitici traballano ancora esattamente come allora ed esisteranno forse, molto probabilmente, nuovi blocchi e isole economiche; la crisi energetica allora come oggi e si torna a parlare di ambiente in maniera ancora maggiormente esponenziale. Gli anni 70 sono stati anche una vera esplosione di creatività, novità, in grado di esprimere cultura, simboli e icone divenute intramontabili. Non solo “anni di piombo” ma anche anni di crescita sociale, di lavoro messo al centro di tutto, di leggi come quelle sul divorzio e sull’aborto ma anche sulla maggiore età che nel 1975, per esempio, viene anticipata ai 18 anni. Crisi e ristrutturazione, dunque.
Enzo Mauri ci porta e ci trasporta in quegli anni difficili ma anche romantici, pieni di estrema artisticità e creatività: i bambini ed i ragazzini di allora hanno impresso nella memoria, con un filo di nostalgia, tutti gli oggetti, i giochi, le figurine, i fumetti, la musica, le trasmissioni televisive e radiofoniche, i dischi e le cassette, le automobili.
Parliamo del tuo ultimo libro “Quei favolosi 70”: come nasce il libro, come l’idea creativa? Sei un meraviglioso inguaribile nostalgico?
Il libro riporta come sottotitolo proprio: “Diario un inguaribile nostalgico” e nasce dalla mia collaborazione pluriennale con il sito 70-80.it dove io e miei colleghi ci divertiamo a scovare curiosità relative a quei due decenni. Gli anni ’70 poi, sono quelli che per molti di noi hanno significato il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, da qui il sentimento di nostalgia legato a un’epoca che non tornerà più e che qualche volta capita ancora di ricordare con una lacrimuccia appena accennata sul viso.
Cosa hai voluto raccontare degli anni 70? Hai lasciato le ombre degli scontri di piazza e della lotta di classe per ricordare anni iconici, in cui tante novità arrivarono tra oggetti, musica, usi e costumi?
L’aspetto drammatico di quel periodo legato al terrorismo e agli scontri di piazza che gli è valso la definizione di “anni di piombo” l’ho voluto mettere da parte, risaltando semmai i lati migliori. In un certo senso gli anni ’70 sono stati l’anticamera dell’epoca moderna con i primi accenni di tecnologia che verrà meglio sviluppata nei successivi ’80 e ’90. Ho voluto sottolineare però anche alcuni aspetti della società di allora, di quando la scuola iniziava il primo ottobre, i bambini giocavano a “campana” in cortile e in macchina grazie alle autoradio si ascoltavano le prime radio libere.
Ti sei dedicato quindi alle “luci” degli anni ‘70
Esattamente, la società italiana all’epoca godeva di una vasta rappresentanza giovanile, in contrapposizione a quella attuale contraddistinta da un’alta percentuale di anzianità. Tutti quei giovani avevano voglia di divertirsi e dire la loro e non si può certo dire che il decennio ’70 non gliene diede occasione con l’esplosione di innumerevoli mode, prime fra tutte quelle musicali.
Quali sono stati gli oggetti più iconici? La copertina del libro mostra la mitica “cassetta”
Quanti di noi all’epoca usavano le cassette per registrare le canzoni preferite? Con i registratori di allora chiamati magnetofoni, durante le feste in famiglia ci si divertiva a incidere le voci dei propri cari, oppure si registravano i programmi della radio. Le audiocassette rappresentano uno dei simboli del periodo e c’è gente che le conserva ancora come fossero cimeli. A proposito ringrazio i ragazzi di Porto Seguro per questa scelta che è tutta farina del loro sacco, quando mi hanno proposto quella che p sarebbe divenuta la copertina del libro ho subito accettato. Quanto agli altri oggetti che andavano per la maggiore a farla da padroni erano i giradischi portatili, ma anche le macchine fotografiche Polaroid, senza dimenticare i jukebox collocati nei bar e nelle località di mare da cui partivano le note dei successi da hit parade.
La musica fu travolgente, tra il rock e la disco (nel 1977 venne addirittura coniato il termine “travoltismo”, dall’iconico film La febbre del Sabato sera)
Nel libro c’è un capitolo intero dedicato a La Febbre del sabato sera, film e colonna sonora, con alcuni gustosi aneddoti su come nacque quel progetto. Il fenomeno partì dagli Stati Uniti alla fine del 1977 per poi allargarsi a macchia d’olio in tutto il mondo, Italia compresa. Sul filo della disco music nacquero centinaia di sale da ballo molte delle quali improvvisate, dove i giovani si divertivano a calcare le orme di Tony Manero-John Travolta. Mi ritengo fortunato ad aver vissuto quel periodo, perché nacque un modo di concepire e godere la musica che purtroppo al giorno d’oggi è andato perso.
Da quale punto di vista affronti questo libro?
Dal punto di vista di un inguaribile nostalgico e ottimista, perché pur avendo attraversato brutti momenti anche in quel periodo non mi sono mai perso d’animo e ho continuato ad andare avanti e poi in quegli anni è nato il mio grande amore per la radio.
E’ il tuo 4’ libro, ti stai dedicando maggiormente alla scrittura rispetto alla radiofonia dal punto di vista tecnico?
Per me la radio resta sempre un obiettivo irrinunciabile tant’è vero che nei precedenti libri mi sono divertito a raccontarne i molteplici aspetti. Il fatto che ora mi stia dedicando di più alla scrittura è solo un caso, una fase della mia vita che spero si concluda con una bella soddisfazione personale.
Secondo il tuo pensiero, cosa sanno oggi i giovani degli anni ’70 e come li guardano?
Gli anni ’70 sono per i giovani d’oggi come un periodo storico lontano che in qualche modo li affascina. Con la tecnologia che abbiamo oggi non riescono a capire come cinquant’anni anni fa si riuscisse a vivere serenamente senza computer e smartphone, eppure era cosi. Proprio questo aspetto è uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere il libro, ho voluto raccontare quel decennio non solo a quelli che lo hanno vissuto ma anche ai ragazzi per fargli comprendere che pure in quell’epoca vivere non era cosi male.