Fra arte ed emozioni, l’artista si racconta
Carla Pugliano, di Varese, è una pittrice eterogenea in ogni sfumatura emotiva che mette su tela e nel suo personalissimo modo di esprimersi artisticamente. Si ispira a un surrealismo che lascia fluire tocchi di incantevole elevazione raffigurativa. Raccontarla attraverso un colore risulterebbe difficile perché bisognerebbe sceglierne almeno due, due che siano contrastanti fra loro. Lei ha più anime, punti delicati e altri incandescenti, perciò ci vorrebbe un azzurro pastello rilassante e un rosso carminio fiammeggiante.
Carla ha partecipato a importanti mostre nazionali e internazionali, affermando la sua presenza di rilievo nella scena artistica contemporanea, tra cui la Biennale di Lisbona – Arte Cristà 2023, la XIV Florence Biennale 2023, la Biennale di Milano – International Art Meeting e la Milano Art Design Week. Le sue opere sono state esposte in istituzioni di grande prestigio come la Fondazione Modigliani di Roma, Villa Reale di Monza, Museo del Cedro di Santa Maria del Cedro, l’Ambasciata del Bahrein a Roma, il Museo dell’Acqua di Laveno e la Galleria Milanese – Brera.
Da dove arriva l’ispirazione per i tuoi lavori?
L’ispirazione nasce dalla volontà di rappresentare emozioni umane, sentimenti, percezioni e sensibilità di anime un po’ fragili. Qualcosa che ho vissuto o che ho percepito in contesti difficili conosciuti attraverso altre persone. Emozioni vere, profonde, intime, che ci uniscono tutti perché in un modo o nell’altro tutti le proviamo, le abbiamo sperimentate, le vivremo oppure le potremmo cogliere negli altri. La sensibilità umana è innata anche se poi abbiamo una facciata legata alla quotidianità del vivere. Infatti l’ultima mostra che ho fatto a Roma l’ho intitolata Mimesis, un termine filosofico usato dagli antichi Greci per definire l’origine e l’essenza dell’arte che, in linea con gli studiosi contemporanei, sottintende la rappresentazione nel senso di mettere in scena uno stato d’animo. Implica da un lato la raffigurazione di quello che si vuole rappresentare e dall’altro la fruizione da parte dell’osservatore che si cala in un contesto contemplativo e partecipativo, tanto da determinare un’identificazione con la rappresentazione stessa.
Cos’è che l’arte fa nascere dentro di te?
L’arte fa nascere in me il desiderio di entrare in una dimensione diversa, lontana dal reale, dalla quotidianità del vivere, da ciò che si vede in maniera tangibile all’esterno. Mi fa compiere ogni volta un viaggio profondo dentro me stessa, un viaggio nella contemplazione, nella riflessione più intima. Si entra in un mondo che non si riesce a spiegare a chi non vive una passione, che può essere una qualsiasi passione, la scrittura, la creazione di sculture, qualsiasi cosa. Ci si allontana da tutto e si entra proprio in quella dimensione. Entrarci e uscirne comporta un certo coinvolgimento emotivo, in entrambi i casi. Quando si realizza una nuova tela c’è sempre una dolce paura, una sensazione di impotenza nel non sapere cosa accadrà su quella tela. La tela a un certo punto, mentre la stai realizzando, prende una sua via, come se avesse un’anima propria. Succede che l’idea che volevi realizzare all’inizio si evolve, man mano che produci la tela, essa prende una sua direzione, dirige il tutto e tu devi lasciarti guidare, assecondarla. Per te il quadro non sarebbe mai finito, ma c’è un attimo in cui una sola pennellata in più sarebbe di troppo, il punto sulla tela te lo dice la tela stessa, come se volesse fermarti dicendoti “basta non toccarmi più, sono io, sono così”
In che luogo preferisci dipingere? Cosa rappresenta per te quel luogo o quei luoghi?
Il luogo è importante, devi sentirti a casa tua, dove ritrovi emozioni che ti prendono e ti portano a compiere un atto creativo dentro di te. E’ un ambiente intimo, ci sono i tuoi colori, c’è l’odore dell’olio che usi e della vernice. È una casa fatta di tutta la materia di cui si compone l’arte, perché arte è anima, esigenza creativa, materia che si trasforma e che puoi modellare. Tutti i sensi sono coinvolti, anche l’udito. Di solito a ogni tela associo una musica che continuo ad ascoltare, come ho fatto con il quadro “Lacrimosa” infatti ascoltavo sempre Mozart e con questa melodia ho iniziato, costruito, lavorato e completato il quadro.
Nei corpi femminili che dipingi c’è qualcosa di te nei loro volti e nei loro lineamenti?
Se ho esigenza di una posa specifica, per esempio se ho bisogno di rappresentare un braccio messo in un modo particolare, utilizzo la mia persona per riprodurre ciò che voglio simboleggiare. Mi dicono spesso che i volti hanno qualcosa di me, ma io non riesco a vedermi. Si dice che ogni dipinto e un po’ un autoritratto nel senso più figurato del termine, non che debba per forza corrispondere alla fisionomia della persona che lo dipinge, però mi rendo conto che qualcosa in questo è vero, infatti a volte mi sorprendono dicendomi “questa parte è tua, questa sei tu” e probabilmente è un po’ l’anima che emerge. Sì c’è qualcosa di me.
In molte delle tue tele emergono degli stati d’animo, quali di questi hai provato tu stessa e quali invece hai rappresentato senza averli vissuti?
A volte capita di cominciare a dipingere senza conoscere il motivo per cui si dipinge un tipo di corpo in una specifica posizione associato a determinati simboli. Avviene una catarsi completa, non sempre si agisce in maniera cosciente rispetto a quello che poi emerge sulla tela, solo dopo averla elaborata e completata, guardandola e osservandola, capisci che in realtà volevi rappresentare un tuo stato d’animo di quel momento. Gli stati d’animo che hai vissuto è difficile esternarli, gli altri non per forza. “L’inquieta”, in cui al centro c’è una figura di ragazza con i capelli rossi, mezzo busto, per me ha rappresentato una provocazione. Cercavo un mio equilibrio nel mescolare la tecnica, quindi la parte accademica che ricerca con pazienza velature nella costruzione dei toni della pelle, di un volto e di un corpo, a quella parte istintiva, impulsiva, astratta. C’era esigenza di questi due opposti: il giallo e il nero. Il colore rosso invece rappresenta un vaso con dei fiori, ovviamente non reali ma fatti di schizzi di colore. Al quadro sono abbinati due astratti completi che si chiamano “Rubrus” e “Flavus”, creati in un secondo momento, proprio perché volevo mettere in evidenza i colori e la voglia di materico che avevano fatto emergere il primo quadro.
Altri sono Nemesi blu e Nemesi arancio. In Nemesi blu c’è una donna che esce dalla materia, dal colore. C’è lo stesso criterio, quasi a ricordare a me stessa che la figura nasce dalla parte materica, ossia la mia tavolozza dove i colori sono puri e palpabili. È come se questa figura uscisse dal colore, uscendo letteralmente dalla tavolozza di colori.
Emotivamente parlando, ti sei sentita in modo differente nel dipingere stati d’animo vissuti in prima persona rispetto a quelli che non hai vissuto?
Sì, vivere questi stati d’animo ti permette di fare introspezione, di conoscerti anche un po’ di più, nel bene e nel male. Quando vai a fondo dentro di te ci sono delle cose che ti piacciono, altre di meno, altre che vorresti cambiare, altre che ti tormentano o che invece ti danno energia e forza. C’è una maggiore consapevolezza, questo ti fa evolvere sia a livello artistico sia a livello personale.
Hai già in mente prossime esposizioni o progetti futuri?
Dopo aver fatto un po’ di mostre ultimamente, sicuramente sono evoluta e cresciuta, di conseguenza c’è tutt’ora il costante desiderio di dipingere molto, magari con nuove idee. Continua perciò la mia voglia di fare nuove mostre e di spingere sull’evoluzione artistica che mi porto dietro.