Nel nuovo film di Edoardo De Angelis, Pierfrancesco Favino dà vita ad un altro personaggio della storia italiana senza togliere spazio ai suoi “sottoposti”.
Pierfrancesco Favino il trasformista d’Italia. Spostarsi tra dialetti, accenti e lingue straniere per interpretare figure dalle variegate origini è ormai la prassi per l’attore romano. Basti ricordare gli ultimi tre titoli interpretati nella sua carriera recente, appena prima dell’attuale Comandante: Nostalgia (2022), Il colibrì (2022) e L’ultima notte di Amore (2023).
Questa volta è il turno del comandante di sommergibile veneto Salvatore Todaro, autore dell’encomiabile atto di salvataggio di una ciurma di naufraghi belgi rei di aver aperto il fuoco sul suo mezzo durante gli scontri “mondiali”.
Ma c’è ben più dell’eroismo dietro all’impresa samaritana e compassionevole dell’ufficiale di marina. Alla radice gli incrollabili principi e convinzioni di un uomo di mare.
Fin dalla sequenza di apertura, che incapsula già in sé tutte le coordinate necessarie, il rapporto di Todaro con le acque marine si manifesta in tutta la sua grandezza e complessità. Quella che sarebbe dovuta essere la morte, precipitando in acqua con un idrovolante, testimonia la volontà del mare di mantenere l’ufficiale di marina in vita, disabile ma non abbastanza da impedire un eventuale rientro in servizio, per poterlo un giorno richiamare a sé.
Un film deliberatamente privo di ritmo, che a partire dal primo, eterno carrello lungo tutta l’estensione del sommergibile rivela l’intento di comunicare la lentezza delle infinite giornate all’interno del mezzo da immersione, in cui non esiste giorno né notte, la vita scandita soltanto da pasti e turni di lavoro. Una narrazione così dilata da non rendere chiaro il suo obiettivo per oltre metà pellicola, se non quello di illustrare la tediante vita sottomarina.
Se la componente temporale tradisce dunque chiaramente la propria funzione, quella spaziale non risulta altrettanto prevedibile. Nonostante l’esiguità dello spazio vitale di un sommergibile, il film non intende essere claustrofobico, quanto piuttosto rivelatore dell’inaspettato clima di solidarietà instauratosi in un tale ambiente limitato, a dispetto delle diversità, le ardue condizioni, i disaccordi e i sabotaggi. Una realtà altra dove differenze culinarie e culturali, contro ogni aspettativa, sono divenuti fattori di unione piuttosto che divisione. Strumenti per ritrovare i tratti di un’umanità comune.
Non stupisce allora che la pellicola, apparentemente intesa a mantenere al centro della sua narrazione la figura protagonista, a tratti assuma le connotazioni di un film corale, raccontato nelle soggettive e i flussi di coscienza non solo del comandante ma di differenti personaggi, anche minori, fino a fantasmatiche riflessioni di marinai eroicamente caduti e false soggettive dalla coperta del sottomarino.
Tale impronta rinforza quell’idea di una comunità costituita dalle persone che vivono in mare, non importa se appartenenti a schieramenti alleati o nemici, tutti dalla stessa parte. Convinzione, ormai l’abbiamo capito, alla base dell’improbabile gesto di Todaro.
Così, se il film si apre con una soggettiva del comandante, in caduta libera, apparentemente in rotta verso la morte, la chiusura appartiene alla soggettiva del periscopio, che ci parla di uno sguardo non singolo ma appartenente all’intero equipaggio, diretto verso il proprio destino, qualunque esso sia. Una sorta di soggettiva corale.
Perché in mare nessuno è mai solo.
Comandante di Edoardo De Angelis – Con Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh, Arturo Muselli, Giuseppe Brunetti, Gianluca Di Gennaro, Johannes Wirix, Silvia D’Amico – Anno 2023