Il vuoto pieno di danza e di vita

Michela Pegoraro porta il suo primo lavoro coreografico al Teatro Comunale di Vicenza

Quando la danza materializza e rende reale una dimensione, un vissuto personale diviene difficile raccontarla, tradurla in parole. È l’interprete ad essere al centro, la sua interiorità parla attraverso il corpo, i movimenti. Della storia vera e propria, celata tra i passi, si sa poco o nulla. Sabato 22 marzo 2025, al Teatro Comunale di Vicenza per la sezione Danza in Rete Off del Danza in Rete FestivalMichela Pegoraro ha portato sul palco la sua performance, in prima nazionale, un lavoro plasmato sulla sua stessa vita e su se stessa.

@TeatrocomunalediVicenza

Guida al vuoto_pieno – La natura del vuoto, semifinalista al Premio Prospettiva Danza 2024 e selezionato a Visioni Intime06 2024, Festival Racconti di Altre Danze, conduce lo spettatore all’interno di uno spazio e di un tempo quasi spirituali, fatti di silenzi e di movimenti, di suoni particolari e di cambi di luce. Il vuoto è esperienza di vita, arriva quando sopraggiunge un evento, uno strappo, un dolore, una mancanza. Anche, e in modo particolare, un lutto.

Il vuoto chiede, allora, un’immersione profonda. Emerge la necessità di scavare a fondo, indagare, cercare: fare e farsi spazio per incontrare le emozioni, riappropriarsi di sensazioni, di frammenti personali, di silenzi. Scendere e riemerge all’interno di se stessi con la consapevolezza che ri-abitare il proprio vuoto significa ricominciare, riprendersi spazi, momenti, colmare di nuova pienezza l’assenza sopraggiunta.

Questo vuoto sul palco è stato impersonato da Marco Ciscato che, con l’accompagnamento del didgeridoo (strumento a fiato di origine australiana) e di altri suoni molto particolari (diapason, rintocchi ma anche la propria voce, il battito delle mani), ha affiancato la danzatrice durante la coreografia. I rumori e la musica creata sono stati parte dell’atmosfera e della danza, hanno scandito, unito il corpo e lo spirito, contribuendo a quella ricerca interiore, a quello svisceramento necessario alla scoperta, al riconoscimento.

Vestita con una maglia verde e pantaloni neri, cambiati poi in tonalità più chiare, in modo molto essenziale e naturale, Michela Pegoraro ha dialogato con il concetto di vuoto e di pieno, di mancanza e completezza, sintonia e contrasto: cos’è questo vuoto, questo deserto a cui la vita obbliga, quella solitudine fondamentale per poter fare ritorno a se stessi? Non c’è risposta, ma solo intuizioni nate dall’esperienza, dall’ascolto della propria umanità, della propria fragilità davanti agli eventi.

Michela Pegoraro ha messo in primo piano la sua fisicità, con movimenti lenti e altri più concitati, con le continue entrate e uscite dalla luce e dal buio; è stato, di fatto, un intimo dialogo con se stessa, mosso dai suoni, dalle vibrazioni e dai silenzi creati da Marco Ciscato.

Questo spettacolo potrebbe ricordare alcune righe scritte della poetessa Chandra Candiani nel suo Il silenzio è cosa viva (Einaudi, 2018). Il suo senso personale di vuoto, la sua necessità in queste parole: “ci vuole intimità con questo vuoto per sapere che niente va perduto, che il vuoto è creatore, informa, vibra, trasmette, accoglie, fa sentire a casa. Come in un insegnamento zen che invita a percepire prima il silenzio tra due note musicali, poi il silenzio delle note stesse. Posso entrare in contatto non solo con il vuoto perspicace tra due pieni, tra me e te, ma anche con il vuoto di te, di me, con il soffio senza nome e senza forma che ci fa. Sembra molto mistico, ma l’esperienza è fisica, corporea, bambina. È qualcosa che conoscevo da piccola correndo. (…) Ma il mio segreto era che non volevo schiene davanti, puntavo al vuoto, volevo solo spazio davanti a me, allora non è più che corressi, ero corsa, scivolavo in avanti a petto spalancato verso un’apertura. Quando la ripetizione e la forzatura o peggio la competizione hanno cercato di prendere il posto di questa esperienza, ho perso ogni gioia e non ho più saputo correre così forte, perché non sapevo di aver perso il vuoto. Ma è rimasta l’esperienza di giocarmi solo per il grande spazio, di rinunciare alle esperienze che mi chiedono poco, che mi chiedono una perdita di vastità.”

Michela Pegoraro - Guida al vuoto_pieno

La vita è fatta di momenti di perdita, di lacerazioni, di vuoti immensi che non vanno soffocati per paura di farli parlare, ma vanno abitati, lì si percepisce quella vastità, quella sintonizzazione fisica e interiore: è questo uno dei possibili insegnamenti di Guida al vuoto_pieno – la natura del vuoto, tratto dalla vita stessa della sua danzatrice, esperienza vissuta trasformata attraverso la danza, ma capace di parlare il linguaggio universale dei sentimenti e delle emozioni. Ognuno ha il proprio vuoto, siamo corpi sofferenti e segnati ma tutti sentiamo il fondamentale bisogno di comprenderlo, di esserci dentro ritornando così alla vita. 

Guida al vuoto_pieno – La natura del vuoto – coreografa e danzatrice: Michela Pegoraro – musicista (didgeridoo, campana tibetana e voce): Marco Ciscato – tecnico luci: Alberto Salmaso – produzione: Compagnia Naturalis Labor – Teatro Comunale di Vicenza sabato 22 marzo

Immagine in evidenza / di copertina: @TeatrocomunalediVicenza