di Andrea Cavazzini
Con lo sviluppo di Internet e conseguentemente dei social, il lavoro del critico teatrale sta vivendo un cambiamento senza precedenti. L’avvento e la fenomenale ascesa del web, incontrollato strumento per l’informazione di massa e il conseguente l’ingresso del giornalismo (o pseudo tale) nell’era digitale, corrispondono a situazioni completamente nuove.
La critica gioca un ruolo fondamentale, offre chiavi che facilitano l’ingresso o sottolinea caratteristiche che meritano di essere percepite, temi, interpretazioni che spingeranno lo spettatore a scegliere di andare a vedere uno spettacolo piuttosto che un altro. In questo senso, la critica, apre una relazione triangolare tra l’artista e il suo pubblico. Mantiene una forte legittimità a questo scambio con la società civile o comunque, con la parte di essa per la quale il teatro fa parte del nutrimento intellettuale e costituisce uno dei legami sensibili con il mondo che cambia.
Ma la scarsità di spazio critico sulla stampa scritta è correlata allo sviluppo delle critiche su Internet? È la causa? È l’effetto? Inoltre, lo sviluppo della critica su Internet è una calamità, nel senso che significherebbe il declino della critica nobile tradizionalmente devoluta all’esperto critico della stampa scritta? La proliferazione dei media digitali, la varietà di tipi di intervento critico o la cosiddetta democratizzazione della critica, sembra entrare in conflitto con la scarsità di analisi sulla stampa scritta e nelle riviste in formato cartaceo.
La critica teatrale su Internet presenta evidenti vantaggi: maggiore reattività (alcuni blog vengono alimentati quasi quotidianamente), una lunghezza dell’articolo scelto e non più imposto dagli standard editoriali e commerciali del supporto scritto, la disponibilità di foto o persino video dello spettacolo, maggiore interazione con il lettore (commenti e forum che superano in quantità e varietà le risorse della solita sezione della “posta dei lettori”), possibili collegamenti ad altri articoli online.
Resta da vedere se e in che misura, questi vantaggi siano indeboliti da inconvenienti che sembrano essere allo stato attuale molto più numerosi: un calo della qualità editoriale a favore di una logica quantitativa raramente comprovata da adeguata analisi critica, stile mediocre, l’assenza totale dii riferimenti culturali o teatrali che ci si dovrebbe aspettare da un critico esperto, dilagare di sinossi rivedute e corrette.
Se poi tutto ciò lo abbiniamo alla spasmodica ricerca di visibilità sui social alla quale i nuovi critici non intendono sfuggire scadendo spesso in stucchevoli prove autoreferenziali per marcare bene la presenza anche con citazioni pompose e forse azzardate, ecco che il quadro è presto fatto. Il nuovo critico ha bisogno di esistere, di perpetuare la propria immagine sempre e comunque spesso a beneficio di uffici stampa, compagnie e artisti. ln fondo l’Italia è il Paese dove tutti siamo dottori, dove il biglietto di visita deve fare sempre bella mostra della qualifica e dove il semplice nome e cognome spesso non rendono giustizia al titolare del medesimo. Nell’era del web, chiunque può affermare di essere un critico e ottenere se si è particolarmente smaliziati un seguito.
Dobbiamo prendere atto in conclusione che il modo di fare critica teatrale sta cambiando rapidamente nella sua forma, funzione e modalità di funzionamento nel ventunesimo secolo. Anche se è innegabile che i confini di questo nuovo paesaggio devono ancora essere del tutto definiti, non c’è dubbio che la comunità di persone che scrivono di teatro abbia creato una letteratura più ricca anche se non sempre all’altezza, potremmo concludere con una semi citazione che potrebbe suonare cosi: La critica è facile, l’arte del critico è difficile!