Il mondo femminile boliviano. Intervista al regista Fabrizio Catalano

Irregular è un viaggio affascinante e ipnotico verso l’essenza dell’universo femminino. La protagonista di questo pamphlet audiovisivo è la ballerina Fátima Lazarte, diretta da Fabrizio Catalano. Il docufilm è prodotto da Ch’aska, le musiche e il montaggio sono di Fabio Lombardi.

Il regista e drammaturgo Fabrizio Catalano è un artista palermitano che ha vissuto la sua infanzia tra i libri e i dipinti del nonno, il celebre Leonardo Sciascia, un’esperienza che lo ha spinto fin da piccolo a dedicarsi all’arte, alla scrittura, alla bellezza. In una intervista a sua madre Anna Maria Sciascia, è evidente quanto abbia influito sul piccolo Fabrizio questo intellettuale: «Sciascia era un narratore ma anche un curioso testimone di storie locali. La sua fonte principale era il circolo Unione, che descrive nelle ‘Parrocchie di Regalpetra’, ma anche le zie lo tenevano informato sulle storie di paese. Lui le riprendeva e a sua volta le narrava come favole al nipotino Fabrizio». Certo deve essere stato formativo avere a disposizione un nonno che riversava sul nipotino ogni conoscenza. Ed è proprio dalla polverosa biblioteca di nonno Leonardo che nasce la curiosità di Fabrizio sul mondo dell’America Latina e in particolare dalla lettura delle opere di uno scrittore, giornalista e politico boliviano chiamato Augusto Céspedes Patzi, soprannominato «Chueco».

Cerchiamo di addentrarci nella parte più sconosciuta della Bolivia attraverso una intervista a Fabrizio.

La locandina di Irregular

Il tuo primo amore per la Bolivia sono stati i libri del Chueco, perché? Cosa ti ha affascinato dell’opera di questo boliviano?

Devi sapere che la casa dei miei nonni rimane, nei limiti del possibile, cioè nei limiti dell’usura del tempo, immobile e inviolata: e noi nipoti la usiamo come biblioteca di famiglia e come sorta di rifugio nel passato. Durante le vacanze di Pasqua del 2015, così, mi capitò di trarre a caso da una libreria un’antologia di racconti latinoamericani edita nel 1960: vi lessi appunto due novelle di Céspedes, che mi sembrarono fulminanti e meravigliose, scritte con uno stile e una veemenza che s’apparentavano a quelli del più famoso e coevo Hemingway. Céspedes è uno di quegli scrittori inflessibili, drastici, politicamente scorretti, che tanto mancano alla letteratura contemporanea. Un po’ come Sciascia. Coincidenza nella coincidenza, l’ultima parte di uno dei più coinvolgenti libri di Céspedes, Trópico enamorado, dal quale ho “rubato” i nomi delle due protagoniste del mio romanzo Le viole dagli occhi chiusi, è ambientata proprio a Palermo. 

Irregular, regia Fabrizio Catalano: donne boliviane

Quando hai deciso di andare per la prima volta in Bolivia? Cosa ti aspettavi? Cosa hai trovato?

Avevo in animo di scrivere un film – che non ho ancora realizzato –  e andai, esortato anche dalla figliastra di Céspedes, Luisa Siles, pure lei scrittrice, con la quale era nata una relazione epistolare e che mi ospitò nella sua casa, a scoprire questo paese. L’impatto fu sorprendente: ho viaggiato per quasi tutti i continenti, visto luoghi magnifici, assistito ad eventi quasi fiabeschi, ma in Bolivia ho avvertito una specie di richiamo ancestrale, di attrazione incantata. A volte mi viene da pensare che, per qualche insondabile scherzo del destino, all’epoca in cui tanto quello che si chiamava Alto Perù che la Sicilia appartenevano all’impero spagnolo, qualche mio antenato dalle Ande o dall’Amazzonia sia approdato sull’isola in cui, secoli dopo, io sono nato. 

Perché hai dedicato le tue energie a questo film? Quale messaggio volevi trasmettere agli spettatori?

Questo film, Irregular, è un atto d’amore e un grido di fronte a un cielo oscuro su cui ondeggiano aurore polari. Un atto d’amore perché Fátima Lazarte – che è coautrice e protagonista – e io, che in quel momento non ci eravamo neppure incontrati, abbiamo deciso d’investire tempo e denaro in un progetto visionario, senza certezze, fidandoci l’uno dell’altra e sfidando l’omologazione imperante. È un urlo, in cui si mescolano disperazione e gioia, poesia e pietà, idee e sogni, in una società intellettualmente desertificata, ipnotizzata da costanti mistificazioni, dove, al di là delle dichiarazioni di facciata, nessuno accetta le autentiche diversità: quelle che riguardano le opinioni. 

Il titolo, Irregular, cosa vuole significare?

Con una battuta mi verrebbe da risponderti che questo titolo andrebbe letto come un segnale stradale: per non essere risucchiato nelle sabbie mobili della finanza e dell’unanimismo, all’irregolarità dovrebbe appigliarsi il genere umano. 

Irregular, regia Fabrizio Catalano: Fatima Lazarte, la donna civetta

La protagonista dell’opera, Fátima Lazarte, è stata anche ispiratrice o coautrice?

Tutto questo e molto di più: è una compagna di lavoro che mi completa. Entrambi abbiamo nutrito passioni e immaginari consimili, e condividiamo una visione del mondo vagamente anarcoide. E, con il suo volto arcaico su un corpo moderno, lei diventa l’interprete perfetta per queste allucinazioni. 

In questo film emerge la bellezza delle immagini di un femminile dimenticato nelle nostre società occidentali. Quanto è importante la riscoperta del femminino originario?

Il femminino originario è un’idealizzazione. Ma in questo non c’è nulla di negativo. A volte, e specialmente nei periodi di crisi, è opportuno, perfino bello, interpretare la Storia in modo da alimentare la speranza. Sicuramente le nostre società, per abbandonare il cammino della distruzione, dovrebbero ricominciare ad essere declinate al femminile, cioè a non considerare l’istinto di sopraffazione inalienabile dall’essere umano. L’archeologa lituana Marija Gimbutas ci ha insegnato che le antiche civiltà che vivevano in Europa prima dell’arrivo dei nostri antenati connettevano il concetto di Potere – parola in verità impropria e fuorviante – alla capacità di dare la vita; mentre oggi per molti Potere è la capacità di dare la morte. Non a caso, da più di un anno ci domandiamo se abbiano più bombe gli Stati Uniti d’America o la Russia.   

I luoghi dove è ambientato sono sconosciuti alla nostra modernità, come ti sei organizzato per girare queste scene?

Più di metà del film è girato in posti mai toccati dal cinema e che abbiamo potuto raggiungere perché la troupe non è mai stata composta da più di quattro persone. Il pubblico potrà apprezzare o no il nostro lavoro, ma questo film dimostra che, se hai idee e volontà, puoi evitare le forche caudine dei finanziamenti pubblici, che peraltro comportano implicitamente un controllo dei contenuti. Sottomettere la creatività al denaro pubblico è – mi permetto di utilizzare anch’io questo termine in maniera generica come si fa oggi – fascismo. 

Irregular, regia Fabrizio Catalano: le isolette di una terra magica

Il tema portante del documentario è il ruolo della strega guaritrice, la curandera, cosa rappresenta questa donna di medicina per il mondo boliviano?

La strega – che possiamo chiamare curandera, sage-femme o in mille altri modi – è metafora dell’irregolarità, del coraggio, del desiderio di sfidare le regole. Attraversa le leggende di tutto il pianeta, la letteratura, la pittura, il cinema. È la gitana eterocromica di una novella della norvegese Bergljot Hobæk Haff, la sensuale protagonista dei dipinti di Paul Ranson, il simbolo della libertà nella prima docufiction della storia del cinema, Häxan di Benjamin Christensen, a cui ci siamo ispirati per la struttura narrativa di Irregular.  

Le erbe, le piante, le pozioni magiche, i cataplasmi, cosa ti attrae di quest’arte antica di miscelazione dei principi nel calderone alchemico?

Fin da piccolo ho avuto una grande fascinazione tanto per i laboratori che per le antiche cerimonie. A casa dei miei nonni, ascoltavo vecchi dischi con musiche e canti raccolti in giro per il pianeta: quei suoni e quelle voci mi ammaliavano, per poi tornare durante la notte, nel buio, a incutermi timore. Ciò invece che più oggi mi attrae, nella salvaguardia o nel recupero di questa saggezza atavica, è che rappresenta una risposta al delirio pseudo-scientifico trasmesso a reti unificate nel quale siamo immersi da più di tre anni.  

Irregular, regia Fabrizio Catalano: Fatima Lazarte, il femminino arcaico

Che posto riveste la magia nella terra arcaica boliviana?

La Bolivia è un cortocircuito culturale in cui confusamente convivono ambizioni di modernità e recupero delle tradizioni. Mitizzando il passato, soprattutto quello delle regioni andine, i governi socialisti hanno provato non solo a foggiare un’identità antagonista ma anche a creare un sentimento di orgoglio in un paese spesso sottovalutato perfino dai vicini. Nonostante tutto, c’è molto di capitalista e di gringo della società boliviana. Ma persiste il rapporto con la sfera magica. Sulla terrazza della cineteca nazionale circondata da grattacieli ho visto bruciare un’offerta per la Madre Terra: in quanti paesi coesistono così sfacciatamente dimensioni tanto diverse?

Che relazione ha il mondo magico con la tua terra, la Sicilia?

Oggi temo che abbia una relazione alquanto epidermica, irragionevole, superstiziosa. La Sicilia ha perso la sua vera identità quando ha iniziato a tradire l’essenza della Trinacria. Nessuna bandiera al mondo ha al suo centro un simbolo così mistico e potente!

Irregular, regia Fabrizio Catalano: Fatima Lazarte, la danzatrice

Sei vissuto tra Palermo, Roma, Parigi, La Paz, camminerai ancora alla ricerca della tua Terra?

Sono arrivato alla conclusione che la mia terra sia il paradiso variopinto e fatato descritto da Charles Van Lerberghe in un racconto intitolato La Grâce du sommeil. Prima di morire, mi piacerebbe visitare la Nuova Britannia e la Nuova Irlanda, alle porte del Pacifico. Ma un essere intelligente non si trova totalmente a proprio agio da nessuna parte: e di questo ormai me ne sono fatto una ragione. 

Il trailer
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