IL MERCANTE DI VENEZIA di William Shakespeare – Regia di Paolo Valerio

Prima romana, al Teatro Quirino affollato, per questo superbo allestimento del Mercante di Venezia di William Shakespeare. Lo spettacolo corre via veloce e non ti accorgi, al sipario, che la sua durata è di gran lunga superiore agli intrattenimenti contemporanei.

Merito degli organizzatori del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, del Centro Teatrale Bresciano e del Teatro de Gli Incamminati (tutti i dieci attori sulla scena, indistintamente, si guadagnano un plauso speciale) e di una regia –Paolo Valerio– pregevole e assolutamente padrona dei propri mezzi, oltre che di quel magnifico attore che è Franco Branciaroli che ha dato vita al personaggio di Shylock,  l’ebreo usuraio feroce e implacabile, tanto negativo nella sua rappresentazione (oltre che nella sua ostinata rivendicazione della propria identità religiosa) da suscitare non di rado nella platea  fremiti di compassione, ma anche velati sorrisi.

L’ordito complesso, ideato dal grande Bardo, si articola su una trama principale e su una filiera di sotto trame (con buona pace dei richiami all’unità narrativa raccomandata da Aristotele) gestite con assoluto governo dalla regia, senza che in nessun momento il ciclo narrativo shakespeariano, nella sua interezza,  ne risulti mai mancante o sofferente.

Siamo nella Venezia di fine Cinquecento: il Rinascimento è esploso, le navi solcano i mari verso promesse di ricchezze offerte dalle rinnovate rotte. Un nuovo tipo di uomo si va delineando, nella figura del Mercante eponimo Antonio, febbrile investitore nei commerci, mai dimentico però della dimensione solidale che lo ha reso popolare e ben visto. A lui si rivolge l’amico Bassanio per una richiesta di prestito urgente di tremila ducati. Quel denaro gli occorre per poter aspirare alla mano dell’amata Porzia. Ma Antonio ha investito tutte le sue risorse nei carichi di navi: potrà soltanto offrirsi come fideiussore di quel prestito, che verrà richiesto al torvo Shylock, che pretenderà come clausola di garanzia una libbra di carne del generoso Antonio. Questo il notissimo spunto narrativo: da lì in avanti lo spettacolo schiude una serie di situazioni e di momenti di intensità narrativa e di riflessioni profonde.

Allo spettatore contemporaneo -in mezzo a quella rutilante e vitale atmosfera rinascimentale- potrebbe stupire la dichiarata malinconia del Mercante Antonio, che lui stesso non sa spiegare, ma che a noi appare, a ben riflettere, una specie di presagio apprensivo per l’uomo moderno, che si accompagna alla conquista della sua centralità nell’universo.

E questo non è il solo tema universale che Shakespeare ci consegna con questo spettacolo: al cospetto del Doge chiamato a risolvere il trauma di un contratto dall’apparenza legale, ma nella sostanza antinomica per la comunità umana, si impone il dilemma di una Legge che non può e non deve deflettere da se stessa, ma che allo stesso tempo riesce a confermare la propria autorevolezza nel riconoscere spazio alla misericordia e al Magistero della Grazia.

Le scene sono di Marta Crisolini Malatesta, i costumi di Stefano Nicolao, le luci di Gigi Saccomandi e le musiche di Antonio Di Pofi.

Spettacolo da non mancare, c’è tempo fino a domenica 6 novembre