Paolo Cioni tra il serio e il grottesco dei rapporti famigliari
Di genitori e di figli, di presenza e di distanze. E’ uno spettacolo sull’essenza dei rapporti famigliari Il figlio riuscito, andato in scena il 26 e 27 marzo all’Altrove Teatro Studio. Un testo scritto e interpretato da Paolo Cioni, attore toscano che di toscanità ce ne mette eccome, mentre seduto su uno sgabello risponde alle domande di un immaginario impiegato del Comune. Le pratiche per il rinnovo della patente sono il gancio per riannodare, tra rimandi continui e intrecciati, il filo di una grottesca matassa che si è improvvisamente aggrovigliata con la scomparsa del padre.
Un racconto con rimandi autobiografici, di una catarsi che è anzitutto presa di coscienza dell’importanza degli affetti e il peso delle scelte. Cioni è l’allegro e “riuscito” tra due fratelli, è quello che ha lasciato la città natale per costruirsi una vita nuova lontano, e per questo motivo vive al telefono, più che in presenza, l’allargarsi crudo e inesorabile di un’ombra. Si chiama Alzheimer, colpisce il padre e di riflesso una madre di suo ansiosa e confusionaria. Che poco può contare su un altro figlio che sì è in casa ma è anche altrettanto Peter Pan e pigro. Un “delirio a due” che richiede, a chi sta dall’altra parte, dosi inenarrabili di pazienza e di tolleranza.
Avventure e disavventure, grottesche e surreali, vengono sciorinate con carica espressiva e una solarità d’animo che si mischia a malinconia. E’ il teatro della vita, prima ancora di quello che si accende sotto riflettori di un palco. Peraltro i giochi di luci divertono a suggerire tonalità diverse in relazione alla situazione raccontata. Emerge, tra i vari “tipi” illustrati da Cioni – che illustratore e grafico è per davvero – il ritratto di una compagna sempre vicina e presente, e una galleria di macchiette attinte da un quotidiano che per improvvisazione e profondità non ha eguali.
Quando si tirano le somme, di fronte a un avvenimento di rottura, gli equilibri possono cambiare, le priorità possono cambiare. I riferimenti si riscrivono. Nel contempo un passato che ritorna, come un’onta, con nuove chiavi di lettura. Qualche rimpianto affiora. Ma lo sguardo è fermo e proiettato in avanti, a ciò che ancora s’ha da scrivere.