Il Don Giovanni involontario, tra visioni oniriche e slanci amorosi

In scena dal 9 al 18 Dicembre 2022 al Teatro Biondo di Palermo “Don Giovanni Involontario” di Vitaliano Brancati, con la regia di Francesco Saponaro, interpretata da Fabrizio Falco che si conferma, per bravura e presenza scenica, il protagonista indiscusso di questa pièce. Interpreti, insieme a Falco, sono Antonio Alveario, Giovanni Arezzo, Simona Malato, Annibale Pavone, Claudio Pellegrini, Chiara Peritore, Irene Timpanaro e Daniela Vitale. Lo spettacolo è prodotto dal Biondo e dall’Associazione Casa del Contemporaneo di Salerno.

Scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e saggista italiano, l’autore del Don Giovanni Involontario è Vitaliano Brancati (Pachino, 24 luglio 1907 – Torino, 25 settembre 1954), vissuto in epoca pre e fascista, durante la quale l’opera fu censurata. Nello spettacolo si racconta la storia di Francesco Musumeci, interpretato per l’appunto da Fabrizio Falco, in tre momenti della sua vita. Dapprima è un venticinquenne dagli slanci amorosi ossessivi, in seguito un quarantacinquenne che abbandona la giovane sposina, per concludersi all’età di cinquantotto anni sul letto di morte, in pieno disfacimento. Musumeci, nell’ultima parte dello spettacolo, crede di essere arrivato alle soglie dell’aldilà, il palcoscenico diventa un aula di processo: il diavolo e l’angelo del giudizio devono giudicare il peccatore, che ha sofferto una via crucis erotica sterile e ripugnante.

Il protagonista vive una storia travagliata che rispecchia gli stereotipi più comuni dell’epoca; l’uomo è rappresentato come il simbolo di un maschilismo incallito, che seduce ed abbandona la donna, figlio e succube di un modello patriarcale che pretende di stabilire il dominio del maschio per questioni di stirpe, dovendo dimostrare a tutti i costi una virilità senza freni. La donna è ridotta a una sessualità vuota, promiscua, fuori controllo e ottusamente riproduttiva, che racconta già segni di una moderna trasgressione.

© Rosellina Garbo

Don Giovanni Involontario, parente stretto del Bell’Antonio, ricorda l’opera di W. A. Mozart. La somiglianza è nella struttura di alcuni personaggi e nella scelta di alcuni brani musicali. Francesco Musumeci ricorda il Don Giovanni di Mozart, mentre Zappulla, suo amico fedele, ne ricorda Leporello. Musumeci mostra all’amico il catalogo, proprio come nell’ Opera di Mozart, una lista di informazioni sulle donne che è riuscito a conquistare, la dedica continua persino nella scelta del brano“Madamina, il catalogo è questo”, che accompagna parte della rappresentazione.

Le donne! In fondo, è sempre la stessa storia … Quando ne vedo una per la prima volta, certo mi piace, smanio, non dormo, ma insieme conosco esattamente cosa ne penserò quando mi sarò stancato. Che tristezza! Annoiarsi è sempre assai penoso, ma la noia che dà una donna, quella noia pungente, sottile, stretta, chiusa, ripugnante, ah, ah!… Delle donne, non posso dir nulla di bene: quando, per poco, hanno detto di no, mi hanno fatto disperare, non dormire; mi son mangiato i gomiti! quando poi han ceduto, mi hanno infinitamente annoiato… E quando dicono no? e quando dicono sì? Iddio le perdoni! Hanno sbagliato sempre; arrivano sempre in ritardo, non capiscono, dicono no per ragioni ridicole, dicono sì per ragioni peggiori. Ah, io odio le donne !… L’insonnia che mi hanno dato, prima, il sonno interminabile che mi hanno lasciato, dopo!”. (Francesco Musumeci)

Molto interessanti le scenografie di Luigi Ferrigno e i costumi di Dora Argento, nella loro semplicità d’effetto e con un linguaggio che guarda al contemporaneo. Una scena praticabile dove gli attori si spostano, quasi fosse una parapettata, lo scenografo e il regista giocano con le trasparenze, le stesse ricordano le sottovesti delle donne che il protagonista corteggia. Dietro le tende si consumano tradimenti, slanci amorosi, giochi perversi e illusioni. Estremamente interessanti i giochi di luce sulla scena, di Antonio Sposito, che da risalto alle trasparenze della stessa riuscendo al contempo dare risalto alle stoffe dei costumi. Un vedo non vedo che a tratti diventa fatale, dietro le tende della scenografia e nel gioco delle trasparenze si consumano i baci e i sogni di Francesco Musumeci, affetto da una patologia bulimica, frutto della pressione di un padre- padrone, di una madre ossessiva nella attenzioni per il figlio, che crede in odore di santità e di un italietta prefascista.

Musumeci è un nostro contemporaneo, il suo immaginario erotico lo è più che mai, tocca le pulsioni più basse e recondite dell’animo umano. Attraverso i sogni, gli incubi, le visioni e le pulsioni, Don Giovanni Involontario saggia l’essere umano grazie al contrasto tragicocomico dal sapore amaro e grottesco, di una commedia che potrebbe essere stata scritta ieri.

© Rosellina Garbo
© Rosellina Garbo
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