IL DIRITTO DEI LUPI: la recensione

Un giovane e brillante avvocato agli inizi della sua carriera

Un omicidio, l’uomo accusato del delitto che sembra colpevole oltre ogni lecito dubbio, un giovane e promettente avvocato che scava nelle pieghe del caso e riesce a scoprire indizi che scagionano il suo cliente, complice anche la sua abilità oratoria.

Sembra il più classico dei libri gialli, stavolta però non si tratta di un romanzo poliziesco con il solito difensore che porta avanti la sua indagine parallela e salva l’innocente cliente da una condanna certa e

il delitto, così come la descrizione di una Roma violenta, vendicativa e nelle cui pieghe nascoste la politica tesse le sue sanguinose trame, non sono l’ultima fiction su Mafia Capitale.  

Siamo nell’anno 673 ab urbe condita, il giorno prima delle idi di gennaio, cioè è il 12 gennaio dell’80 a.c.,  il giovane avvocato si chiama Marco Tullio Cicerone, a Roma piove da giorni, il clima è gelido e Cicerone è convocato nella casa di Cecilia Metella, influente matrona e vera tessitrice delle trame politiche romane, per difendere Sesto Roscio accusato di aver ucciso il padre. Rischia la pena di morte.

Il romanzo che ci narra tutto questo è “Il diritto dei lupi” di Stefano de Bellis e Edgardo Fiorillo.

Ne esce il ritratto di una Roma attraversata soprattutto dagli intrighi politici, divisa dalla guerra tra Mario e Silla prima, e poi dall’ascesa di Pompeo e Crasso contro Silla, il dictator.

Accanto alla storia principale del processo che vede protagonista Cicerone, una strage nel lupanare più famoso della città, gestito dal ricco Marco Garrulo, detto Mezzo Asse. Nell’agguato muore un futuro senatore e solo alla fine si scoprirà che i due casi sono collegati.

Aggiungiamo a tutto questo un intelligente veterano, violenti gladiatori riuniti in squadracce al servizio del politico di turno per commettere i delitti più oscuri, interessi, lotte di potere e astuti giochi di palazzo. E non dimentichiamo la Suburra, quartiere popolare dove vivere o morire è spesso casuale, dove non esiste nessun diritto e dove la legge del più forte spesso salva la vita.

Roma è la capitale del mondo, desiderio e aspirazione di tutti, ma è anche un posto dove denaro, vizio e politica sono strettamente connessi.

Un libro interessante e intrigante, diverte calarsi nella realtà dell’Urbe dell’80 a.c. e trovarci i personaggi che tante volte abbiamo tradotto nelle versioni. Ci sembra di immaginarcelo Cicerone nel Foro mentre arringa con voce tonante e sguardo cupo “Cui prodest? Cui bono? Concittadini ho abusato della vostra pazienza e di quella dei giudici ma vedrete che sarà ben ripagata”.

Esclamazioni fin troppo vicine ai suoi discorsi più famosi. Gli autori ce lo descrivono abbigliato con toghe raffinate, con stoffe che arrivano via nave da paesi lontani.

Tracciano un mondo interconnesso, dove i commerci e gli scambi culturali sono facili e organizzati, e Roma è una città multietnica, dove razze, lingue e religioni diverse convivono senza il minimo problema, davvero ci ricorda New York.

Ma viene anche da pensare che questa Roma è molto simile alla nostra, Cicerone chiama una lettiga come un qualunque avvocato chiamerebbe al volo un taxi, soffre di bruciori di stomaco perché è molto stressato, i politici tessono trame e intrighi volti al proprio interesse personale piuttosto che al benessere del popolo:

“Il potere inebria … Mario e Silla? Stessa pasta. Mario parlava di noi per dire io. Silla ha sempre parlato di se stesso”.

Un legal thriller diverso, con un’idea originale, costruito con minuzia di particolari, dalle parole latine alla ricostruzione delle tabernae, dai lupanari al Foro, dai giochi dei gladiatori fino ad arrivare nell’intimità delle case, dove anche il condottiero più astuto e feroce, quello che ha vissuto in tutto il mondo, apprezza il suo essere romano.

Lucio Cornelio Silla confida così la sua malinconia al soldato Tito: “ non esiste cibo al mondo, e ti assicuro che ho assaggiato ogni prelibatezza, che possa sostituire una zuppa di farro calda. Perché nessun cibo al mondo è più romano di questo. Tito annuì. Silla immerse le mani in un cratere d’acqua profumata. Appoggiò un gomito sul tavolo”.

Sente che il suo tempo come dictator sta finendo, è stanco, sa di dover cedere il passo ad un’altra classe politica, ad un’altra fase della storia di Roma.  Questa città volubile che un giorno ti porta in trionfo e quello dopo è pronta a seguire un nuovo condottiero.

Insomma, una lettura che diverte, con tanti particolari sulla quotidianità con l’Urbe già centro di un impero ma ancora a cavallo tra i vecchi ideali repubblicani e i fasti che verranno.

Viene voglia di tornare ad Ostia Antica per passeggiare in quelle vie che nel libro sono così animate, piene di vita, di taverne,lupanari, navi che arrivano e partono e merci esotiche, uno spaccato di un mondo che ancora ci affascina e stimola la nostra immaginazione.

Il diritto dei lupi

Stefano De Bellis – Edgardo Fiorillo

Giulio Einaudi editore

Teatro Roma
Francesca Romana Moretti

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