Il cuore, la milza, il lago, o sulle lacune organiche della morte

Un dialogo tra una madre e suo figlio ripercorre la vita, rievoca la memoria e travalica il confine della morte nel testo di Iris Basilicata per la regia di Vittorio Borsari

Impressa sulla superficie del palco, la traccia bianca e sinistra di un Maelstrom, su sfondo nero. I due si guardano, sorreggono un grande acquario vuoto, un peso condiviso, un fardello.
In scena al Teatro Argot di Roma dal 12 al 14 ottobre Il cuore, la milza, il lago” di Iris Basilicata per la regia di Vittorio Borsari.
Un grande tavolo occupa la scena, lei è sotto, non parla; melanconica accarezza il pavimento con le dita. Lui (Edoardo Rivoira) dalla scena ci esorta, ci narra di un padre fantasma, di un’assenza che è come un freddo, come un vuoto: sento tutto di me che se ne va”.

Ingredienti per pesci ornamentali vivaci

Lucia (Iris Basilicata) compra mangime per pesci, ma di pesci non ce ne sono. Ha dei capelli bianchi che le partono dal centro della testa e ogni giorno parla a suo figlio, suo figlio che è morto ma che ancora le racconta ciò che è e ciò che è stato.
Morbido, crudo, languido e ancora, serrato, il loro dialogo segue traiettorie balzanti e a- cronologiche come quelle della coscienza. Si spinge su voli pindarici che raschiano il passato, ne rievocano gli schianti; poi tornano al presente nel tentativo di giungere a patti, o forse solo di comprendere la morte.
I frames entro cui la storia prende corpo, pur se non lineari, restituiscono le tappe cruciali di un percorso di accettazione lasciando spazio all’espressione di questioni rimaste insolute nel tempo della vita o legate allo status di tabù.

Ogni tanto vorrei farti cadere, anzi vorrei farti male perché sei come un ricordo che si appiccica”

Cose non articolabili, impronunciabili, inconfessabili, se non in uno spazio distante, non terreno.

Non vorrei farti scivolare nello stomaco dove tutto si ferma

Attraversata da due spinte parimenti violente, Lucia arriva a sentirsi sottovuoto; imballata e costretta dentro una vita che nel giro di alcuni secondi si è ribaltata, sottoposta ad uno strappo.

Non c’è movimento nel sottovuoto, tutto rimane serrato, non c’è dinamismo, non c’è vita; l’esistenza prosegue senza attese né scadenze.

Ora indisponente, ora respingente dinanzi alla sofferenza la donna non si accorge di ciò che accade all’esterno, il suo volto è vacuo, liquido come l’acqua che ha ucciso Giovanni.

La presa di coscienza di una componente altra, fino allora imperscrutabile giunge solo in un secondo tempo, ed è allora che all’unisono con suo figlio – quasi il raggiungimento della consapevolezza sia dovuta essere una tappa condivisa- sembra interrogare l’esistenza:

“Che cos’è questa cosa che non riesco ad acchiappare? È qualcosa nelle braccia, nel naso, nello stomaco… “

Il corpo-dolore, il dolore-corpo

In un rituale cadenzato, lento, contemplante; madre e figlio riempiono l’acquario dapprima vuoto con oggetti di vita e di morte; un gesto reiterato che travalica il flusso della temporalità e per un istante la cristallizza.

Una goleador, un quattro di cuori, un cinque di quadri, un nebulizzatore e ancora, il mazzo di fiori che Lucia aveva deposto sulla tomba: decontestualizzato dalla sua funzione originaria, l’involucro di vetro diventa ora uno strumento per passare in rassegna ciò che è stato, per accogliere ciò che è.

Arrivando a sfiorare tutte le terminazioni nervose, gli organi interni, gli spazi midollari della corporeità, il dolore della madre sopraggiunge nel prendere atto che ormai da troppe ore le sue cellule epiteliali e quelle di suo figlio hanno smesso di sfiorarsi. La superficie aptica della pelle, luogo di riconoscimento, non consente più a quelle cellule di toccarsi; e ciò di colpo sbaraglia il vuoto, lo rende visibile.

La simbologia della memoria rivela le sue pieghe, le sue rughe; un ultimo saluto, è cosa da niente.

Il cuore, la milza, il lago – Compagnia: CHRONOS3 – Di: Iris Basilicata – Cast: Iris Basilicata e Edoardo Rivoira – Regia: Vittorio Borsari – Dal 12 al 14 ottobre all’Argot Studio.