Riflessioni sul mondo dall’alto di una Carrozzeria
La premiata Carrozzeria Orfeo, brand teatrale di sicuro affidamento, si è fatta finora largo nella notorietà portando sulla scena le quote periferiche della nostra contemporaneità: miserabili, emarginati, reietti. Senza filtro di retorica commiserazione, tutto quel mondo veniva finora profilato alla lama tagliente della irrisione più estrema. Un’irrisione, beninteso, mai fine a se stessa, ma sempre leva di riflessione sullo stato delle cose.
Ora è la volta della parte sazia dell’umanità, quella toccata da un benessere saturo, che niente vede più, che bada solo a se stessa, e non sa riconoscere, ma neanche dare più il nome, alle problematiche dell’esistere. Ma forse basterebbe dire semplicemente che non è più capace di vedere l’altro.
Per questo forse c’è bisogno di distanza, o meglio di una sorta di tirocinio di recupero di certe attitudini erroneamente ritenute innate nell’essere umano. Forse guardare le cose del mondo da un punto di vista “straniato” potrebbe soccorrerci al bisogno. Ma ci vuole una chiave metaforica convincente per rappresentare un tema come questo, che appare -già all’enunciato- difficile da sfogliare (non a caso l’impresa è stata assistita da un consulente filosofico nella persona di Andrea Colamedici).
E così ci troviamo all’interno di una sorta di resort posizionato su un satellite, dove la terra viene sbirciata dall’alto, con l’aiuto di un telescopio.
A popolarlo c’è un pugno di fuoriusciti dal pianeta Terra al seguito di un coach, alla ricerca di qualcosa che sappia emendare tutti da quella esiziale identità che li ha resi –consapevoli o inconsapevoli- disperati all’interno delle rispettive patologie dell’anima.
I rifugiati (ma forse possiamo chiamarli anche novelli turisti spaziali) sono sei in totale: c’è Jasmine, giovane pop star, dalle pronunciate compulsioni sessuali in crisi per frustrazioni ricevute dal web, dove è stata massacrata da leonesse da tastiera del genere femminista, per certe sue incaute esternazioni in rete.
C’è una coppia omosessuale composta da Omar-feroce imprenditore (produttore di farina da insetti) instancabile nella propensione affaristica che lo ha reso ricchissimo- e dal suo fragile compagno Patrizio, irrisolto nelle scelte, alla ricerca di un compimento per il suo incomprimibile desiderio di paternità.
C’è William, cinico comunicatore di false notizie, al sordido e redditizio servizio di stati canaglia e il suo maggiordomo asiatico Nat, portatore di protesi al braccio (oltre che di un fantasioso e divertente slang esotico e di una infantile passione etologica).
Tutti in piedi per cadere, si direbbe. O prima che il mondo definitivamente cada, così come snocciola la partitura a seguire (per ben oltre due ore), nella sequenza dei temi trattati: dall’esaurimento insensato delle risorse naturali, ai cambiamenti climatici, alle ingiustizie sociali, allo sfruttamento della manodopera della parte povera del mondo, all’incarcerazione nei social media alla quale ci siamo condannati. I temi emergono dalle percussioni inquisitorie (ma sempre leggere) del Coach, che, in formato terapeutico, tenta di tirar fuori dai convenuti le rispettive dipendenze e quel tanto di irrisolto che ha intriso di tristezza la società in cui vivono. L’esercizio maieutico del personaggio sembra indicarci che l’unica salvezza per il genere umano è quella di svoltare l’angolo, laddove non impera più il dovere produttivo che ci siamo irragionevolmente imposti.
Ma la transizione, ci dice lo spettacolo è tutt’altro che lieve: si devono attraversare le dune della disperazione, dove tutto è senza filtri o mediazioni (a cominciare dal linguaggio, viscerale e diretto) e l’approdo non è immune da scelte letali (come quelle deliberatamente messe in atto dalla coppia omosessuale o dallo stesso potente e arrogante William e perfino dal Coach). La speranza si schiude metaforicamente sulla chioma fiorita di un alberello di mele, piantato senza troppe aspettative dal gruppo al principio del soggiorno, e sulla promessa riproduttiva che si scambiano, al netto di qualunque coinvolgimento emotivo, i due reduci Nat e l’inquieta Jasmine.
Salveremo il mondo prima dell’alba uno spettacolo della Carrozzeria Orfeo – Drammaturgia Gabriele Di Luca – Con Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Massimiliano Setti, Roberto Serpi, Ivan Zerbinati – Regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi – Consulenza filosofica Andrea Colamedici – TLON – Musiche originali Massimiliano Setti -Scenografia e luci Lucio Diana – Costumi Stefania Cempini – Illustrazione -locandina Federico Bassi – Organizzazione Luisa Supino e Francesco Pietrella – Illustrazione locandina Federico Bassi e Giacomo Trivellini – Una coproduzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini In collaborazione con Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale – Foto Manuela Giusto. Dal 5 al 17 marzo al Teatro Vascello