Il Buco al Barnum Seminteatro

Il 25 e il 26 marzo al Barnum Seminteatro è andato in scena Il buco, un monologo di Roberta Calandra interpretato da Nadia Perciabosco per la regia di Laura De Marchi.

C’è chi ha un “buco” nella tasca e non ha più soldi. Un racconto che non funziona ha un “buco” di trama. Quando manca l’insegnante è “l’ora di buco”. I cambiamenti climatici sono causati dal “buco dell’ozono”. Il buco è dunque un gran problema ed è stato al centro del monologo di Roberta Calandra interpretato da Nadia Perciabosco.

Il viaggio che ci ha proposto Nadia Perciabosco è iniziato dalla Sicilia. Lì abbiamo conosciuto la sua famiglia, la sua casa e soprattutto il suo simpaticissimo gatto. Tornare nella propria terra è sempre un tuffo al cuore, un ritorno alle origini. Qui Nadia ha rivisto più volte affiorare la sua adolescenza e i primi “buchi” della sua vita: le prime delusioni, i primi rimproveri, i primi problemi che in ognuno di noi creano quei piccoli traumi che alimentano il “buco”.

Ma nel racconto siamo improvvisamente arrivati noi del pubblico. Lo spettacolo si interrompe e siamo noi i protagonisti. Nadia si è avvicinata alla platea e curiosa ci ha chiesto: quale è il tuo buco? E così, piano piano, sono emerse situazioni divertenti.

L’alternativa più potente allo stress è mangiare qualunque cosa, purché ci sia spalmata sopra la maionese. Ma un’alternativa più sana e sostenibile è accarezzare un gatto e annusarlo sulla testa, tra le orecchie. Solo chi è gattaro può capre e – il caso del destino – in sala ce ne erano tantissimi!

Possiamo osservare dunque che Il buco è stato molto più di un monologo. Nadia Perciabosco ha portato sul palcoscenico del Barnum uno spettacolo tra la stand-up comedy e il monologo.

La dinamicità delle situazioni è stata data non solo con il cambio di registro linguistico della storia, ma anche dai numerosi abiti e oggetti di scena che sono stati utilizzati. Queste soluzioni hanno reso lo spettacolo frizzante ed energico.

Il dialogo con il pubblico ha poi avuto l’inaspettato risultato di aver “fatto comunità”. Complice di questa situazione è stato anche il fatto che Barnum è un teatro molto piccolo e si è rivelato un luogo indovinato per questa forma di teatro.

Finita la rappresentazione, usciti dalla sala, è stato inevitabile conoscere meglio il proprio vicino di poltrona e vedere meglio chi aveva detto cosa nell’intervista fatta da Nadia. Il buco è metafora di molte cose, e molte di queste sono situazioni difficili.

Ma questo racconto Nadia l’ha saputo affrontare con leggerezza: una buona dose di autoironia, di sdrammatizzazione e la consapevolezza – o per meglio dire – la speranza che magari il buco ci divori meno e che –magari – possa allontanarsi da noi per sempre. Un sogno? Una chimera?

In fin de conti si vive per un domani migliore, si spera in un futuro più felice… e la storia si conclude con la speranza di tutto questo.

Nota storica: l’idea che “il buco” sia metafora della vita ha come precedente illustre la canzone “E per quel buco” scritta da Kramer e Giacobetti e interpretata durante il secondo conflitto mondiale dal Quartetto Cetra.