A Lucca in mostra alcuni capolavori del Seicento per raccontare il ruolo della luce nella pittura da Caravaggio a Pietro Paolini. Alla Cavallerizza di Piazzale Verdi fino al 2 ottobre.
«La mostra parte dalla rivoluzione di Caravaggio, indiziaria, con la presenza di un’opera assai notevole come il Cavadenti, sulla quale, per taglio e genere, sicuramente Paolini dovette riflettere, testimoniando la più integrale coerenza tra i pittori di luce», così descrive la mostra Vittorio Sgarbi, che ha curato l’iniziativa.
All’interno del grande spazio della Cavallerizza di Piazzale Verdi accolgono il visitatore circa cento opere che arrivano da musei italiani, esteri, Diocesi e collezioni private e internazionali. Seppur nel buio, a dominare è proprio la luce, vera protagonista, nella sua applicazione viva e innovativa.
Ad essere esposti sono i “luministi” – i “Pittori della Luce”, che di questa fanno uno studio e un uso all’epoca assolutamente innovativo.
Caravaggio accoglie il visitatore sin dalla prima sala, lui dall’inconfondibile pennellata, un’arte che riconosciamo subito, una sensibilità senza tempo. Tre sono i momenti fondamentali della sua produzione artistica che vengono esposti in questa mostra: dal Ragazzo che monda un frutto (Fine del XVI secolo), opera giovanile, che mostra un’estrema purezza e una luce rassicurante; a seguire il Seppellimento di Santa Lucia (1608), realizzata come pala d’altare, di un’imponenza unica; infine, Il Cavadenti (1608 circa, in mostra fino a marzo), che testimonia la rivoluzione caravaggesca.
Sempre nella prima sala, il visitatore viene sin da subito colpito dalla magnificenza delle opere esposte ritrovandosi ad osservare l’Adorazione dei pastori (In mostra fino ad aprile) di Pieter Paul Rubens, in cui la luce innaturale nasce proprio dal Bambino, che la irradia sui personaggi circostanti.
Di particolare tenerezza è l’opera nata dalla mano di Orazio Lomi Gentileschi, una Madonna con il Bambino “ai primi passi” (1614-1615 circa) che attraverso il sapiente uso della luce immortala una scena di vita quasi familiare.
Ampio spazio è dedicato proprio al lucchese Pietro Paolini e alla grande originalità della sua pittura che prende proprio dagli esempi di Caravaggio. Di Paolini sono esposte opere pubbliche proveniente da musei, chiese e palazzi lucchesi, ma anche da collezioni private, dipinti densi e di grande impatto, che mostrano all’osservatore all’attento uso della luce e dei colori, come l’opera scelta come copertina del catalogo, il Cantore (1625 circa) immortalato mentre a bocca aperta si dedica al canto e un raggio di luce colpisce il suo volto. Paolini è accomunato in questa mostra a Mattia Preti per la predilezione a una fuga dalla realtà in favore di una rappresentazione di carattere teatrale con notevoli effetti scenografici.
Le novità pittoriche del Caravaggio e di Paolini sono seguite da altri toscani, e la luce sempre protagonista domina in cupi notturni: da Baccio Ciarpi (Barga,1574 – Roma,1654) a Paolo Biancucci (Lucca, 1596 – 1650), Orazio Riminaldi (Pisa,1593 –1630), e poi Francesco Rustici detto il Rustichino (Siena, 1592 –1626), Simone del Tintore (Lucca, 1630 – 1708), Pietro Sigismondi (Lucca? – Roma,1623), Paolo Guidotti detto il Cavalier Borghese (Lucca,1569 – Roma,1629), Pietro Ricchi detto il Lucchese (Lucca, 1606 – Udine, 1675) e tanti altri.
In in alcuni casi la luce è un gioco di candele o fiaccole che illuminano i protagonisti dei dipinti come nel Cristo deriso (1626) di Giovanni Serodine o nella Fumatrice al lume di candela (1653-1657 circa) di Pietro Ricchi detto Il Lucchese.
Caravaggio è presente in ogni quadro, in ogni pennellata, sapiente e forse inconsapevole maestro di luce che ha rivoluzionato il fare arte.
La mostra è strutturata proprio come un quadro di Michelangelo Merisi, con atmosfere dominate da un contrasto fra il buio delle pareti nere e le luci soffuse dall’alto.
Un’esposizione da scoprire, che permette all’osservatore di immergersi in quel mondo di sperimentazione e magia.