“I Mohamed” portato in scena sabato 10 dicembre al Teatro Villa Lazzaroni di Roma è il racconto di una famiglia. Formata da 3 “solisti”, padre, madre e figlio, che in apparenza e nella realtà sono incapaci di relazionarsi tra loro. Viaggiano ciascuno seguendo il proprio binario, incomunicabilmente distanti. Siedono attorno a un tavolo che è inclinato e non regolare come i rapporti tra i consanguinei protagonisti del testo scritto e diretto da Yaser Mohamed, che in questo lavoro ci ha messo e tanto della propria storia famigliare.
Sul palco gli ispirati Alessandro Cremona, Alessandro Marverti e Patrizia Casagrande, scene – interessanti e ricche di dettagli – firmate da Paolo Carbone insieme a Sabrina Biagioli, che ha supportato Mohamed per la parte di regia.
“I Mohamed” di fatto sono 3, ma il figlio unico scopre durante lo svolgimento di non esserlo. Ebbene sì: c’è una sorella, un secondo frutto dell’unione coniugale tra 2 adulti che paiono tutt’altro rispetto ad una coppia innamorata. Il capofamiglia si esprime in Grammelot, dalla bocca della moglie escono invece monotoni monosillabi, riscattati da un memorabile monologo che chiude lo spettacolo e rompe – finalmente – i sigilli ai cuori degli interpreti. Sono le parole ma anche i silenzi e l’asettica espressività a descrivere la temperatura della drammaturgia. Che è volutamente fredda, mette a disagio e alla prova gli spettatori, una trovata che è voluta. Rischiosa perché non adatta forse a tutti i palati, ma riesce. Soprattutto in un esordio che stanco si dilata nel suo ripetersi. La distanza emotiva è ostacolo anche allo sviluppo, che per carenza di affetto arranca. E pare incapace di sciogliere una matassa quotidiana fatta di patriarcato, rigore e ripetitività. Il segreto poi disvelato è il terremoto che stravolge questo tossico equilibrio. Il figlio, autonomo e automa come del resto i genitori, esce dalla zona di comfort e perde le staffe. Si sfoga, sbrocca. E come d’incanto, la luce: da questo momento l’interno domestico si colora di umanità, di debolezze ed emozioni libere. Dalle bocche, improvvisamente, escono parole, pensieri, segreti.
I dialoghi, in uno spettro lessicale e poetico che muove dall’essenzialità estrema alla rigogliosa concentrazione, sono la cifra più interessante dello spettacolo. Drammatico, ma anche grottesco al limite del paradossale, e con sfumature qua e là comiche. Si riflette sì, ci si deprime sì, ma c’è spazio anche per l’ilarità.
Rumorosi gli applausi tributati dalla gremita platea di Villa Lazzaroni, l’unica e incontrovertibile cartina di tornasole. “I Mohamed” si presenta al pubblico come un quadretto impressionista che solo la magia della quarta parete può rendere con tanta enfasi. Per una produzione che, già premiata a Milano con il Pim Off 22-23, speriamo presto di rivedere a Roma.