I Lunatici e la “selva di cornici”

Dal 17 al 27 novembre 2022 la compagnia “Associazione Culturale Genta Rosselli“ ha portato in scena al Teatro Marconi la commedia “I Lunatici” di Thomas Middleton e William Rowley, con Giovanni Ribò, Maurizio Castè, Marco Belocchi, Fausto Morciano, Simone Destrero, Valentina Maselli, Tania Lettieri, Valeria Giolitti per la regia di Marco Belocchi.

Il Teatro Marconi continua a non deludere: la commedia “I Lunatici” conferma l’alto livello qualitativo del cartellone del teatro.

Le vicende della commedia – importante testo del teatro elisabettiano – è ambientato in una Spagna del passato: fatta di magioni, castelli, tanti nobili ed i loro servitori al seguito. Come ogni commedia che si rispetti ci sono scambi di persona, equivoci, amori, vendette, ricatti e altri sentimenti e stati d’animo che rendono una storia appassionante e meritevole di essere raccontata.

L’ultima volta che la commedia è andata in scena è stato nel lontano 1966 ad opera di Luca Ronconi. Oggi Marco Belocchi, in veste di regista e attore, ha saputo riportare “I Lunatici” a teatro con una nuova sensibilità.

La regia ha proposto in scena il testo non stravolgendone il contesto culturale in cui nacque. I dialoghi erano in una prosa italiana antica (potremmo dire in “volgare”) e così anche i gesti e – in una qualche misura – anche la comicità era figlia dell’epoca elisabettiana.

È ammirevole che la regia di Marco Belocchi non abbia attualizzato questa commedia: non si è dunque ceduto e strizzare l’occhio all’attualità. Scorciatoia per facili applausi dal valore però effimero.

Si può dire che questa regia de “I Lunatici” abbia enfatizzato le caratteristiche essenziali del testo elisabettiano facendolo rivivere nella sua freschezza originaria che ancora oggi emoziona e colpisce.

Ma di questo spettacolo il primo apprezzamento va alle musiche e alla scenografia. Quest’ultima, ad opera di Manuela Barbato, era veramente efficacissima nel creare uno spazio tridimensionale e coinvolgente. Sul palco a destra, per esempio, c’era – mi permetto di definirla così – una “selva di cornici” che gli attori in più occasioni hanno attraversato.

Erano cornici dorate di varia forma ed erano inclinate ognuna in maniera diversa: questo “obliquo” era in perfetto dialogo con le varie maschere e la successione degli elementi scenici creava quella “transenna” in cui gli attori meglio si sono mossi.

Anche le musiche, di Fabio Bianchini, creavano un’atmosfera fiabesca e simpatica. Così le cornici come la musica occhieggiavano all’assurdo delle situazioni che – insieme ai costumi di Maria Letizia Avato – creavano un colore narrativo a tutto lo spettacolo. Avete presente “Alice nel paese delle meraviglie” di Walt Disney? Grossomodo qualcosa del genere.

E in questa commedia ingarbugliata e inclinata lo “Stregatto” della situazione è stato Maurizio Castè: con i suoi personaggi che avevano negli accenti un chiaro punto di riferimento nella mimica di Petrolini. Non ci si sarebbe stupiti se “Nerone” o “Fortunello” fossero sbucati da una di quelle cornici.