I libri sono il miglior bagaglio per il «Terzo tempo»

Emanuela Giordano ed Enzo Caro leggono Lidia Ravera per la rassegna «Lingua madre» al Parioli

Lidia Ravera è in sala. La platea è molto affollata. Per un appuntamento teatrale del lunedì l’affluenza è eccezionale. In cartellone è annunciata una lettura a quattro voci dal romanzo Terzo tempo, pubblicato da Bompiani nel 2017. Piero Maccarinelli, padrone di casa, prima di cominciare, tiene a precisare che gli attori che saliranno sul palcoscenico per dar vita alla Rassegna sulla drammaturgia italiana che si terrà, ogni lunedì fino al 26 febbraio, partecipano all’iniziativa esclusivamente a titolo gratuito. Certamente molti sono amici: non è nemmeno il caso di sottolinearlo, perché ormai da tempo il teatro sopravvive grazie alla spontaneità delle amicizie e alla generosità degli addetti ai lavori, critici compresi. Siamo tutti nella stessa barca per amore di un’arte che ci ha conquistati in tenera età e che all’età più tenera ci tiene ancora avvinghiati; malgrado la Ravera ci ricordi che ormai il terzo tempo sia alle porte anche per alcuni di noi.

Il Terzo tempo narrato dalla Ravera è infatti quel periodo in cui ci si predispone all’ultimo viaggio. Eduardo descrisse quello stesso momento in una poesia dal titolo assai significativo: ‘E vvalice (Le valigie). «Me sto facenno ‘e vvalice…», è il primo verso che introduce il tema del viaggio. Un viaggio per il quale occorre portarsi un bagaglio particolare, davvero necessario, che non accetta compromessi né sciocchezze. A Costanza (Emanuela Giordano), protagonista della storia, il terzo tempo le viene in mente il giorno della morte del padre che le lascia in eredità un convento. Un luogo che raggiunge con il suo ex compagno, padre di suo figlio, ormai unico punto di riferimento della sua esistenza. Anche lei, guarda caso, ha con sé una valigia, ed è carica di libri, più che di abiti. Sembra avere un carattere svagato; è un’anima distratta, sognante. Di lei si dice che conserva «una verve autolesionista». Per questo motivo Dom (Enzo De Caro) e suo figlio Matteo (Laurence Mazzoni) si preoccupano per le sue iniziative pericolose. Costanza vorrebbe trasformare il convento in un albergo per anziani studiosi, dove l’amore per i libri probabilmente suggerisce la sua autentica natura che purtroppo contrasta con le superficiali amicizie che invece la spingono al tavolo da gioco per il settimanale torneo di burraco.

È il figlio che in un breve dialogo con la madre le mette davanti la cruda realtà delle sue solitudini: «Quante volte a papà hai detto ti amo?», domanda al contempo dolce e violenta che la predispone a un attento esame di coscienza. Da lì uno sguardo, una carezza con il suo vecchio compagno e finalmente un bacio dopo tanto tempo, forse troppo. Per la coppia sembra un nuovo inizio: sì, quello del terzo tempo.

Il dialogo costruito drammaturgicamente per quattro voci, due femminili (Maria Chiara Augenti è Chelsie) e due maschili, regala al romanzo la leggerezza della scena, la semplicità di una lettura senza troppe pretese, come quando gli attori cominciano a leggere una commedia insieme seduti intorno al tavolo cercando, prima di ogni altra cosa, di tirar fuori dalle pagine del copione quei particolari nascosti che possano attirare l’interesse del pubblico.

È una grande lezione che arriva dal palcoscenico e insegna che, quando la materia scritta ha un autentico valore letterario e non televisivo, «il teatro italiano non fa schifo» (come giustamente annuncia Maccarinelli, proclamando l’interessante rassegna «Lingua madre»), è sufficiente leggere adeguatamente per raggiungere l’animo degli spettatori. Ovviamente solo di coloro che non si lasciano stordire dalla valanga delle notifiche dei cellulari.

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Per la rassegna «Lingua madre: il teatro italiano non fa schifo; drammaturgia italiana a confronto tra commedia e dramma». Terzo tempo, dall’omonimo romanzo di Lidia Ravera: una lettura scenica a cura di Emanuela Giordano. Con Emanuela Giordano (Costanza), Enzo Decaro (Dom), Maria Chiara Augenti (Chelsie), Laurence Mazzoni (Matteo). Al Teatro Parioli