Hotel Borges o la prossimità del sogno.

Dalla cantina di Fortunello verso gli immaginifici meandri di Borges, Petrolini e Fellini.

Nietzsche, ne La Gaia Scienza, opera da cui è germinata la sua seconda e più compiuta fase, scrive:

“[…] dobbiamo costantemente generare i nostri pensieri col nostro dolore e conferire loro tutto il nostro sangue, fuoco, piacere, passione, tormento, coscienza, destino e sciagura. Vivere per noi significa tutto quello che siamo, trasformare costantemente in luce e fiamma tutto quello che ci riguarda […]”

Fortunello, protagonista di Hotel Borges, sembra incarnare le parole dell’idealista tedesco, mostrando e rivelando a un pubblico divertito e affascinato il suo essere fulgida illusione che tende al sogno.

Lo spettacolo è una produzione dell’ormai trascorso 2023 della Piccola Compagnia della Magnolia ed è andato in scena la sera di martedì 20 febbraio presso il Cubo Teatro di Off Topic. Alla regia c’è Giorgia Cerruti, che firma anche la drammaturgia. La creazione fa parte del ricco calendario di appuntamenti di Intelligenza naturale, stagione teatrale diffusa di Fertili Terreni che anima tre differenti quartieri della città di Torino. Quella di martedì è stata la prima torinese per Hotel Borges, che ha visto il suo debutto lo scorso 2 settembre al Todi Off Festival.

ph. Karol Righi

Il protagonista, interpretato da un eclettico Davide Giglio, entra in scena con le movenze di una marionetta: sembra essere sorretto dai fili immaginari di quella vita-sogno di cui si appresta a mostrare i frammenti in scena. Il suo fare, all’inizio anchilosante, si arricchisce gradualmente di movimenti, mimica e gestualità. Accenna a una risata compiaciuta mentre guarda il televisore che si illumina di immagini, vista che però è preclusa allo spettatore dato che lo schermo non è rivolto verso la platea. Questa curiosa figura acquista un ritmo incalzante e la piena padronanza della scena soltanto quando salta all’interno del quadrato di terriccio posto centralmente nello spazio. Il suo volto è pittato di dorato, come anche le sue mani e i suoi piedi. Le sue indorate gote risaltano grazie al contrasto creato dalla luce spesso di taglio. Indossa dei pantaloni bianchi, una camicia bordeaux e una redingote dello stesso colore dei pantaloni. Lateralmente, sulla destra, sono presenti dei mocassini bianchi con delle nappe.

Fortunello osserva, fa esperienza, legge, canta, ricorda, vive mondi nuovi grazie a una “pietra d’oro che ha in testa”: una pietra di pochi centimetri, tre o quattro come dice lui. La sua pietra è però necessaria affinché si possa abbandonare con afflato dadaista a innumerevoli voli pindarici. Racconta un mondo dalle tinte eburnee e rifulgenti con l’ausilio di diversi oggetti di scena. La parrucca che ad un certo punto indossa insieme agli occhiali e al panama gli permettono di costruire il racconto delle sue origini attraverso una chiave evocativa-illusoria. Le sue parole non rivelano mai dove inizi e finisca l’illusione. Impugnando il telecomando cambia canale e si inerpica tra le molte citazioni cinematografiche e i frammenti di un’intervista che Enzo Biagi fece a Federico Fellini, nella cornice del teatro cinque di Cinecittà nel 1982.

ph. Dino Morri

La storia di Fortunello è quella che lui stesso immagina rivivendo i passi da lui più amati di sketch, film, canzoni, le pagine dell’Aleph di Borges e gli spettacoli  di petroliniana memoria. La storia narrata è quella che lui stesso scrive sin da quando era bambino e che ha poi seppellito nell’attesa del giorno giusto per essere tirata fuori. Nell’oggi dell’incontro col pubblico, l’istrionica figura, nell’occasione del suo diciottesimo compleanno, disseppellisce il suo bagaglio, i suoi diari, la copia dell’Aleph: Fortunello disseppellisce se stesso. 

Un giorno importante per il protagonista giacché si appresta ad uscire, per la prima volta, dalla cantina dove fino a quel momento ha vissuto circondato soltanto da oggetti capaci però di stimolarlo nella proiezione di mondi altri. La scena è anche disseminata di biscotti della fortuna che il protagonista di tanto in tanto scarta e disfa tra le sue dita soltanto per estrarre i bigliettini contenuti all’interno. Legge ad alta voce gli aforismi declinando attorno nuove parole, nuovi racconti. Ad un certo punto, Fortunello indossa le scarpe, nella prospettiva di lasciare quel suo luogo tanto familiare.

Nella sua condizione di orfano, Fortunello non si sente solo; lui è la sua scrittura, lui è i suoi due diari, lui è la parodia dei versi di Cecco Angiolieri, lui è il Minotauro, lui è l’Aleph, lui è la porta d’ingresso per poter accedere all’Hotel Borges.

ph. Karol Righi

Fortunello si congeda dalla scena tentando di dirci tutto quello che è e che non è: indossa un berrettino multicolore con una piccola elica sulla sommità e, sui toni caldi di clarinetti, trombe e tromboni, inizia a cantare: “Sono un tipo disinvolto, raccolto, assolto per inesistenza di reato. Ho una spiccata passione per il Polo Nord, la cera vergine, Il Nabuccodonosor. Ma tutto ciò ch’io sono non ve lo posso dire a dirlo non son buono mi proverò a cantar […]”

Giorgia Cerruti è ben riuscita con questo lavoro a creare un immaginifico luogo di rispondenze culturali ed evocative, dove lo spettatore proietta se stesso per potervi poi germogliare sorretto da differenti e continue passioni.

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Hotel Borges – Scrittura | Regia Giorgia Cerruti – In scena | Davide Giglio – Liberamente ispirato alle atmosfere di Borges e altri visionari…Cocteau, Petrolini, Sgorbani, Fellini, Arrabal – Cubo Teatro di Off Topic 20 febbraio 2024

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