Tappa romana per la serie cult di Harry Potter che sbarca all’Auditorium della Conciliazione per una due giorni “di fuoco” a ridosso della fine dell’anno.
La proiezione del quarto capitolo – Harry Potter e il calice di fuoco – di una delle saghe più amate della storia di cinema e letteratura, si arma di un’orchestra d’eccezione per caricare la pellicola generazionale del lirismo che merita.
L’Orchestra Italiana del Cinema, diretta dal maestro Benjamin Pope, accompagna la visione del film durante le parti musicate composte dal maestro Patrick Doyle, al quale si deve profonda ammirazione poiché il compito commissionatogli dal regista Mike Newell fu quello di sostituire John Williams, il più grande compositore americano di sempre, protagonista dei primi due film con il successo leggendario del suo Prologo.
Sold out per tutti gli orari e le date, il successo è stato garantito dalla spettacolarità dell’evento e dalla cura del dettaglio – cosa che ha reso possibile la nascita del mito e conseguente creazione dell’universo potteriano – come l’accoglienza all’entrata adornata dagli arazzi di Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde, o ancora la disposizione delle sedute in base all’appartenenza alle suddette casate di Hogwards.
Gli elementi di apparente contorno, soprattutto per le saghe con l’obiettivo di creare universi altri, sono in realtà fondativi del mito stesso; ciò che però garantisce il loro consolidamento nella storia è la qualità con cui vengono approfondite tematiche, gli aspetti psicologici dei singoli e la costruzione di intricate trame narrative, tutte con il denominatore comune d’esser in qualche modo uno specchio di realtà.
Senza addentrarci nello specifico nel mondo Potter in toto, ma analizzando il quarto capitolo, emerge la chiara attinenza con la realtà scolastico-adolescenziale di stampo inglese, a partire dalla competitività americana della Coppa Tremaghi – che poi con l’intruso Harry diventano quattro, in una trama simile a quella di Dumas per I tre moschettieri – fino ad arrivare all’ansia pre-Ballo del Ceppo. Se fosse esclusivamente questo sarebbe un High School Musical di genere fantasy-magico. A fare la differenza è il dramma di un giovane orfano con lo stigma di soluzione/causa alla più grande tragedia del mondo: il ritorno di uno dei più riusciti villan della storia del cinema, complici le capacità di antagonista di Ralph Finnes già emerse nel gerarca nazista di Schindler’s list.
Il calice di fuoco è il film più polarizzato verso Voldemort: al di là del fatto che è la prima volta che si manifesta nella sua completezza, si fa tangibile la perenne attesa della sua rinascita, dalla scena iniziale, alla Passaporta della coppa, passando per la trasfigurazione di Malocchio Moody e il mondiale maledetto di Quidditch.
Voldemort è colui che non si può nominare, il male assoluto, il ritorno della guerra nel mondo civile dopo che si pensava di averla definitivamente sconfitta.
Quanto mai attuale il giovane Harry Potter.